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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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L’arte del senese Staccioli conquista Paestum

Le opere di Oscar Staccioli offrono nuovi margini di riflessione intorno al tema della città

PAESTUM. Grande successo per la mostra Oscar Staccioli. Città invisibili, in corso al Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Sostenuta dalla Banca Monte dei Paschi di Siena e organizzata nell’ambito delle “Journées européennes du patrimoine”, l’esposizione propone circa cinquanta opere, tra dipinti, disegni e bassorilievi, realizzate dall’artista senese Oscar Staccioli (Siena 1920 – Battipaglia 2002) negli ultimi tre decenni del Ventesimo secolo.
La mostra – curata da Massimo Bignardi dell’Università di Siena e promossa dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, Soprintendenza per i beni archeologici delle Province di Salerno, Avellino e Benevento, dalla Cattedra di Storia dell’arte contemporanea della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università di Siena e dal Comune di Siena – Assessorato alla Cultura – segue lo svolgersi narrativo di temi e modalità linguistiche che hanno sollecitato l’immaginario dell’artista senese, a partire proprio dalla sua città natale e da Paestum, divenute cifre di uno spazio ‘invisibile’. Percorsi, attraversamenti di luoghi della quotidianità e dell’immaginazione che Staccioli ha tradotto nei segni di arcaiche urbanizzazioni, con il linguaggio libero ed immediato dell’informale, seguendo cioè dettati emotivi suggestionati dalla prosa di Italo Calvino, dalle sue città invisibili.
«Le opere di Oscar Staccioli – rileva Bignardi – offrono nuovi margini di riflessione intorno al tema della città, al significato che essa ha assunto negli anni e che l’artista senese ha esibito sia nelle prove pittoriche sia nelle manipolazioni plastiche nelle quali ha saputo trascrivere la narrazione di un viaggio sulle strade interne della memoria».
«Un percorso immaginativo che attraversa gli ultimi decenni di vita dell’artista senese che trova nel ciclo delle Civiltà, il punto di coagulo della sua poetica, cercando nella sua memoria una città che “divenne, nel suo lavoro – osserva Mauro Civai direttore del Museo Civico di Siena –, poco più di un segno, una forma quasi del tutto senza forma, una forma che era poco più di un’idea ma che proseguiva a manifestare quello che era la sua polpa o magari il suo scheletro. Forse la sua anima. Sicuramente la sua essenza che è ciò che basta a rappresentare una cosa nel senso di renderla comunque riconoscibile». 
«Siena e Paestum hanno sobillato l’immaginario di Staccioli riproponendo in pittura l’elemento chiave della sua esperienza: la duplice prospettiva di lettura dell’urbano e della sua immagine, i suoi attraversamenti dal basso e la sublimazione della forma dall’alto, come fossero calchi in negativo delle loro linee di percorrenza» conclude Marina Cipriani direttore del museo pestano, dove la mostra  resterà aperta fino al 20 ottobre. 

 

Oscar Staccioli  Nato a Siena nel 1920, a dodici anni si trasferisce con la famiglia a Rimini, dove frequentò le scuole superiori trascorrendo gli anni giovanili nel vivace e stimolante ambiente culturale dominato dalla figura di Federico Fellini e Teresa Franchina, che alimentò l’inclinazione artistica del giovane Staccioli. Torna a Siena nel 1944 pochi giorni prima che città venisse liberata dalla truppe alleate. Risale agli anni Cinquanta la conoscenza di Emilio Montagnani, Plinio Tammaro, Enzo Cesarini, e degli altri artisti che animavano l’ambiente artistico-culturale senese, con i quali intrattenne continui scambi di idee sull’arte che stimolarono fortemente il suo approccio sperimentale alle tecniche e agli stili.
I primi successi arrivano nel 1955 quando riscuote l’apprezzamento del pubblico e della critica alla mostra collettiva organizzata all’Accademia degli Intronati di Siena. Negli anni successivi partecipa a numerose esposizioni collettive e personali suscitando notevoli favori soprattutto per la mostra del 1958, dove espone alcuni Vicoli alla galleria d’arte San Marco di Roma insieme, tra gli altri, a Mino Maccari, Emilio Montagnani, Plinio Tammaro e Piero Sadun, e la personale del 1959 alla galleria L’Incontro di Arezzo.
Nei primi del decennio Sessanta elabora la sua vena creativa e stilistica suggestionato dalle vedute urbane ammirate nei ripetuti soggiorni a Londra, a seguito della mostra personale “Paintings from Siena” inaugurata alla Canaletto Gallery nel 1961 dove espone una serie selezionata di olii e guazzi con figure e paesaggi. Negli stessi anni realizza opere a sbalzo alla maniera dei primitivi senesi che aveva osservato a fondo nella pinacoteca cittadina, come testimonia l’opera Deposizione [1960] esposta in occasione della personale del 1962 alla Grabowsky Gallery di Londra e l’altrettanto celebre “Compianto su Cristo morto” [1960]. Nel 1962, tramite l’Istituto Italiano di Cultura è invitato a partecipare alla mostra “Mixed Exibition” alla St. Martin Gallery di Londra; nel 1965 la O’Hana Gallery prende in consegna alcuni lavori di Oscar Staccioli che entrano a far parte della collezione permanente della galleria; l’anno successivo espone alla Royal Accademy of Art nella “Rassegna di lavori d’oltreoceano”.
Un’urgenza espressiva che lo conduceva ad un confronto sempre più acceso sia con materiali e tecniche che lui stesso elaborava, sia con rigorose elaborazioni teoriche che lo portarono ad essere uno dei più attivi sostenitori dell’Intrarealismo, un movimento artistico-culturale nato in Spagna il cui manifesto del 1966 aveva come elemento caratterizzante l’aspirazione ad una comprensione della realtà dal suo interno.. Dopo le mostre di Firenze del 1967 a Palazzo Strozzi e quella dell’anno successivo alla O’Hana Gallery di Londra, il movimento si scioglie.
Il confronto con il metallo si inserisce in questa dinamica espressiva dove il dominio della materia approda a forme eleganti dalla forte carica simbolica come per le opere esposte alla O’Hana gallery per la personale del 68 “L’uomo e il Metallo”, ancora legate al periodo Intrarealista, o l’opera realizzata l’anno precedente in occasione dell’inaugurazione dei nuovi stabilimenti Ignis, alla presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, l’On. Aldo Moro ed il ministro dell’Industria e Commercio, l’On. Giulio Andreotti.
Con gli anni Settanta l’artista avvia i primi tentativi di tradurre in scultura l’idea compositiva che sta alla base delle Cartopitture e delle Civiltà. Le microfusioni nel calco ricavato in un osso di seppia, dilatano così la dialettica di Staccioli su un piano prospettico potenzialmente infinito, nelle fitte dentellature, nel dialogo fra vuoti e pieni, minuziosamente lavorati e degne della maestria di un orafo. Dopo i soggiorni a New York del 1970 ed in occasione della mostra alla Lippmann Gallery del 1971, strinse una profonda e cordiale amicizia con il fotografo Arthur d’Arazien, la cui conoscenza fu per Staccioli fonte di un instancabile dialogo sullo spazio urbano, alimentato dagli scatti dei panorami cittadini ed industriali del fotografo americano. Negli anni Settanta esegue una serie di commissioni pubbliche fra cui il Palio per la carriera del 2 Luglio 1972: opera unica nella storia paliesca, interamente costituito da formelle in rame sbalzato e smalti applicate su una stoffa di seta e oro tessuta su un telaio cinquecentesco in omaggio alla figura del beato Bernardo Tolomei. La maturità stilistica corrisponde al suo lento e consapevole distacco dal sistema dell’arte: le mostre si fanno più sporadiche anche per via della notevole quantità di commissioni pubbliche; dopo la personale del 1973 alla Galleria Cairola di Milano, dove espone per la prima volta alcune micro-sculture in bronzo oltre a molte cartopitture e incisioni su acciaio ,  e altre collettive fra cui quella a Palazzo Pretorio di Poggibonsi con Calonaci, Montagnani, Guttuso e Cesarini, si ritira con maggiore frequenza nel nuovo studio di Bulcianino, eremo cateriniano a pochi chilometri da Siena. Da qui Staccioli contempla la sua città distesa addormentata sulle dolci colline e sui campi che misurano da secoli con la loro mutevolezza il passare del tempo e delle stagioni. Gli anni Novanta sono contraddistinti dai frequenti soggiorni a Battipaglia e a Paestum, ove recupera una figurazione più misurata rispetto alle opere giovanili: nel 1993 espone alla Galleria Ariane di Parigi; nel 1998 partecipa alla collettiva di Ginevra al Palais des Nations, e l’anno successivo è invitato all’esposizione “Ocean et autre images” nelle sale Twin Towers della Galerie Petronas a  Kuala Lampur. Muore a Battipaglia nel 2002.

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