A farsi promotori dell'iniziativa i deputati di Possibile. Il documento pone all'atenzione del Ministro della Giustizia l'operato dei pm senesi nella vicenda Tognazzi-Vecchi
ROMA. Violazione della libertà di stampa: un nuovo punto all'”ordine del giorno” nel caso Mps.
La vicenda al centro della nuova notizia è quella che ha riguardato il nostro collega e collaboratore, Augusto Mattioli. Lo storico giornalista senese era stato chiamato come teste durante il processo a carico della vedova di David Rossi, Antonella Tognazzi, e del giornalista de Il Fatto Quotidiano, David Vecchi, accusati di aver divulgato materiale riservato per ledere l’immagine dell’allora AD della banca, Fabrizio Viola. Mattioli, durante l’udienza si era rifiutato di rispondere ad una domanda del pm appellandosi al segreto professionale. Un principio etico, quest’ultimo, che non viene riconosciuto ai pubblicisti (come se l’etica appartenesse ad uno status). Il giudice aveva sospeso l’udienza ed era tornato poi in aula facendo verbalizzare che il giornalista, essendo un semplice pubblicista non avrebbe potuto appellarsi al segreto professionale.
Di questo episodio si sta occupando anche la politica. I deputati di Possibile, Pippo Civati, Andrea Maestri, Beatrice Brignone, Antonio Matarrelli e Luca Pastorino hanno presentato oggi una interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia, Orlando.
Nel documento si ripercorre la vicenda così come svoltasi in aula; si riferisce l’intervento successivo dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti che “ha espresso preoccupazione per quanto accaduto al collega Mattioli, chiarendo che per l’Ordinamento della professione giornalistica non esistono “differenze di ordine qualitativo fra le prestazioni rese da un giornalista professionista e quelle rese da un giornalista pubblicista”, ma solo quantitative, che “non possono essere ritenute ostative ad una interpretazione estensiva della norma” sul segreto professionale”. I deputati, proprio a sostegno di quanto motivato dall’Ordine, richiamano una recente sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta che “si è espressa definitivamente sul pieno riconoscimento del segreto professionale ai pubblicisti”.
Il documento all’attenzione del Ministro Orlando va poi oltre l’episodio legato a collega Mattioli e prende in esame anche “il divieto di riprendere il processo con le telecamere, con la risibile motivazione che si tratterebbe di “un processo privato””. “A giudizio dei firmatari, trattandosi di un processo penale avviato d’ufficio dalla procura senza alcuna querela di parte, né di parti civili, né di parte lesa, e per questo non potendosi svolgere a porte chiuse e senza che i giornalisti possano raccontare quanto viene discusso, la decisione rappresenta un precedente gravissimo e un attacco deliberato alla libertà di stampa e lede il diritto dei cittadini a essere informati” si legge nel documento, che incalza mostrando di fare proprie le convinzioni de “Il Fatto Quotidiano”, ovvero che si tratterebbe di “un processo d’ufficio di due specifici pm per ritorsioni nei confronti della stampa, per aver rivelato, a partire dal 2013, tutte le vicende legate a Mps”. E mentre su Mps non si arriva a conoscere la verità dopo anni di indagini e migliaia di pagine scritte: mentre il caso della morte dei David Rossi resta al punto di partenza ed anzi rischia una definitiva archiviazione; mentre su tutte queste vicende di enorme portata non si hanno ancora colpevoli e responsabili ben definiti e raggiunti dalla giustizia “gli unici ad essere processati sono la vedova di Rossi e un giornalista”.
I deputati di Possibile domandano al Governo se è conoscenza di quanto sta accadendo a Siena e “in virtù della rilevanza del processo e dei temi che vengono trattati, non ritenga necessario riferire con urgenza al Parlamento sulle modalità discutibili e persecutorie di questo processo; se non ritenga opportuno attivarsi con iniziative, anche normative, affinché venga definitivamente riconosciuto anche ai pubblicisti il diritto di appellarsi al segreto professionale”.
