La semestrale deludente, le incertezze italiane: Mps va giù
di Red
SIENA. E’ tutta la settimana che insistiamo sul dato politico della Borsa: e l’ultimo venerdì non ha fatto eccezione.
Il problema è che il sistema Italia scricchiola nei fondamentali della politica. E’stato sufficiente il richiamo di Trichet e della Bce al rispetto degli impegni internazionali presi con la manovra economica di agosto, al quale sono seguiti diversi moniti della UE: il governo italiano sta spostando gradualmente i suoi provvedimenti da oltre 60 miliardi di euro da tasse e tagli alla spesa pubblica a strumenti di dubbia efficacia come la lotta all’evasione aleatoria e la mancanza di misure per sostenere la crescita. La risposta dei mercati non si è fatta attendere e il crollo è stato pressoché generale in una delle peggiori giornate di borsa che si ricordino.
Lo spread tra Bund e BTp è volato a 331 punti, nonostante gli ulteriori acquisti fatti dalla Bce.
Che l’esplosione del differenziale sia un problema tutto italiano lo dimostra il fatto che lo spread tra Bund e Bonos spagnoli è rimasto invariato, anche se l’asta del 1 settembre è stata piuttosto fiacca, con 292 punti di differenziale confermati il giorno dopo.
Le banche italiane non hanno fatto eccezione al ribasso generale del -3,67%, anzi sono state tra gli attori più negativi. In particolare MPS ha chiuso con -4,46% a euro 0,4065. Impatto negativo hanno avuto anche le notizie del rinvio della visita di controllo della Bce in Grecia per approvare l’erogazione della prossima tranche di aiuti, e i dati macroeconomici provenienti dagli USA, in forte pericolo di recessione.
In America si voterà il prossimo anno e non c’è dubbio che le tensioni politiche per la campagna presidenziale abbiano spinto i repubblicani ad atteggiamenti disinvolti per contrastare la rielezione di Obama, anche se di mezzo ci va il mondo intero. Come è chiaro che la disinvoltura nel cambiare le carte e realizzare una manovra di numeri “teorici” dell’esecutivo italiano è una altra fonte del disastro finanziario odierno. Si deve aggiungere l’attenzione che si sono meritate le banche, dopo le raccomandazioni di Lagarde e Trichet sulla necessità di ricapitalizzazione generale degli istituti di credito e l’azione legale avviata negli Stati Uniti contro quelli ritenuti coinvolti nello scandalo dei mutui subprime del 2008: Goldman Sachs, Deutsche Bank, JP Morgan Chase e altre.
Ci vorrebbe una voce dell’Abi che ci facesse sapere dell’eventuale coinvolgimento di istituti italiani, non tanto sul problema dei mutui americani, quanto sulla necessità di ricapitalizzazione, ma il silenzio a Roma regna sovrano.
Alcuni mesi fa, quando a Siena si negava la necessità di un aumento di capitale, minacciando querele a destra e manca per chi avesse osato fiatare o solo ipotizzare sull’argomento, analisti indipendenti avevano già preconizzato, novelle Cassandre, che uno solo non sarebbe stato sufficiente per il Monte dei Paschi. E che dopo l’estate, passata e vinta a un prezzo tollerabile per la maggioranza uscente la buriana delle elezioni del nuovo sindaco, ne sarebbe avvenuto un altro. Quello che potrebbe sancire la perdita del controllo del gruppo MPS da parte della città. La deludente semestrale (deludente per i mercati, non certo per chi l’ha messa in piedi almeno mediaticamente) sembra aver evidenziato che i margini di crescita sono insufficienti sia per la banca che per la città. Infatti, a conferma, non sono venuti i soliti messaggi di plauso dal presidente della Fondazione, Gabriello Mancini, né dal sindaco Franco Ceccuzzi e nemmeno dal presidente della provincia Simone Bezzini. Solitamente per questi appuntamenti gli uffici stampa di Palazzo Sansedoni e di Comune e Provincia gareggiavano a fare il comunicato con le lodi più sperticate alla dirigenza montepaschina. Oggi il mutismo mediatico istituzionale spiega la sua cappa oscura al vento e già si vuol far passare la semestrale sotto silenzio: con gli utili ipotizzabili dai numeri sciorinati da Antonio Vigni, la “macchina delle erogazioni” della Fondazione (il fiore all’occhiello del presunto Buon Governo e la rampa di lancio che dovrebbe spedire in orbita il progetto della capitale della cultura) non potrà riprendere a pieno regime prima di moltissimi anni. E’ la realtà sotto gli occhi di tutti, ma nessuno vuole affrontare l’argomento, e certamente non è colpa degli “altri” e solo in parte della crisi finanziaria mondiale. Magicamente chiudiamo il cerchio: dalle colpe della politica nazionale ad alimentare incertezza sulla tenuta del sistema Italia, a quelle della politica locale a gestire la rosa ormai appassita del sistema Siena.
