Silvia Beghè presenta un omaggio a un amico
Di giorgio mancini
SAN GIMIGNANO – Straordinario successo della prima mostra organizzata nel nuovo spazio espositivo d’arte, in quello che era, precedentemente, “solo” la bottega della ceramista Silvia Beghè. Figlia d’arte dello scomparso pittore Alfredo, Silvia, da diversi anni, ha sempre lavorato in via San Matteo, nella sua bottega artigiana che, in realtà, è sempre stata uno studio di un’artista molto apprezzata, sia in Italia che all’estero, frequentata da collezionisti, colleghi e amici, in un crogiuolo di scambi di cultura.
Sempre effervescente e piena di idee, Silvia, ultimamente, ha ridisegnato i suoi spazi artistici, trasferendo il laboratorio delle sue inusuali e personalissime ceramiche in un laboratorio molto più grande, a Poggibonsi, trasformando la bottega artigianale di San Gimignano in un’esposizione delle sue opere, ma con l’idea di aprirla anche come galleria, periodicamente, per altri artisti. E quello che ne è nato, è uno spazio espositivo raffinato e stimolante. Silvia Beghè, quindi, ha voluto debuttare non con le sue opere, ma con quelle di un amico, collega e maestro – come lo definisce Silvia – che aveva caldeggiato l’idea, spronandola a superare le titubanze per questa trasformazione che teneva, da tempo, in pectore.
Ma, purtroppo, il collega e amico Alberto Cavallini è scomparso prima che i lavori del progetto fossero terminati, e Silvia non ha potuto fare altro che dedicare la prima mostra, in questo rinnovato e invitante spazio, proprio al collega artista, alla sua artigianalità, presentando le originalissime opere di Cavallini, l’amico “Caba”. E, come avviene in questi casi, dove l’omaggio all’arte è fatto d’istinto e con il cuore, il grande successo è giunto di conseguenza, in modo naturale. Ceramiche piccole e grandi, ma tutte con una peculiarità, quella di essere “fischietti”. Sì, proprio dei fischi, sculture da appoggiare alle labbra e soffiarvi dentro, per farne uscire la magia del suono, forse il primo suono primitivo prodotto da un oggetto costruito dall’uomo.
Le opere di Alberto Cavallini non smettono mai di sorprendere, stupire e affascinare, come quei presepi che, modellati con argille, tecniche, colori e forme diverse, dal 1993 l’artista realizzava ogni anno a Natale, per deporli in un piccolo cimitero. L’intimità di quel gesto raccoglieva un segreto. Un’intera famiglia, marito, moglie e le due giovani figlie, parenti dell’artista, erano state uccise dalla bomba fatta esplodere dalla mafia a Firenze in via dei Georgofili e, con quel gesto di realizzare un presepe da deporre su una tomba, Alberto Cavallini esprimeva, con l’arte, un messaggio che andava oltre la rabbia, perché parlava d’amore e ancora di vita.