
di Enzo Martinelli
SIENA. All’indomani del rinnovo del Consiglio Regionale Eugenio Giani, rieletto presidente della Giunta Toscana, diventerà bifronte come Giano, il dio dei due volti, uno speculare all’altro, quello del passato e quello del futuro.
Giano per i latini e per i romani era il nume degli “inizi”, a cominciare dal ciclo delle stagioni. A lui Numa Pompilio, secondo re di Roma, dedicò il primo mese dell’anno dopo il solstizio d’inverno (Ianuarius). In seguito a Giano erano riferite le prime feste dell’anno, il primo giorno del mese, le prime ore della giornata. Onnipresente in tutte le processioni e celebrazioni religiose apriva i cortei e i riti, simboleggiava la fissità, la transizione e il cambiamento, insomma la dualità. In sua perenne memoria il popolo chiamò Gianicolo l’ottavo colle dell’Urbe!
L’Eugenio toscano, pur con i dovuti oggettivi limiti rispetto all’antica divinità, ha molte qualità che lo rendono simile al celebre nume, “padre del mattino” di ieri e di oggi. Può magistralmente interpretare il ruolo che l’elettorato del campo largo gli chiede: “discontinuità” nel governo della rossa Toscana, ovvero la seconda parte del volto.
Allenato nella dura palestra socialista ai giochi della politica, il furbo empolese ha imposto, con calcolata tempestività, la propria ricandidatura alla dirigenza PD nazionale e regionale, che ha tentato di farlo fuori con prolungate, ingenue furbizie interne e con gli espliciti veti dei partiti alleati, in particolare dei “grillini”. I sodali di Conte infatti, nei cinque anni passati, hanno sempre votato contro tutti gli atti di Eugenio e della sua Giunta. Ma in nome del “nuovo sole” dell’avvenire la faccia del futuro Bifronte può disconoscere davvero quella del passato? Non significherebbe anche la bocciatura della gestione amministrativa e politica del PD?
Vinta la guerra della candidatura Giani non ha ora difficoltà a scrivere il programma elettorale, un atto formale che serve solo agli addetti ai lavori, perché quelli che vanno a votare non lo leggono mai. Gli interlocutori hanno su molte tematiche i punti di vista anche opposti. Redigeranno allora il testo in due lingue: italiano e politichese in modo che ogni gruppo in futuro sia abilitato a richiamare il testo secondo il proprio punto di vista.
Sarà più problematico invece scrivere l’elenco della preventiva divisione delle spoglie, peraltro molto estese. Sono infatti tanti i soggetti e gli appetiti degli interlocutori, che partecipano al convivio del patto di potere.
Il conto di sicuro lo pagherà il PD, che per favorire un’intesa politica “inesistente nella sostanza”, dovrà lasciare spazi ai compari dei cespugli, che tali sono e tali rimarranno. Anziché potenziare il pluralismo interno, la Schlein e i suoi gruppi di riferimento si sono arroccati nel partito e ora sono costretti ad alimentare e irrorare gli orticelli dei piccoli partiti, che hanno la giusta ambizione di sopravvivere, crescere e, in seguito, di far concorrenza al PD. Ennesima strategia sbagliata di chi dice di voler far politica (che è un’arte) e invece finisce solo per gestire il potere di ristrette oligarchie.
Meno male che nel centrodestra i partiti litigano per dividersi tra loro i voti che già hanno, invece di procurare adesioni nuove! Vecchia strategia per giocare una partita… persa in partenza.