Mariella Carlotti e la sua

di Duccio Benocci
SIENA. Il Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti rappresenta, senza alcun dubbio, una delle opere d’arte più celebri e maggiormente riprodotte, forse per certi aspetti perfino “abusate”, per i significati politici che, da sempre, propone agli occhi dell’osservatore. Copertine di libri, fondali per conventions politiche, iniziative locali di aggregazione politica, una meritoria serie di incontri culturali comunali, installazioni artistiche contemporanee, gadgets più o meno per turisti… questo e molto altro richiama esplicitamente o allude agli affreschi nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena.
L’impiego di riferimenti o l’utilizzo di particolari dell’opera stessa, però, dovrebbe quanto meno esser preceduto da un’approfondita conoscenza dell’“insieme”. Non sempre, purtroppo, è così; spesso assistiamo a pure strumentalizzazioni d’immagine. Un’“immagine” che, a distanza di molti secoli, rimane sorprendentemente attuale e di validità universale.
Anche in vista del grande “evento” espositivo dedicato ai fratelli Lorenzetti – eccelsi maestri di scuola pittorica senese a cavallo tra Duecento e Trecento – , promosso da Comune di Siena e Fondazione Monte dei Paschi, in programma per l’autunno 2013 soprattutto presso il complesso di Santa Maria della Scala, una lettura stimolante può essere quella del recente Il bene di tutti. Gli affreschi del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena di Mariella Carlotti (Società Editrice Fiorentina, 2010), giunto in meno di un anno alla seconda ristampa. Dopo Figlia del tuo figlio. La Maestà di Duccio di Buoninsegna (S.E.F., 2005) e Il lavoro e l’ideale (S.E.F., 2008) dedicato al ciclo di formelle che adornano il Campanile di Giotto a Firenze, la Carlotti propone un libro, corredato da un ampio e dettagliato apparato iconografico, appunto, per conoscere, comprendere e scoprire il capolavoro dell’arte senese – di nodale importanza nella storia dell’arte universale, per la nascita di un nuovo linguaggio figurativo occidentale – tenendo sempre bene a mente la parallela vicenda storica e politica della città di Siena. Il volume è anche il catalogo della mostra Cor Magis. Il cuore, l’opera, il bene di tutti. Siena AD 1337 (Rimini, 22-28 agosto 2010).
L’arte, negli affreschi lorenzettiani, diviene strumento potente per prendere “coscienza” e per poter giudicare, attraverso la forza della bellezza e la “visione”, seppur allegorica; aspetto questo non di secondaria importanza in epoca medievale, caratterizzata da radicato analfabetismo. Diremmo oggi che siamo di fronte al principale mezzo di comunicazione di massa allora disponibile: la pittura; non bastava, infatti, la traduzione volgare del Costituto (1309-1310), fatta realizzare trent’anni prima dallo stesso Governo dei Nove (1287-1355) e messa a disposizione dei cittadini «che non sanno gramatica», per permettere a tutti l’accesso alle regole di vita comune.
Un settantennio, quello “novesco”, caratterizzato come noto da notevole benessere e da grandi opere pubbliche, portate a compimento per soddisfare un’«urgenza di bellezza»: in campo artistico, tra le più conosciute, la Maestà di Duccio di Buoninsegna per l’altare maggiore del Duomo (1311) e quella “civica” di Simone Martini (1315), cui seguono gli affreschi de La pace e la guerra (meglio noti a partire dal Settecento col titolo: Buongoverno e Malgoverno, coi relativi “effetti” in città e campagna).
In Ambrogio si fondono due lezioni, quella di Duccio, suo probabile maestro, e quella del fiorentino Giotto: del primo accoglie «l’eleganza e il gusto del colore tipici della scuola senese», dell’altro, invece, «la plasticità e la tridimensionalità»; nelle sue opere mostra, inoltre, grande maestria nel dipingere paesaggi (urbani o meno), pur rimanendo tuttavia ancora intuitiva la visione delle fughe prospettiche. Queste ragioni porteranno Ghiberti, nei suoi Commentarii, a preferirlo addirittura a Simone Martini, che prima della sua partenza per Avignone (1336) lo precedette nel ruolo di pittore ufficiale del governo senese.
Ma tornando a parlare degli affreschi, la Carlotti riesce ad inquadrarli nella produzione del Lorenzetti – nato a Siena nel 1285 e morto probabilmente di peste, come il fratello Pietro, nel 1348 – e nel loro “contesto” storico-istituzionale e spaziale: pertinente l’approfondimento dedicato agli altri affreschi del Palazzo comunale, in particolare alla celeberrima Maestà, da cui «bisogna partire […] per capire» ed interpretare il Buon Governo, tali e tanti sono i rimandi e fors’anche un comune disegno allegorico.
Insomma, chi si appresta ad entrare nella Sala dei Nove, si trova davanti agli occhi una summa senza paragoni nella storia dell’arte, una trasposizione visiva-allegorica (non utopica, ma ideale!) della “cultura” politica medievale, ampiamente meditata, grazie a cui significati figurativi e simbolici si fanno «testimone, esempio, argomento di una verità ammonitrice» – per dirla con parole di Enzo Carli – accompagnati passo passo da una “didascalia” interpretativa in versi volgari (secondo modelli danteschi) per garantire una lettura quanto più univoca, in linea con quanto ideato dai committenti.
«I cuori degli uomini che amano la giustizia – sintetizza la Carlotti (p. 58) – sperimentano un’unità che li fa tesi al bene comune, condizione della prosperità e della pace di ogni comunità umana». «Diligite iustitiam qui iudicatis terram» (Amate la giustizia, voi che governate la terra), dunque. E che questo ammonimento – altro non è che l’incipit del biblico Libro della Sapienza, ripreso da Dante in Paradiso, XVIII, 91-93) – non sfavilli solo negli affreschi del Lorenzetti (sopra la figura allegorica della Giustizia, «santa virtù» volta alla Sapienza divina) o nella grande Maestà di Simone (sul cartiglio mostrato dal Gesù bambino, eretto sulle ginocchia della Vergine Maria), ma sia vivo nell’animo dei nostri amministratori, cioè dei responsabili della res publica, affinché tutto si svolga – come in passato – per «honore et utile de la città di Siena».
Mariella Carlotti, Il bene di tutti. Gli affreschi del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena, presentazione di Bernhard Scholz, prefazione di Andrea Simoncini, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2010, pp. 106 – € 16,00.