La mancanza di liquidità conclamata spinge ad alcune domande
di Red
SIENA. Lo scandalo MPS ha tagliato le mani ai propositi della Fondazione di una rapida alienazione di azioni della banca: il pegno in mano ai creditori impedisce di vendere alla quotazione di lunedì mattina alle ore 9:07 (-4,61% a euro 0,2213). Eppure il linguaggio forbito ma burocratese del comunicato della scorsa settimana aveva chiarito che, prima di andare via, Mancini vuole finire il compito assegnatoli. Così chiaro che diverse voci si sono alzate finalmente a contrastare il progetto: bisogna insistere. Progetto che vive e si nutre delle sue affermazioni, ma che non viene mai corredato di bilanci e numeri che permettano al grande pubblico di capire come stanno veramente le cose. Quando dicevamo che i soldi per il comune c’erano era stato detto di no, con tanto di lettera scritta nascosta alla pubblica conoscenza. Così il voto contrario al bilancio di Palazzo Comunale da parte di alcuni consiglieri di maggioranza dette il destro a Ceccuzzi di presentare le dimissioni. Però il 6 settembre 2012 ben 6 milioni attraversavano Piazza del Campo in direzione Comune: non avendoli mai guadagnati dalle cedole MPS, la Fondazione li aveva in cassaforte, evidentemente.
La Fondazione comunica che “Dallo scenario esposto, si evidenzia una liquidità della Fondazione Mps che si esaurisce con la fine del secondo trimestre del 2013”. Ma come scrive anche il Corriere della Sera “La Fondazione Mps comincerà a restituire il prestito a partire dal 31 dicembre 2015, rata da 60 milioni, con tassi di interesse pesanti, nel migliore dei casi non meno di Euribor 6 mesi più uno spread del 4,25%.” La relazione del Corriere mette in evidenza altre operazioni che dovrebbero consigliare il presidente della Provincia e il Commissario Laudanna a tutelare gli interessi dei due enti locali provvedendo alla nomina di un nuovo presidente al più presto. Occorre ad esempio “sistemare due derivati fatti male come Zero cost dollar, stipulato con Credit Agricole, e MPS Capital Services, sottoscritto con Montepaschi. Investimenti fallimentari che hanno inflitto alla Fondazione altri 10,3 milioni di perdita”. Mancini, comunque, dopo aver cercato di ostacolarne la nomina, appoggia Profumo senza riserve, sapendo che quest’ultimo ha garantito tre anni senza utili da distribuire e gli ha fatto mettere le mani avanti la prospettiva di trasformare gli aiuti di Stato in azioni senza contropartita per Palazzo Sansedoni.
Le condizioni della ristrutturazione dei debiti potrebbero rivelarsi piene di clausole da codice penale quasi peggio del primo contratto stipulato nel luglio 2011. Senza quelle clausole capestro il pool dei creditori non avrebbe mai concesso credito alla Fondazione: a chi non ha reddito nessuno presta soldi, e la Fondazione reddito non ne ha. Anzi, le banche sono state ripagate in primis (664 milioni all’atto della ristrutturazione il 15 maggio 2012) con i ricavi delle partecipazioni (Mediobanca, Cassa Depositi e Prestiti, F2i), che utili avrebbero potuto darne, così da essere sicuri di aver seccato la Fondazione per sempre. In più, una ulteriore discesa del titolo MPS in borsa potrebbe determinare il passaggio del 34,5% delle azioni MPS in mano ai creditori: “C’è anche la clausola di salvaguardia: se il valore delle azioni scende sotto il 70% del debito, le banche si prendono tutto, ovvero il Montepaschi” .
Ma c’è di più. Il 17 novembre 2011 vi demmo conto della visita a Siena di Matteo Arpe del fondo Sator. Si parlò di lui come di possibile nuovo socio della banca, financo in predicato di succedere a Mussari nella primavera seguente. Oggi si viene a sapere che invece era venuto a rinegoziare il suo credito verso la Fondazione, finora ignoto. “Il suo fondo Sator potrebbe richiedere all’ente fino a venti milioni di euro, secondo gli impegni presi dalla Fondazione con il private equity quando la crisi sembrava ancora lontana. La decisione su come e quando riscuotere è soltanto sua”, scrive Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera. Dove sono finiti i soldi del Fondo Stabilizzazione Erogazioni? Stiamo parlando di un fondo che alla data del 7 maggio 2010 aveva una dotazione di 172 milioni, di cui 55 venivano poi utilizzate per l’ultima erogazione del 2011. Poi cala il silenzio assoluto sul “tesoretto” e sul suo utilizzo. Ma sul fatto che la Deputazione Generale ne fosse informata e fosse d’accordo abbiamo qualche dubbio…
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