Il sindacato non sembra pronto alla giusta contrattazione
di Red
SIENA. Nel febbraio 2011 Unicredit, già orfana di Alessandro Profumo, aveva tentato di esternalizzare back office e informatico, ma la reazione dei sindacati e dei lavoratori era stata così pronta da dissuadere l’azienda a proseguire nel progetto. Giusto un anno dopo l’azienda ci riprova, e in questi giorni si parla significativamente della Newco tra la stessa Unicredit e Hewlett Packard per i servizi informatici nel mondo bancario, “anche fuori dal recinto di Piazza Cordusio”. Nel frattempo le cose sono peggiorate al punto che anche altri istituti ci stanno pensando. MPS lancia un piano abbastanza fumoso di esternalizzazione del servizi, che non è chiaro neppure dopo le prime spiegazioni date ai dipendenti in riunioni apposite che si andranno a moltiplicare in tutta Italia dalla settimana prossima e al “Filo Diretto” instaurato da Viola via email bypassando le relazioni sindacali.
Certo che la richiesta a tre voci (Banca, Fondazione, Provincia) al personale di adesione incondizionata al piano che prevede le ormai famose “lacrime e sangue” già previste dal CdA precedente – un mese prima della sua scadenza – suona piuttosto beffarda: dover credere che chi ha distrutto la banca abbia la capacità di risanarla è un boccone difficile da digerire. I media fanno notare che simili richieste di responsabilità si stanno inviando a tutti i 340.000 dipendenti bancari d’Italia. La politica di scaricare l’onere dei costi sui dipendenti è comune ovunque, da Unicredit a Intesa, aggravata poi dal ministro Fornero che, inventandosi l’attuale riforma delle pensioni, ha reso inutilizzabili i vecchi piani industriali che vertevano sul prepensionamento dei dipendenti più anziani e il trasferimento dei giovani, più eclettici, a nuove mansioni di vendita diretta alla clientela (mansioni commerciale immediatamente redditizie). E’ rimasta solo la seconda misura. Così i CdA hanno trasferito i mancati risparmi sui nuovi pensionati nelle buste paga del personale, tagliandole di netto: bonus, Vap, contratti integrativi. In più proprio al Monte lamentano che la scelta di scaricare le passività sul bilancio della capogruppo ha lasciato intonso il Vap dei dipendenti Antonveneta: una questione da chiarire immediatamente, un segnale di scarsa lungimiranza della Direzione Generale più che la ricerca del “divide et impera” di romana memoria nei confronti dei lavoratori.
Il governo dei banchieri di Monti e Passera fa l’asso pigliatutto con la benedizione della politica nazionale: i dipendenti avranno l’onere di pagare il conto delle prescrizioni Eba e dei passivi sui debiti sovrani, assieme allo Stato dei bond.
MPS dichiara 4600 esuberi. 750 sono i lavoratori di Biverbanca, che è stata venduta. Poi ci sono quelli di Consum.it (295) e MPS Leasing & Factoring per arrivare a 1200, che si vorrebbero fuori dal perimetro del gruppo, cedendo a terzi il pacchetto di maggioranza (cosa non riuscita finora in quasi due anni di tentativi). Così siamo a 3400 lavoratori in esubero.
Il Consorzio Operativo MPS conta un organico di difficile numerazione: 2200 dipendenti secondo il sito www.mps.it alla data del 28 giugno o 2800 secondo altri fonti interne alla banca, fino ai circa 3mila contati da Il Sole 24 Ore in cinque poli e due delocalizzazioni in Italia. Già sarebbe interessante non incartarsi nel balletto delle cifre. Di tentativi di far uscire dal perimetro del gruppo il COG si era già riferito: la sola cessione del pacchetto di maggioranza varrebbe punti base importanti per la raggiunta dei parametri Eba, non è teoricamente necessario la vendita in blocco del ramo d’azienda a IBM o Bassilichi. Ammesso che quest’ultima se lo possa permettere, vista la situazione societaria.
Secondo Profumo il resto degli esuberi verrebbe dalla differenza algebrica tra “un numero ristretto di assunzioni e le uscite sia naturali (dichiarati almeno 100 dirigenti), che da pensionamenti obbligatori (1300 in tre anni secondo i sindacati)”. Comunque relativamente pochi nel triennio anche per l’impraticabilità del “Fondo esuberi”, causata dal decreto Salva-Italia di Monti. Nonostante molti siano distratti dal Palio, il 2 di luglio è il caso di dare un’occhiata interessata allo sciopero dei lavoratori di Intesa San Paolo su questi temi.
In effetti, il tema della riduzione dei costi del personale è molto sentito nel settore bancario: c’è il rischio che molti si ritrovino a retrocedere passando dal contratto bancario a quello dei metalmeccanici, diventando poi vittime di situazioni societarie passibili di fine ingloriosa, come successo ai lavoratori Eutelia, giusto per fare un esempio. Non si capisce perché i sindacati non affrontino il tema come sistematico direttamente a Roma con l’Abi che si deve far carico di molte responsabilità in questa vicenda (e il presidente Mussari lo sa bene). La forza di 340mila lavoratori è ben diversa dalla supina rassegnazione di 31mila montepaschini o di 55mila dipendenti di Unicredit…
