La versione divide il pubblico al Teatro dei Rinnovati a Siena
di Giulia Tacchetti
SIENA. Se il titolo dello spettacolo fosse stato il “Don Giovanni di Mozart con la musica dell’Orchestra di Piazza Vittorio”, anziché “secondo”, si sarebbero create aspettative diverse nel pubblico, perché la semplice preposizione “con” indica bene il tipo di spettacolo che andiamo a vedere.
Di Mozart manca la musica, che si orecchia solo in alcuni momenti (“Là ci darem la mano”), spesso sostituita da un altro ritmo e tipo di musica. Il jazz viene introdotto dal pianoforte e da Leporello (il cubano Omar Lopez Valle), che apre lo spettacolo con le prime battute dell’opera “Notte e giorno faticar” e prosegue la sua performance suonando magistralmente la tromba. Il rock, il pop, il reggae di Mama Marjas, la musica brasiliana con le voci di Evandro Dos Reis e Simona Boo si alternano, la chiusura è affidata ad una scatenata disco music. Gli artisti provengono da vari paesi e cantano in italiano, brasiliano, spagnolo, arabo, francese, in un’idea di teatro del mondo. I due registi Mario Tronco ( anche direttore artistico) e Andrea Renzi, rimangono abbastanza fedeli alla storia di Lorenzo Da Ponte, ma il testo viene mantenuto parzialmente, perché parole e rime non sempre possono adattarsi al diverso tipo di musica tipica del nostro tempo.
Ormai è diventata consuetudine rivedere alcune opere, sia per introdurre una novità, perché molto rappresentate, sia per avvicinarle maggiormente al nostro tempo. Ci riferiamo ad una recente rappresentazione della “Carmen”, secondo la regia di Leo Muscato ambientata alla fine degli anni Settanta in un campo rom, in cui la protagonista uccide Don José per una libera e alquanto discussa iniziativa, molto fischiata al Maggio Musicale del gennaio 2018, contro il femminicidio. Al Teatro La Fenice di Venezia nel 2009 la regia di Robert Carsen rivedeva in chiave moderna il personaggio di Violetta, vestendola di soli veli e trasformava in una lap dance il ballo delle zingarelle e toreri.
Tornando al nostro spettacolo, questo non rappresenta il dramma giocoso in due atti di Lorenzo Da Ponte con la musica di Wolfgang Amadeus Mozart, ma è una libera interpretazione della figura di Don Giovanni, che ha ispirato scritti e rielaborazioni musicali nel corso del tempo, da cui trae spunto il nuovo lavoro dell’Orchestra di Piazza Vittorio. L’idea da cui parte è un Don Giovanni androgino, dalla sessualità indefinita, uomo e donna. Note della regia di Mario Tronco e Andrea Renzi ci comunicano che nella loro rilettura la novità consiste nel dare all’intervento del soprannaturale un nuovo significato; è l’inconscio che prende forma: “Il protagonista invita a cena la statua dell’uomo che ha ucciso, evento che nella Commedia dell’Arte era bizzarria comica, oggi si potrebbe considerare esercizio di psicanalisi”.
Siamo convinti del grande sforzo e meticoloso rigore nella costruzione dello spettacolo, di cui parla Andrea Renzi, che si intrecciano alla gioiosa libertà ed alle invenzioni improvvise. Notevole è l’interpretazione di Petra Magoni nel ruolo di Don Giovanni sia quando canta che quando si muove, dimostrando di essere nata per il palcoscenico. Tutti gli artisti, cantanti e musicisti, risultano molto competenti e di livello nelle loro performance. Concludiamo rimanendo dell’idea che non si può rivedere un’opera senza le musiche del suo autore: è un’altra cosa, un’altra forma di spettacolo. Forse si condensa nelle note alla regia di Andrea Renzi: “ è un antidoto al narcisismo (imperante anche nelle Accademie, aggiungiamo noi). Un modo per continuare a dare spazio a noi e non solo all’Io”.
