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I Senesi che fine hanno fatto?

Perchè le carriere pubbliche e politiche più sfolgoranti sono riservate ai forestieri?

di Mauro Aurigi

SIENA. Chi scrive è vecchio abbastanza per ricordare il sostegno della sinistra italiana, soprattutto del PCI, ai movimenti di liberazione del Terzo Mondo che nel secondo dopo-guerra combattevano per scrollarsi di dosso il giogo coloniale delle potenze europee, giogo che significava tutto il potere in mano al Padrone Bianco e piena libertà di sfruttare le popolazioni indigene e rapinarne le risorse naturali.

 

Oggi a Siena guai a lamentarsi che la Città con le sue eccellenze sia da tempo usata da alieni venuti giù con la piena per carriere strepitose dalle quali i Senesi sono totalmente esclusi: i tristi epigoni di un’ormai sedicente sinistra sentono subito puzza di leghismo e di razzismo. Teorizzano addirittura che quel fenomeno ci sia, sì, ma che è  assolutamente salutare (ossia dovremmo essere riconoscenti invece di lamentarci), perché questa Città ha istituzioni troppo più grandi della possibilità umane, culturali e professionali di noi aborigeni. Il concetto anni fa fu addirittura formalizzato sulla stampa, in risposta a “Quelli di Montaperti” che denunciavano la discriminazione ai danni dei Senesi, dal “compagno” Omar Calabrese, celebre bardo della comunicazione del nostro Ateneo (essendo lui stesso un non senese alla cosa era evidentemente interessato: oltre che il barone all’Ateneo riuscì a fare anche l’assessore comunale alla cultura e certamente pensava che lo dovessimo ringraziare per il gran servizio resoci). A parte l’ottusa irrazionalità della pretesa (i Senesi non avrebbero la capacità di gestire gli organismi che essi stessi hanno creati e fatti grandi, anzi grandissimi, molto al di là delle dimensioni cittadine e perfino nazionali), c’era in quel concetto un’ipocrisia grande come una casa: volevano, sì, rintuzzare la presunta chiusura “razzista” dei Senesi verso gli estranei, ma in realtà se ne declamava l’inferiorità intellettiva e intellettuale. Ma che razzisti questi antirazzisti! E anche spocchiosamente arroganti come il Padrone Bianco di cui sopra: anche lui era convinto di avere diritto alla gratitudine degli inetti “negri”.

 

I PADRONI BIANCHI

 

Tutti i personaggi che seguono (ma la lista è incompleta) sono di sinistra o di centro-sinistra, ossia campioni della secolare lotta allo “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Ma si tratta di pura ipocrisia: appena hanno potuto hanno sfruttato i Senesi.

 

Un giorno arrivò alla nostra Università dalla Sardegna uno sconosciuto comunista dal cognome invece notissimo: Luigi Berlinguer. Prima barone universitario, poi, salendo sulle spalle dei Senesi,  magnifico rettore e quindi in stretta sequenza, deputato al Monte dei Paschi, consigliere regionale, parlamentare e infine ministro (per poco tempo, ma abbastanza per porre le basi su cui si arrampicherà la Gelmini per picconare il sistema universitario).

 

Un altro giorno arrivò il fiorentino andreottiano Piero Barucci, ancora un barone, che si insediò alla presidenza del Monte. Anche lui trovò il suo il trampolino di lancio sulle spalle dei Senesi: dopo fu presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), ossia capo di tutti i banchieri italiani, e quindi Ministro del Tesoro.

 

Poi si presentarono Franco Bassanini, Enrico Boselli, Giuliano Amato e Rosy Bindi, personaggi la cui storia merita una breve chiosa. Franarono a Siena dal profondo Nord spinti dalla piena, ossia dal ciclone Mani Pulite (1992 e successivi). I loro partiti (Dc e Psi) erano stati annientati dagli scandali, non esistevano più. I quattro erano in crisi di astinenza perché nei loro territori nessuno li avrebbe più votati, tanto era il rigetto popolare per la Prima Repubblica (la Lega sulle spoglie di quei due partiti aveva dilagato al Nord conquistando anche il comune di Milano). Li soccorse D’Alema: per ignoti motivi che possiamo solo immaginare e che comunque non avevano nulla a che fare con l’interesse della nostra Città, li candidò a Siena. Erano tutti sconosciuti, anche la Rosy Bindi che, avendo gravitato solamente sulla Dc veneta, nessuno a Siena aveva mai sentito neanche nominare. Ma vennero votati in massa (i Senesi che co….oni!) e diventarono prima parlamentari, poi ministri e anche capi del governo (Amato). Riconoscenti, i quattro poi si distinsero per acredine verso la Città che li aveva catapultati nell’olimpo della politica: contro la resistenza dei Senesi sostennero a spada tratta la privatizzazione  del Monte dei Paschi (1995) i cui esiti vediamo oggi (i Senesi che co….ni!).

 

E PICCINI INCONTRO’ MUSSARI

 

Infine, ma non è l’ultimo, dalle Calabrie salì un altro carneade: l’avv. Giuseppe Mussari. Ambizioso e cinico il giusto, si vide la strada spianata dal proprio protettore, il sindaco Pierluigi Piccini. Anche quest’ultimo a Siena era un alieno in vertiginosa e promettente carriera (sempre sulle spalle dei Senesi), se sulla sua strada non avesse incontrato proprio il Mussari. Questi imparò molto dal Piccini e lo mise subito a frutto: scavalcò e spodestò il suo mentore (quando si dice la gratitudine) la cui carriera fu stroncata (gli sta bene: così impara). Mussari invece cominciò a correre: dal niente fu presidente della deputazione della Fondazione MPS, poi praticamente si autonominò presidente della Banca MPS lasciando la poltrona in Fondazione al solerte e servizievole Gabriello Mancini (altro alieno). Ora è già approdato alla presidenza della potentissima Abi (co….oni, sì, ma che spalle robuste hanno i Senesi!). Se Mussari fosse riuscito ancora per qualche mese a coprire le difficoltà della Banca e della Fondazione, anche lui sarebbe approdato al governo in caso di elezioni anticipate e vittoria delle sinistre. Non che la destra gli faccia schifo, anzi: per dare una mano al governo Berlusconi-Tremonti ha reso illiquido il Monte caricandolo di un fardello insopportabile di 32 (trentadue!) miliardi di traballanti titoli di Stato: proporzionalmente 4 o 5 volte più di ogni altra banca italiana.

 

Per la carriera di questi signori e di tanti altri, i Senesi si sono letteralmente svenati viste le condizioni in cui sono ora ridotte, dopo il passaggio di “lorsignori”, le loro maggiori istituzioni. No, i Senesi non hanno pregiudizi razziali: tutti quegli arrampicatori delle nostre eccellenze vengono sia dal nord che dal sud e dal centro, ossia da ogni punto cardinale. Fuorché da Siena. E non si tratta solo del passato, perché questa storia tragicomica continua. Pensiamo al sindaco Franco Ceccuzzi, alieno di Montepulciano, che è ancora agli inizi ma che punta agli stessi successi sulla nostra pelle (con armi spuntate purtroppo: gli alieni che l’hanno preceduto, lui consenziente, l’hanno lasciato in brache di tela). E’ lontanamente immaginabile che a un Senese possa essere consentito di fare anche solamente il sindaco di Montepulciano?

 

I “NEGRI” SENESI

 

Non che poi quegli alieni che hanno fatto delle nostre spalle un trampolino abbiamo poi fatto qualcosa per Siena, come ci si sarebbe aspettati da un senese parlamentare o ministro o capo del governo. Macché, se va bene se ne sono subito dimenticati lasciandosi alle spalle solo macerie, se va male ci hanno pure dato addosso: vedi Amato e Bassanini.

 

Nessuno che si ponga questa domanda: perché tutti questi signori fanno strepitose carriere in una città che non è la loro, mentre non uno dei Senesi – i “ negri” della situazione – è riuscito a ottenere altrettanto? Magari avrebbero fatto quello che lorsignori non hanno fatto, ossia l’interesse di Siena. Ma hanno ragione lorsignori ad avere una così bassa opinione dei Senesi: cosa si può pensare di chi costruisce nei secoli tanta eccellenza (banca, fondazione, università, ospedale, tanto per citare le maggiori)  e poi se la fa devastare in pochi anni da Padroni Bianchi venuti da fuori?

 

Ma io, senese come pochi altri, non ce la faccio più a sentirmi nella parte del “negro”. E allora lo voglio gridare forte: MA QUANTO SIAMO CO…..NI NOI SENESI!

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