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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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La ricca settimana dell’Area Verde Camollia

SIENA. Di seguito tutti gli appuntamento organizzati da Area Verde Camollia

Una intensa settimana in sintesi:

completiamo i brevi cicli cinematografici  del contemporaneo P.T. Anderson e del classico J. Renoir:

poi libri, libri, libri e due eventi di teatro musicale (uno il 25 maggio, fuori programma)

Oggi, lunedì 22 maggioore 20:00

FILM

Il petroliere (There Will Be Blood)” di Paul Thomas Anderson, USA, 2007, 158’.

Liberamente tratto dal romanzo “Petrolio!” di Upton Sinclair. Il film è dedicato alla memoria di Robert Altman.

Pellicola che permise ad Anderson di consacrarsi tra i migliori registi della sua generazione, ai Premi Oscar 2008 fu candidata per un totale di otto nomination, vincendo quelle per il miglior attore e per la miglior fotografia. La performance di Day-Lewis, premiata con l’Oscar per il miglior attore, è universalmente considerata tra le più complesse ed intense della storia del cinema.

Il film, che tocca in maniera profonda temi complessi come la ferocia della natura umana, il capitalismo, la religione, l’ottimismo e l’ossessione, è considerato uno dei migliori film usciti negli anni 2000, citato come un capolavoro del cinema moderno.

“Uno strano oggetto molto personale il regista è il P.T. Anderson di ‘Magnolia’, di ‘Boogie Nights’, di ‘Ubriaco d’amore’, che qui cambia ancora una volta metodo e stile tratto da un romanzo politico anni ’30 dell’impegnato pton Sinclair, ‘Oil!’, ma così pieno di musica e di metafore e di trasparenti allusioni al presente che potrebbe essere un’opera lirica moderna (la maestosa partitura che scandisce le immagini è firmata da Jonny Greenwood dei Radiohead). O un apologo brechtiano sul potere economico e religioso, colti nei loro più perversi intrecci, risciacquato nelle acque tempestose del grande cinema americano. Questo Petroliere incarnato con forza quasi minerale dallo strepitoso Daniel Day Lewis è infatti l’ultimo erede di quella lunga galleria di predatori con cui il cinema ha raccontato la costruzione dell’America moderna. Ma Anderson, che dal romanzo-fiume di Sinclair ha preso solo le prime 150 pagine, è abilissimo nell’accompagnare le gesta del suo protagonista con un percorso interiore fatto di rabbia, solitudine, distruzione. (…) Sarà difficile, malgrado le molte candidature agli Oscar, che ‘Il petroliere’, in originale ‘There Will Be Blood’, ‘Scorrerà il sangue’, conquisti le grandi platee, sempre più affamate di facilità e consolazione. Ma l’ambizione del progetto, così americano, e la bontà dell’interpretazione di Daniel Day Lewis, che non nasconde di essersi rifatto alla voce imperiosa e antica di John Huston, dovrebbero garantire l’attenzione che merita a questo film eccessivo e crudele, visionario e grandioso come il suo protagonista. E come il cinema oggi sa essere sempre più di rado.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 9 febbraio 2008)

“Scritto e diretto da Paul Thomas Anderson, già vincitore con ‘Magnolia’ dell’Orso d’oro 2001, ‘Il petroliere’ riprende parte di ‘Oil!’, 150 pagine diventano quasi tre ore di proiezione. Chi non abbia interesse per la mitologia della frontiera, si astenga. Per collocare ‘Il petroliere’ come ricostruzione d’epoca (mirabili i costumi di Mark Bridges), si potrebbe vederci il prologo di ‘Chinatown’ di Roman Polanski; invece, quanto all’ambizione di definire il magnate che, facendosi da sé, ha fatto anche l’America: siamo dalle parti dell’
‘Uomo che non sapeva amare’ di Edward Dmytrik e del suo prologo, apparso successivamente: ‘Nevada Smith’ di Henry Hathaway. L’orso d’oro 2008 ha così da ieri – al secondo giorno di proiezioni e al primo grosso film in concorso – un primo serio aspirante: ‘Il petroliere’ concilierebbe l’esigenza autoriale (sceneggiatore e regista sono la stessa persona) delle giurie con quella spettacolare del pubblico. Questo film senza donne potrebbe avvantaggiarsi della giuria berlinese senza più Sandrine Bonnaire e Susanne Bier. Varrà però contro di lui il principio che ha reso i grossi festival simili al festival di Castrocaro, dove si premiano solo le voci nuove.” (Maurizio Cabona, ‘Il Giornale’, 9 febbraio 2008)

“Il regista Paul Thomas Anderson (quello di ‘Boogie Nights’, di ‘Magnolia’ e del più recente, e più deludente,
ù’Ubriaco d’amore’) ha sfrondato il romanzo ‘Petrolio!’ di Upton Sinclair di tutta la parte politica sullo scandalo Harding e dell’umanitarismo socialista a favore dei lavoratori per concentrarsi sulla figura di Plainview. In questo modo lo spirito epico di un periodo di svolta per la civiltà americana, con l’innovazione modernizzatrice che passa attraverso il trivellamento (lo sventramento?) dei territori della frontiera, viene riassunto nello scavo dentro le ossessioni di un uomo che piano piano sostituisce l’entusiasmo con l’avidità e il rispetto con l’egoismo. Girato in Cinemascope e in scenari di ruvida bellezza, il film finisce così per concentrarsi sulla faccia di Daniel Day-Lewis, davvero ammirevole nel lavoro mimetico che gli permette di esprimere con la forza dello sguardo, l’incurvatura del corpo, la mobilità delle mani quello che stava trasformando lo spirito e l’animo di tutta una nazione. Anderson sembra non volersi staccare mai dal suo attore, lo pedina con lunghe carrellate laterali, lo inquadra in primissimo piano come per incorniciare quello che accade sullo sfondo e a volte sembra perdere di vista il flusso del racconto. O, meglio, finisce per sottolineare soprattutto uno dei protagonisti in scena, affascinato dall’attore che lo interpreta e insieme ossessionato dalla determinazione del personaggio che incarna. I meriti e i difetti del film sono tutti qui, nella prova forse troppo grande di Daniel Day-Lewis e nello sforzo che fa il regista per non perderne nemmeno un grammo (il film dura 158 minuti), a scapito dei personaggi – il «figlio», il predicatore invasato, il falso fratello, l’assistente – e dei temi – gli affetti, la superstizione, l’avidità – che pure sono presenti nel film.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 9 febbraio 2008)

“E’ il racconto delle radici primitive, delle origini di un capitalismo selvaggio che finiscono per essere sovrastrutture materiali di potere, di necessità di violento dominio in barba al senso della vita e ai basilari sentimenti d’affetto verso il prossimo. Plainview “venderebbe anche la madre pur di…”, intanto attorno a lui si creano le basi per la frontiera geografico/politica di più recente nascita, quella americana, imbevuta di fanatico revivalismo religioso e prepotente lotta di competizione economica senza regole. Fondamenta di un dna culturale dallo strascico sociale che ancora decide gli indirizzi politici dei governanti statunitensi odierni.” (Davide Turrini, ‘Liberazione’, 9 febbraio 2008)

“Parte della critica ha descritto ‘There will be blood’ come un film che tenta di raccontare la famiglia e la religione negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo. Il co-protagonista è il giovane e bravo Paul Dano che interpreta la figura ambigua di un giovane pastore evangelico che inizialmente tenta di redimere Plainview per poi rivelarsi anch’esso assetato di denaro. ‘There will be blood’ è stato candidato ad otto Oscar. Ma questa pellicola prima di tutto ha confermato che Daniel Day Lewis, già insignito del Golden Globe per questa interpretazione, è un attore in grado di trasformare in eroe, positivo o negativo che sia, qualunque personaggio interpreti.” (Vincenzo Savignano, ‘Avvenire’, 9 febbraio 2008)

“‘Il Petroliere’ è un film al tempo stesso epico e minimale. Il primo quarto d’ora – magistrale! – sembra un cortometraggio muto di Griffith, altro regista che sul capitalismo e sulla nascita delle nazioni aveva idee ben precise. (…) E la storia è sempre quella – molto cinematografica – di un uomo solo schiacciato dalla propria ricchezza. In questo il cinema è spesso inferiore alla realtà, perché i grandi capitalisti non sono mai soli: sono uomini di apparato e di relazioni, anche quando sembrano matti come Hughes, e il rischio è sempre quello di restituirne una visione fin troppo romantica. Proprio per questo il personaggio più inquietante del ‘Petroliere’ finisce per essere non Plainview, che Lewis rende con gigioneria a volte eccessiva, ma il giovane predicatore Eli Sunday interpretato da un prodigioso 23enne che si chiama Paul Dano.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 9 febbraio 2008)

“L’altro nascente del cinema americano più che hollywoodiano, il narratore più affascinante del momento, Paul Thomas Anderson, per la prima volta alle prese con un romanzo da reinventare sullo schermo, e fuori dalla foresta conosciuta come Los Angeles, tra i deserti petroliferi dei ‘Citizen Kane’ di San Louis Obispo, ne ha voluto fare un ‘Novecento’ californiano e non solo per l’argomento e la durata, 2 ore e 38′, o per la superba qualità artistica delle immagini visive e sonore, che combattono tra di loro come hate e love dentro il Mitchum di ‘Il terrore corre sul fiume’, grazie alle rapsodie elettroniche, meravigliosamente invadenti e pertinenti, di Jonny ‘Radiohead’ Greenwood. Credo che per la prima volta nativi e californios, wobblies e operai triturati dallo sviluppo, Zorro e Chavez, abbiano trovato in un film qualche motivo per sentirsi, da revenant, spettri un pochino vendicati. Che carogne quelli che fecero la conquista del West.” (Roberto Silvestri, ‘Il Manifesto’, 9 febbraio 2008)

“Il film ha qualcosa di distaccato e lontano che non somiglia alle opere precedenti di Anderson (‘Sidney’,
‘Boogie Nights’, ‘Magnolia’) ma che cerca e trova una forza inconsueta, energia mai vista.” (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 15 febbraio 2008)

“Stavolta non c’è lieto fine. A vincere è il male sotto le spoglie di un petroliere avido, misantropo e spregiudicato. Ma è una vittoria amarissima pagata a caro prezzo, che appare come una disfatta totale dal punto di vista umano. Non c’è nulla di esaltante e di invidiabile nel personaggio di Daniel Plainview, per il quale, al termine di un’esistenza vissuta nella ricerca spasmodica del guadagno, non c’è possibilità di redenzione. Viene rifiutata persino l’ultima opportunità fornitagli dall’orfano, ormai adulto, che aveva preso con sé in tenera età. Per questo il film Il petroliere – firmato dal giovane, e già maturo regista statunitense Paul Thomas Anderson, apprezzato per Magnolia – si presenta come una impietosa parabola del disfacimento morale di un uomo. Non solo. Grazie al personaggio del falso predicatore, che diventa l’alter ego del protagonista, siamo anche dinanzi a una denuncia del proselitismo pseudoreligioso compiuto dal cialtrone di turno che s’approfitta della credulità e dell’ignoranza della povera gente. La lotta tra questi, che parla a nome di un dio a suo uso e consumo, e il petroliere, il quale non ha altri scopi se non l’arricchimento, solo apparentemente si presenta come una battaglia tra il bene e il male. I due sono troppo simili: il primo non è meno scaltro e cinico del secondo. E se il nero è il colore che fa da sfondo alla narrazione – nero come il petrolio strappato alle viscere della terra, nero come la coscienza sporca di Daniel Plainview accecato dalla brama del possesso – la scena si macchia spesso di rosso. Non a caso, del resto, il titolo originale della pellicola è “There will be blood” (Ci sarà sangue). (…) Tratto dal romanzo di Upton Sinclair Oil! del 1927, Il petroliere – fresco vincitore del premio per la miglior regia al festival di Berlino, al quale si presentava forte del Golden Globe assegnato a Daniel Day-Lewis come migliore attore protagonista e di otto candidature all’Oscar – è un film che si richiama al filone epico del cinema americano, quello che raccontava la frontiera dura e selvaggia, in cui dettava legge il più forte e arrogante. Lo fa in maniera cruda, a tratti spettacolare, con qualche pausa narrativa di troppo pagata alla bravura del protagonista. Ciononostante – tra ruvidi paesaggi, sperdute fattorie, pozzi e trivelle – il regista regala sprazzi di grande cinema, permettendosi persino il lusso di un inizio con quindici minuti privi di dialoghi. In ultima analisi, Anderson racconta la storia del male che si insinua inesorabilmente in un uomo, distruggendolo interiormente. Nell’ascesa del cinico protagonista – metafora delle brutture del capitalismo americano delle origini – si coglie il dramma di una vita incapace di trovare un senso e che non sa riscattarsi. A volte il cinema riesce a far simpatizzare anche con personaggi poco limpidi. Qui però non c’è, e non può esserci, empatia con Plainview, malvagio perdente per il quale si nutre solo repulsione.” (Gaetano Vallini, ‘L’Osservatore Romano’, 21 febbraio 2008)

 

Mercoledì  24 maggio, ore 18:00 (con sequel di assaggini)

 

LIBRO con dolcetti

 

Siena, la Grande Dolcezza” di Stefania Pianigiani,

 Betti Editrice 2022

Dialoga e assaggia con l’Autrice, Maura Martellucci curatrice dell’introduzione storica.

 

*

 

Mercoledì 24 maggio ore 20:30

 

CINE | Renoir-3

 

Una gita in campagna (Partie de campagne)” di Jean Renoir, Fr., 1936, durata 40‘ + cadeau.

 

 

 

(Francia, 1936, 1946, bianco e nero, 45m); regia: Jean Renoir; produzione: Pierre Braunberger per Panthéon; soggetto: dall’omonimo racconto di Guy de Maupassant; sceneggiatura: Jean Renoir; fotografia: Claude Renoir; montaggio: Marguerite Houllé-Renoir; scenografia: Robert Gys; musica: Joseph Kosma.

 

Sull’acqua di un fiume che scorre leggiamo: “Questo film, realizzato da Jean Renoir, non è stato completato per cause di forza maggiore. In assenza del regista, attualmente negli Stati Uniti, si è deciso di presentarlo così com’è, per rispettare l’opera del maestro e mantenerne il carattere originale. Per agevolare la comprensione della vicenda, al film sono state aggiunte due didascalie”. Prima didascalia: “Una domenica d’estate del 1860 il signor Dufour, commerciante di Parigi, dopo aver preso a prestito la vettura del suo vicino, il lattaio, ha deciso di trascorrere una giornata immerso nella natura insieme alla suocera, alla moglie, alla figlia e al commesso Anatole, suo futuro genero e successore”. La famiglia fa sosta presso il ristorante Poulain e decide di pranzare all’aperto in riva al fiume, approfittando della bella giornata di sole. All’interno del locale due giovani, Henri e Rodolphe, si lamentano perché l’arrivo dei parigini rovinerà loro la giornata; ma, aprendo la finestra, scorgono la bella Henriette che si dondola sull’altalena accanto alla madre. Henriette confida alla madre che il contatto con la natura risveglia in lei una strana sensazione. Dopo il pranzo Henri e Rodolphe prestano le loro canne da pesca al signor Dufour e al maldestro Anatole; il capofamiglia concede loro il permesso di accompagnare le signore a fare una gita in barca. Henri accompagna Henriette, mentre Rodolphe rimane in compagnia della madre. Al canto degli usignoli Henri e Henriette approdano su un’isoletta, poi raggiungono un riparo tra gli alberi dove Henri riesce ad abbracciare la ragazza. Poco lontano Rodolphe e la signora Dufour scherzano spensierati. Henriette si asciuga una lacrima dalla guancia e Henri tenta di baciarla: lei dapprima si nega, poi si arrende alla passione. Dopo una dissolvenza, i due si allontanano in silenzio uno dall’altra. Si alza il vento, il cielo è oscurato dalle nubi e sull’acqua inizia a cadere la pioggia. Poi, sullo sfondo di un paesaggio nuovamente sereno, la seconda didascalia: “Sono passati gli anni e tante domeniche tristi come i lunedì. Anatole ha sposato Henriette e una domenica…”. Henri approda in barca all’isoletta dove aveva portato Henriette. Lei è lì, insieme ad Anatole appisolato. Henriette accenna un sorriso e si dirige verso Henri. Questi le confida di recarsi spesso in quel luogo per ricordare il loro breve incontro. Henriette, sopraffatta dall’emozione, risponde: “Io ci penso tutte le sere”. Anatole la chiama, mentre i due si guardano negli occhi con struggente amarezza. Poi Henriette ritorna dal marito. Henri, pensieroso, li guarda allontanarsi.

Une partie de campagne è uno dei più riusciti esempi dello stile espressivo che Jean Renoir perfezionò nel corso degli anni Trenta: movimenti di macchina che possono o meno coincidere con il punto di vista di uno dei personaggi, primi piani che esprimono l’ambiguità dei sentimenti, composizioni in profondità di campo che rivelano molteplici livelli narrativi, atmosfere che dissimulano strutture di classica simmetria, bellezza lirica del paesaggio minata dal lato oscuro delle passioni, comunque controllate dalle convenzioni sociali. Mai come in Une partie di campagne Renoir seppe reinventare le eredità del naturalismo e dell’impressionismo, fondendole tra loro in un linguaggio del tutto personale. Eppure il regista fu costretto ad abbandonare il film prima di averlo terminato. Une partie de campagne venne distribuito nel 1946, dieci anni dopo le riprese, dal produttore Pierre Braunberger, che autorizzò Marguerite Houllé-Renoir, montatrice e moglie del regista negli anni Trenta, a montare il film e Joseph Kosma, autore delle musiche di La grande illusionLa Marseillaise (La Marsigliese, 1937) e La bête humaine (L’angelo del male, 1938), a comporne la colonna musicale. Renoir, che viveva a Los Angeles, diede il proprio consenso senza neppure aver visto il risultato finale.

Tratto dal racconto di Guy de Maupassant, il film, come risulta dai documenti di lavorazione di Renoir, avrebbe dovuto essere poco più lungo di quanto sia in realtà. Iniziato come progetto di modeste dimensioni, da realizzare in esterni insieme alla famiglia e agli amici nelle vicinanze della casa di campagna di Renoir (dove il regista aveva girato il suo primo film, La fille de l’eau, 1925, e dove suo padre aveva dipinto quadri memorabili), il film si trasformò in un costoso progetto della durata di tre settimane, con la troupe in balia d’un maltempo che mise a dura prova i rapporti personali. La pioggia, tuttavia, si rivelò uno dei felici incidenti della carriera di Renoir, che riscrisse la sceneggiatura del film in modo che il temporale entrasse a far parte della vicenda. Le riprese erano quasi terminate quando Renoir e Sylvia Bataille ebbero una lite e il regista abbandonò il film per iniziare le riprese di Le bas-fonds (Verso la vita, 1936). Braunberger, a cui rimase il materiale di un costoso film incompiuto, commissionò a Jacques Prévert una sceneggiatura che facesse del film un lungometraggio; ma l’idea fallì, insieme a quella di trovare un regista sostituto (si era pensato anche a Douglas Sirk).

Solare omaggio alla pittura en plein air di Auguste Renoir (Henriette sull’altalena, il picnic sul prato), dove la natura è fonte di bellezza e di vitalità, il film muta registro quando la stessa natura diviene forza potenzialmente distruttiva, in corrispondenza con il cambiamento di Henriette che il contatto con l’elemento naturale sembra trasportare in una dimensione sensuale capace di allontanarla da Henri. Agli altri personaggi è lasciato ampio spazio, per controbilanciare l’essenzialità dell’incontro tra i due protagonisti. Un’essenzialità nuovamente sottolineata dal loro breve ritrovarsi nell’epilogo: l’attrazione e il desiderio li spingono l’uno verso l’altra, ma le rigide convenzioni sociali li allontanano. Nel 1994 la Cinémathèque française ha ristampato oltre quattro ore di materiale non montato, depositato presso i suoi archivi da Braunberger. Con questo materiale Alain Fleischer ha realizzato un documentario di 88 minuti, Tournage à la campagne, rimontando in ordine cronologico le riprese in cui spesso si vedono o si sentono interventi di Renoir. Come ha scritto Charles Tesson, questo materiale ci permette di osservare i metodi di lavoro di Renoir, dimostrando la falsità della teoria secondo la quale questo film si sarebbe largamente basato sull’improvvisazione: “La possibilità di vedere sei diversi ciak di una scena di Une partie de campagne moltiplica per sei il nostro piacere di assistere a un film straordinariamente emozionante”.

Interpreti e personaggi: Sylvia Bataille (Henriette Dufour), Georges Saint-Saens [Georges Darnoux] (Henri), Jane Marken (Juliette Dufour), André Gabriello (Cyprien Dufour), Jacques Borel [Jacques B. Brunius] (Rodolphe), Paul Temps (Anatole), Gabrielle Fontan (la nonna), Jean Renoir (papà Poulain), Marguerite Houllé-Renoir (la cameriera), Henri Cartier-Bresson, Georges Bataille, Jacques Becker (seminaristi), Pierre Lestringuez (il prete), Alain Renoir (un giovane pescatore).

 

https://www.treccani.it/enciclopedia/une-partie-de-campagne_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/

 

 

Fuori programma mensile ancora un evento, giovedì 25 maggio, ore 21:00

 

 

Il TRIO FOLK in

LA STORIA SIAMO NOI: SIENA, VIZI E VIRTU’”

di e con Marta  Marini, Antonio Tasso e Silvia Golini

 

Una rivisitazione musical letteraria della Storia “importante” – dalla Creazione ai tempi nostri – attraverso l’obbiettivo delle “piccole storie della gente comune” ed il filo conduttore del “Vernacolo” di tanti rimatori senesi, da Momo Giovannelli ai Giannelli, da Ezio Felici, Surgezio Galli, Beppe Pallini a… Francesco Burroni e il Laboratorio del Sonetto.

Con le melodie della tradizione per non disperdere il patrimonio infinito di “lingua” e tradizioni delle Genti di casa nostra, dentro e fuori le mura di quello scrigno chiamato Siena.

IL TRIO FOLK:

– SILVIA GOLINI – senese, fa la mamma, la moglie, l’autista del tram, porta a spasso il cane Momo (chiamato così in onore di Momo Giovannelli, continuando così la tradizione di famiglia dei cani-poeti: i precedenti si chiamavano infatti Ghigo in onore di Ghigo Giannelli e Cecco in omaggio al Poeta del Castellare) e nel tempo libero si dedica alle sue passioni: la musica e la scrittura di sonetti in vernacolo.

– MARTA MARINI – diplomata in Conservatorio in Chitarra classica, Direzione di coro e Mandolino, suona in varie formazioni da camera con un repertorio che spazia dalla musica classica ad altri generi. Attualmente inoltre insegna Strumento musicale in una scuola media ad indirizzo musicale e dirige alcune formazioni corali amatoriali.

– ANTONIO TASSO – montepaschino a riposo, guida turistica in attività, cultore della storia e dell’Arte, nonno part time, ha rispolverato dalla valigia delle tante passioni di venticinque lustri di vita (il fischio arbitrale, la pallacanestro, il teatro d’operetta, il complesso beat, la goliardia, le lingue, la Mat’ Rossija e quelle che… non si possono menzionare per privacy) il gusto del sonetto e dello stare insieme alle “citte giovani” sul palcoscenico.

 

 

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Venerdì 26 maggio, verso le 15:30

cura del Giardino

guanti e piccoli attrezzi personali desiderano uscire dai vostri zainetti

(volontario distrae volontaria, immagine consueta del Jardin)

(scrivere a prenotazioni.areaverde@gmail.com per attivare la copertura assicurativa)

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Venerdì 26 maggioore 18:00

 

LIBRO

 

 

Solo un po’’” di Gaia Pellegrini, ed. Albatros, Nuove Voci, 2023.

 

Dialogano con la giovanissima Autrice le prof.sse Maria Chiara Fonzi e Anita Vannini.

Un incidente improvviso. Una vita spezzata, anzi, due. La difficoltà di ricominciare a vivere, e quella di guardare la persona amata farlo. Una storia emozionante e originale, uno specchio del mondo esterno e di quello interiore, che racconta come spesso le persone che amiamo ci restino accanto, anche se non ce ne accorgiamo.

 

Mi chiamo Gaia Pellegrini, ho diciotto anni e tanti sogni nel cassetto. Attualmente vivo a Montalcino e sto terminando l’ultimo anno di superiori al liceo scientifico di Siena.

 

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Venerdì 26 maggio, ore 21:00 (ca. 90’)

 

Teatro musicale

 

 

Storia di Yves Montand: “Ivo Montà! Storia cantata di Yves Montand tra Monsummano e Parì (passando da Ollivud)”, di e con Igor Vazzaz, Jacopo Crezzini (contrabbasso) e Luca Giovacchini (chitarra). Produzione La Serpe d’Oro.

 

Questa rappresentazione racconta la storia del personaggio di Yves Montand, Ivo Livi per l’anagrafe, che nato in Toscana a Monsummano e partito dal niente è arrivato fino a conquistare Parigi, passando addirittura per l’America. La sua incredibile carriera varia dalla canzone al cinema d’autore e lo vede affiancato da artiste di grande calibro, quali Edith Piaf, Simone Signoret e Marylin Monroe. Uno spettacolo di teatro canzone sull’impossibilità di raccontare e la possibilità di cantare.

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ANTICIPAZIONI

 

 

 

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Mercoledì 31 maggioore 18:00

 

CONCERTO delle allieve e allievi del Liceo Musicale!!!

 

 

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Mercoledì 31 maggioore 20:30

 

FILM

 

Il più votato dalle nostre associate e associati sul tema del mese “Cinema e Poesia”. Non è L’Atalante, né L’attimo fuggente … ma un omaggio Emily Dickinson!

 

 

 

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Non dimenticate infine di. Già arrivate interessanti votazioni!

Quindi, votate, votate per scegliere il FILM a sorpresa, in  giugno, dalle ore 20:00/20:30 da definire in base al titolo: un film che vorreste vedere o rivedere su un tema, per il mese di giugno: Napoli!

 

Fate pervenire la vostra preferenza – fino al massimo di tre, in ordine: 20 punti la prima, 10 la seconda, 5 la terza   stileremo una semplice classifica, e se possibile in Distribuzione proporremo il film prescelto.
Votazioni aperte fino al 27 maggio.

Per votare: un post o un commento su Facebook all’evento (il voto in questo caso non sarà segreto); questa mail o quella dedicata alle prenotazioni.

 

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Due segnalazioni ancora, con piacere.

E  questo progetto!!!

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L’ingresso al Giardino e agli eventi è aperto alla cittadinanza e gratuito (quanto ai soli spettacoli, film, teatro, concerti, è riservato agli associati, iscrizione anche in occasione dell’evento, € 5,00 una tantum). L’offerta libera e riservata sarà destinata alla cura del Giardino e alle varie spese affrontate dall’associazione.

Accesso da via del Romitorio, 4 (per le persone con disabilità, da via Camollia 85, previo contatto – cortesemente a questo solo scopo – al cell 347 8838818).

Prenotazioni, se necessarie, si prega esclusivamente sull’account – prenotazioni.areaverde@gmail.com –  ingressi consentiti secondo la vigente normativa preventivo-sanitaria. Non saranno istituite prenotazioni per la presentazione di libri, conferenze, dibattiti, manifestazioni, ma solo per spettacoli, film, teatro, concerti, salva diversa indicazione volta per volta (attualmente, di fatto, le prenotazioni non sono necessarie).

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In Giardino – piccola cronaca (invariata ):

nella Peschiera le Ninfee belle dormono ancora in attesa di riemergere dalle profondità, per rinnovare la meraviglia. I pesci affiorano come sempre allegri, pensiamo, alla pastura. Ai bordi  il Capelvenere (Adiantum capillus-veneris) e il Ciombolino (Cymbalaria muralis) non senza qualche rovo attendono il ritorno delle belle a giugno. Le margheritine (Erigeron) stanno bene sotto la trama ancora invernale delle rose bianche antiche (Aimée Vibert).

Nei prati, protesa verso l’alto, l’installazione dell’artista Franca Marini, “La Giustizia”, molto apprezzata dai bambini e dai grandi che hanno la fortuna di rimanere un po’ tali (absit) e più in là, ancora in piena esplosione i piccoli cespugli di Campanellino (Leucojum vernum), pieni di lampadine candide, discoste, due Eremophila Nivea  (“pianta delle coccole”, vellutata, in attesa della carezza di piccole dita), e cespi solitari intorno sparge la ginestra (Citysus) – con la sua prima brillante fioritura! – sta rispuntando nei muri il Centranthus ruber (Valeriana rossa) anche senza contributo del PNRR. Gli uccelli allietano la casetta sull’albero fornita di cibo, un albero pieno di funghi, che taluno vorrebbe abbattere.

Nella parte bassa del Giardino, tra le vestigia di una antica traccia formale, sconosciuta alle persone pigre e meno avventurose, in inverno un po’ meno impenetrabile:  sempre in preparazione una aiuola di aromatiche (per ora, Satureja o Santoreggia, Origanum majorana o Maggiorana,…) e abbiamo dissotterrato antiche, gigantesche forbicione rugginose, di metallo raro, del tutto verosimilmente appartenute stando alle prime analisi spettroscopiche, al Conte Chigi, che in questo luogo ebbe il dì natale e dimorò. Sempre rigogliosa la Phlomis (“salvia di Gerusalemme”) e il roseto si prepara a recitar poesiole. Cresce la Nandina domestica o Bambù sacro. Messi a dimora tre cespugli, spogli ma di gemmine pieni, di  melograni.

E grandi femminei lavori nella parte discendente intorno alle rose e altro. Tadan! Piantati quattro arbusti delle farfalle, Buddleja davidii, di quattro colori, bianco, rosso, celeste e viola a grande richiesta di maestre e bambin*.

Sotto il Grande Cedro e nel giardino umbratile, le Pteridophyta (felci primordiali), le cascate di Choisya ternata, tra i rami dell’Hibiscus Syriacus Albus, in attesa dello splendido ritorno le ortensie, Hydrangea arborescens ‘Annabelle’ e Quercifolia, gli arbusti di Ruscus, non aculeatus, spontaneo il Solanum pseudocapsicum (ciliegia di Gerusalemme). Visitate il sentiero “Robert Frost” delle alte ortiche.

I due alberelli di limonegentilmente donati dal Garden Club di Siena, stanno per ritornare a fare i custodi all’ingresso della nostra Limonaia, dopo essersi goduti le presentazioni di libri e bei film, e le pitture che talora impreziosiscono l’ambiente.

Qualcuno verrà il venerdì pomeriggio a lavorare in Giardino? Sono stati trovati metalli rari e preziosi, non solo le antiche forbici del Conte. Comunque è sempre bellissimo e affascinante anche così, assai trascurato.

Per la visita, INGRESSO dal lunedì al venerdì da via Camollia, 85, dalle 8:00 alle 18:30, il sabato fino alle 14:00

Accessibilità universale (persone con disabilità), con servizi, sempre e solo da via Camollia 85.

*

Elenco: “oggetti smarriti (senza nuove acquisizioni )

Sigaretta elettronica, nera, Joyetech. Probabilmente di un darwinisto o una darwinista o * Che mercoledì 15 febbraio ha deciso di smettere seriamente di fumare

Borraccia metallica azzurra, con logo “Arco Spedizioni” con piccolo moschettone, tappo e contenuto liquido (dimenticata in occasione della proiezione di “Up” del 7 gennaio 2023)

cintura blu di cappottino (dimenticata in occasione della proiezione de “Il Cacciatore di aquiloni”, ottobre 2021)

un piccolo orecchino nero/blu, perlina rotonda (caduto a terra nella stessa occasione)

un paio di occhiali da sole, Polaroid (uomo?)(dimenticato in occasione della proiezione “Storia del cammello che piange”, il 6 novembre, 2021, forse da uno spettatore per caso in visita al Siena Awards entrato in Limonaia quasi per sbaglio)

un ombrellino viola e argento (dimenticato in occasione dell’incontro su Gramsci e la “quistione sessuale”)

ombrellino nero, marca “Tedi”, dimenticato venerdì 17 in occasione dell’evento SO.CREM e dello scroscio d’acqua.

A presto, e grazie come sempre per l’attenzione.

Area Verde Camollia 85

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