L'intellettuale "descritto" bene Willem Defoe

di Paola Dei
SIENA. Circa un mese fa il nuovo film di Abel Ferrara veniva proiettato sugli schermi della 71 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, in concorso, e da qualche giorno, è arrivato al Cinema Pendola di Siena per raccontarci gli ultimi istanti di uno degli intellettuali più coraggiosi e originali del nostro tempo. Il mio giudizio è inquinato dall’aver visto il Film non ancora doppiato e quindi il grande Regista italiano mi si è presentato con l’accento inglese di Willem Dafoe accanto ad una Laura Betti “sdolcinata” nelle sue espressioni americaneggianti. Questo, nonostante l’indubbia somiglianza fisica di Willem Dafoe con Pasolini, ha certo inciso negativamente su tutto il resto e nonostante le scene fossero ben girate e la macchina da presa fosse capace di soffermarsi dove occorreva, non ho trovato esilarante la pellicola nonostante il cast stellare composto da Ninetto Davoli, che a Venezia quest’anno ha fatto il bis, Riccardo Scamarcio, Adriana Asti, Valerio Mastandea.
Era il 1 novembre 1975, ultimo giorno di Pier Paolo Pasolini che al solito si alzava nella sua casa romana e riceveva il bacio di sua madre Susanna, come ogni mattina.
Alle prese con la censura per Le 120 giornate di Sodoma e intervistato sull’accaduto , si accingeva a realizzare Petrolio, una narrazione avvincente con due personaggi narratori, uno appartenente alla borghesia torinese e l’altro scampato ad un incidente aereo.
Si incontrava poi con la grande amica Laura Betti e scriveva una lettera a Edoardo de Filippo per poi uscire fra la Roma notturna ad incontrare la morte per mano di Pino Pelosi che dopo aver osservato il massacro dell’intellettuale da parte di teppisti, passa sul suo corpo con le ruote della macchina. Non abbiamo mai saputo e forse non sapremo mai se per caso o per volontà.
Un giorno intenso dove però la figura di Pasolini appare inconsistente e non emerge nel suo impegno civile, sociale e intellettuale. È piuttosto sulla sessualità del regista che Abel mette l’attenzione, forse perché a questo si è attribuita la sua morte, ma tutto appare evanescente, come dice lo stesso regista quando ammette di non aver restituito tutto il vissuto del grande personaggio, nonostante non abbia temuto di entrare nel mondo degli inferi dove si vedono muoversi come ombre del male gli assassini di Pasolini e lui stesso nel vano tentativo di salvarsi senza mai perdere il suo spessore intellettuale. E nelle ultime scene appare Epifanio, Ninetto Davoli, che insegue una cometa che lo conduce all’idroscalo e gli nega il Paradiso.
Appassionato, strampalato, drammatico , il Film mescola sogno e realtà e contemporaneamente si interroga sul modo di creare del regista, sull’uomo, sull’artista e sullo schermo si fondono poesia e incubo in quei territori sconfinati dei ribelli e dei maledetti.