Presentato in biblioteca il Fondo di 11mila volumi donato dal docente
PISTOIA. Il 9 novembre 2008 moriva Giorgio Luti, critico letterario militante, docente universitario di Letteratura Italiana a Firenze, autore di molti saggi critici, in particolare sulla letteratura del ‘900. Poco prima della morte aveva donato alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia gran parte dei numerosi libri raccolti e studiati con amore, per metterli a disposizione di studiosi e studenti. In questa bella e nuova sede bibliotecaria si è svolta il 5 novembre la Giornata di ricordo “Della curiosità e della fedeltà”, con riferimento a due doti umane che lo hanno contraddistinto. L’incontro, presenti la figlia Federica Luti, i familiari, molti amici, scrittori ed ex-allievi, è stato introdotto dalla direttrice della Biblioteca, che ha ricordato la presenza nell’istituto pistoiese, oltre che del Fondo Luti, anche di quello intitolato a Piero Bigongiari, altro nome illustre nel campo umanistico del ‘900. In sostituzione del professore emerito Paolo Rossi ha parlato Alessandro Pagnini, professore di Storia della Filosofia contemporanea a Firenze, che ha svolto funzione di trait d’union tra la Biblioteca pistoiese e Luti, il quale, pur provato dagli anni e quasi cieco, visitò le sale del centro pistoiese e intuì il calore e la cura con cui in questo luogo sarebbero state accolte e conservate le sue amate carte. Pagnini ha ricordato il grande legame di stima e affetto che univa Giorgio Luti a Paolo Rossi (di cui Pagnini è stato allievo), entrambi studiosi all’insegna della ‘curiosità’ e dell’innovazione nella ricerca critica, nonchè della grande disponibilità verso gli studenti.
Su questo aspetto peculiare del Luti docente si è soffermato anche Marino Biondi, suo allievo e a lungo collaboratore, professore di Storia della critica e della storiografia letteraria all’Università di Firenze: “Luti era un uomo pieno di amici e ha consentito a molti di pasteggiare con il suo cuore” ha affermato Biondi, evidenziando l’humanitas’ del maestro verso i giovani, nonchè la capacità di farsi portavoce e guida nella fase di grande cambiamento e quasi ricostruzione del mondo universitario dell’inizio anni ’70, nella storico edificio di Piazza Brunelleschi (di cui, su incarico del Rettore, Giorgio Luti aveva scritto nel 1986 la storia). Luti fu leader dello schieramento di docenti che non abbandonarono la sede fiorentina, pur nella difficoltà di gestire aule superaffollate di studenti, ai quali egli non faceva mancare il suo insegnamento rigoroso e al tempo stesso gioviale, trasmettendo la passione profonda per la ‘letteratura come vita’ e per l’analisi attenta dei testi (e chissa cosa direbbe ora, in questo nuovo passaggio epocale, quasi un ‘day after’ degli studi universitari, in cui si avverte ancor più il vuoto lasciato da un tale ‘nocchiero’?).
“Giorgio Luti – ha continuato Biondi – fu un umanista eclettico, aperto a tutte le discipline e alla loro interconnessione (aveva fondato insieme a Pagnini la “Società italiana per lo studio dei rapporti tra Scienza e Letteratura”), ma soprattutto animato da una vocazione civile per lo studio delle lettere, senza schemi precostituiti, tanto che aprì percorsi nuovi di studio, in particolare il filone dedicato alle riviste e gli autori del ventennio fascista – un periodo ritenuto allora ‘politicamente scorretto’- scrivendo il famoso ( e ormai introvabile) saggio “Cronache letterarie tra le due guerre 1920-1940” (La Nuova Italia, 1966), recensito da Eugenio Montale sul “Corriere della Sera”. E se nel novembre di quell’anno l’alluvione sommerse la Biblioteca Nazionale, causando danni e intoppi, per fortuna l’allora quarantenne Luti già aveva a lungo consultato molti volumi e raccolte… Ricoprendo dal 1961 la cattedra di Letteratuta Moderna e Contemporanea, Giorgio Luti ha fatto spaziare i suoi interessi su autori amatissimi come Svevo, Montale, Ungaretti, Campana, Tozzi, Bilenchi e tanti altri del ‘700 e ‘800, ivi compresi D’Annunzio e il futurismo, aprendo con coraggio piste nuove di ricerca attenta e imparziale. Tenace il suo sodalizio con un altro grande italianista, Lanfranco Caretti, e con tanti altri nomi della cultura fiorentina, tra cui Mario Luzi”.
Ma anche nell’ultima difficile fase della vita, Luti conservò grinta e libertà espressiva, vivendo una sorta di vecchiaia non convenzionale, cercando di mantenere non solo un rapporto vivo con i cari libri e amici, ma anche un atteggiamento virile nei confronti del tormento imposto dalla malattia agli occhi, sulla scorta di quell’ottimismo lucido, di quella ungarettiana ‘allegria di naufragi’ che l’ha sempre sostenuto e che ha trasmesso a tutti, in primis ai tanti allievi che ancora (come chi scrive) lo ricordano non solo con affetto ma come un vero maestro di cultura e di vita.
Ci auguriamo che una giornata come questa si ripeta anche nella ‘sua’ Firenze, come è stato preannunciato da Enrico Ghidetti, collaboratore di illustri case editrici e docente universitario a Roma e Firenze. Nel 1997 i due curarono insieme il “Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento”. Ghidetti, ricordando la presentazione nel 1961 al Gabinetto Letterario-Scientifico Viesseux del saggio lutiano dedicato a Svevo, ha affermato: “Luti era un ricercatore straordinario, un grande editorialista, un interprete acuto del proprio tempo e soprattutto dotato di grande umanità: per me è stato come un fratello maggiore”.
E’ seguita la dettagliata relazione di Ilaria Rabatti, che ha curato per tre anni la complessa catalogazione del Fondo Luti, composto da oltre 11mila volumi tra libri, monografie, fascicoli e periodici, tra cui opere pregevoli per rarità (alcune esposte nelle bacheche antistanti l’auditorium) e spesso minutamente postillate e annotate dallo stesso studioso: libri ‘vissuti’ da parte di un lettore avido e attento, non certo un arido bibliofilo. Per espressa volontà del donatore, molti dei volumi catalogati saranno fruibili per il prestito.
Luti è stato anche direttore e antologista di importanti riviste letterarie (“Inventario”, “Il ponte”, “La Rassegna della letteratura italiana”…) e collaboratore di case editrici. Vasta, come già detto, la sua produzione critica, poliedrica e attenta la partecipazione al dibattito intellettuale.
“Occuparsi di letteratura vuol dire occuparsi di umanità, di vita”: queste alcune parole riascoltate con grande emozione dalla sua voce inconfondibile nel filmato proiettato alla fine della mattinata e realizzato nel 1992 in forma di intervista da Corrado Marsan per la rubrica “Siparietto”: qui Giorgio Luti è apparso nella sua intatta e forte personalità, autodefinendosi con umiltà un ‘onesto coltivatore’ delle lettere che ha cercato di porre al centro di tutto, “la scuola, la poesia, la vita degli altri”.
(Nella foto, Giorgio Luti è il primo a sinistra)
