L'attore incanta il pubblico di Piazza della Badia

AREZZO. Piazza della Badia in pieno centro storico di Arezzo ha accolto e racchiuso nel suo scenario la voce e il gesto scenico inimitabile di Giorgio Albertazzi che ha incantato il numeroso pubblico con la lettura di passi di grandi poeti: l’amato Dante, il vate Gabriele D’annunzio, il sommo Shakespeare e infine, in omaggio alla città che per quattro giorni, dal 21 al 24 luglio, l’ha avuto ospite graditissimo, proprio quel Pietro Aretino autore della “Cortigiana” e dei “Sonetti lussuriosi”. Un crescendo di emozioni in un piacevole, ironico – e spesso autoironico – incontro tra artista e spettatori sempre sorretto da un livello altissimo di aura culturale e di introduzione attenta e lucida all’autore, al momento storico-sociale, con riferimenti pungenti e pregnanti sia al presente che al vissuto personale.
“Io da ragazzo abitavo a Settignano e con gli amici andavo a vedere da lontano La Capponcina, storica dimora del Vate, e così D’annunzio e la sua figura controversa mi hanno incuriosito”. Ed ecco Albertazzi parlare del D’Annunzio aviatore e amatore e dell’impresa fiumana, per poi recitare come una vera sinfonia “La pioggia nel pineto” e interpretare con foga teatrale sia “La figlia di Iorio” che il “Quarto ditirambo” con la sfida di Icaro al sole, quasi un ‘folle volo’ che prefigura quello dell’Ulisse dantesco.
Dante Alighieri, l’esule misconosciuto dalla sua città e in cui in parte Albertazzi si riconosce, è stato il tema della seconda serata aretina, svoltasi causa maltempo al nuovo “Teatro Mecenate”, gremito fino al loggione, con il sindaco Giuseppe Fanfani in prima fila. Qui, in un silenzio sospeso rotto solo dallo scrosciare di applausi, Albertazzi ha esposto il suo testo teatrale “Galeotto fu Dante”, una sorta di ‘recherche’ nel ricordo della sua insegnante di italiano e latino e così ha condotto l’uditorio sui temi dell’amore infelice ma invincibile (la figura di Beatrice nella “Vita Nuova” e il canto di Paolo e Francesca) – della ‘virtute e conoscenza’ come imprescindibili mete umane (il racconto di Ulisse), della feroce lotta politica che non risparmia gli innocenti ( la morte per fame di Ugolino e i suoi figli).
“Dante è grandissimo e io sono stato il primo a recitarlo in piazza, nella mia Firenze, molti anni fa”- ha rivendicato l’attore – e i suoi sono versi che ‘suonano’, come dovrebbero essere quelli della vera poesia. La poesia è oralità, ritmo, è significante prima ancora che significato e al tempo stesso è azione, forza salvifica, portatrice di valori etici, civilmente e spiritualmente educativi. La società violenta e in crisi di oggi soffre anche per mancanza di poesia, per mancanza di giusti modelli”. E subito è scattato il suo riferimento indignato al brutale assassinio di dodici persone inermi ad opera del giovane statunitense James Holmes: “Il nemico o rivale si guarda in faccia, come gli eroi antichi, non lo si uccide come un Joker”.
Temi e autori che sono risuonati anche nell’incontro con il pubblico svoltosi il pomeriggio del 23 luglio alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, su iniziativa, come tutto l’evento, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Arezzo, Dott. Pasquale Giuseppe Macrì e il coordinamento di Andrea Biagiotti, Direttore Artistico della stagione teatrale aretina. Nell’animato incontro l’attore fiorentino, sempre sul filo dell’ironia, talora garbata altre volte sferzante, ha ripercorso anche la sua carriera televisiva fin dallo storico dramma di Dostoevskji “L’idiota”, allora recitato in diretta, per tre ore, e perfino vessato dalla severa censura degli anni ’50…!
Infine Giorgio Albertazzi, a metà tra gigionesca disinvoltura e sorniona fermissima serietà, ha ‘intrattenuto’ (verbo inadeguato per una prova d’artista a 360 gradi…) i molti presenti anche della terza sera leggendo alcuni brani ‘osè’ della “Cortigiana” e dei “Sonetti” dell’Aretino, fitti di vocaboli e allusioni erotiche esplicite, ma che, sia per la pregevole stesura del testo che per la sapiente leggerezza e complicità recitativa, sono assurti a vere pagine letterarie. “Pietro l’Aretino è figlio e interprete del suo tempo spregiudicato e carnale, delle corti cinquecentesche”- si è quasi giustificato l’attore – e inoltre è un vostro concittadino e Arezzo può annoverarlo senza problemi tra i suoi tanti “Grandi”.
Al termine della ultima serata, arricchita da una mirabile lettura di una novella di Boccaccio (quella di Tofano beffato dalla moglie Ghita con chiaro riferimento al pozzo di Via dell’Orto, vicinissimo alla Badia aretina) e chiusa dal III canto dell’Inferno, Albertazzi ha ringraziato la città di Arezzo per l’accoglienza e ha detto di amarla e apprezzarne le vie che sono “fatte per accogliere le persone”, paesaggio urbano di “un’Italia sempre più rara” e quindi preziosa. E il pubblico lo ha ringraziato con lunghi applausi e richieste di autografi per aver portato in quella piazza antica, alla luce di lune elettriche e reali, il suono, il senso e l’eros autentico della poesia.