
di Giulia Tacchetti
SIENA. Insolito. Così ci è apparso ieri, 1° novembre, Alessandro Benvenuti nel Donchisci@tte, scritto da Nunzio Caponio (drammaturgo, attore, regista), ispiratosi liberamente all’opera di Cervantes e adattato dal regista Davide Iodice. Non abbiamo mai visto un Benvenuti così ironicamente serio, che nell’ora e mezzo di spettacolo risulta anche drammatico in quel suo farneticare contro nemici che vogliono distruggere l’umanità e lo premono alla battaglia, insieme al fedele Sancio, nella rappresentazione scudiero e figlio.
Torna così il mito di Don Chisciotte, del generoso cavaliere errante, che difende i deboli, combatte le ingiustizie attraverso una distorsione della realtà. Il suo mito entra nella nostra contemporaneità con la forza di espressioni che non hanno bisogno di spiegazioni: “percepiamo la realtà attraverso un tacito accordo comune” (senza possibilità di scelta), “siamo zombie, vivi fuori, morti dentro”. Si capisce che viene rappresentata la società attuale, che vive nel virtuale, fino ad essere inghiottita dal “buco nero”, creato dall’inerzia dei neuroni umani. Inevitabile il richiamo al Nulla de “La storia infinita” di Michael Ende, che minaccia di distruggere il mondo di Fantàsia, fino a che non interviene Atreiu. Se avessimo un pizzico del coraggio e del senso di giustizia del Don Chisciotte (dichiara l’autore Nunzio Caponio) forse le nostre folli vite troverebbero finalmente un senso.
Scaturisce un ritratto dell’uomo di oggi, prigioniero del web e dipendente dai social, isolato e privo di emozioni. Significativo il titolo della pièce che sostituisce la “o” di Chisciotte con la chiocciola della email. La scena (di Tiziano Fario) è fissa: tutto si svolge in un garage, dove il nostro Don ha allestito il suo rifugio con gli strumenti per combattere il buco nero che mangia tutto: armature costruite con semplici materiali (dalla stoffa al casco dei motorini), bastoni da combattimento alla maniera dei samurai. Sancio è poco convinto di questa missione, ma asseconda con generosità il padre, anche se a momenti si isola suonando la sua musica. Con una web camera il moderno Don Chisciotte lancia il messaggio di volersi innamorare (“Dobbiamo innamorarci per vincere il buco nero e salvare la mongolfiera dell’umanità”), accolto da una donna che gli esprime lo stesso desiderio. Ma la rete è ingannevole: quel volto truccato è un ragazzo. Da qui la conclusione con la denuncia del nostro eroe. Sembra tutto concludersi nel modo più misero, ma sul fondo della scena appaiono proiettati tanti volti di uomini e donne, giovani e vecchi, che accolgono il testimone del protagonista dichiarando: “giuro di volere essere innamorato”.
Secondo noi la performance di Alessandro Benvenuti risulta intensa; emerge un attore che ha raggiunto la maturità artistica e si può ormai permettere di ricorrere ad una ironia tipica dell’umorismo, senza ricorrere (se non sporadicamente) a trovate comiche, come il panino con la mortadella che Sancio non riesce a trovare dal salumiere, da cui parte tutta la performance. Fragile come incipit?
Stefano Fresi conferma la sua versatilità sia come attore di cinema e TV, che come attore di teatro. Credibile il suo Sancio nel disorientamento provocato dalle visioni di Chisciotte ed unico legame con la realtà esterna. La rappresentazione soffre un po’ del ritmo lento di una vicenda che in realtà non ha un vero e proprio svolgimento e forse questo è l’unico difetto che siamo riusciti a trovare nello spettacolo.