Lo scrittore anglo-russo di gialli erotici dichiara di amare il Bel Paese ed i suoi giovani scrittori
di Viola Caon
LONDRA. Maxim Jakubowski è uno scrittore di gialli erotici di origini anglo-russe, cresciuto in Francia, innamorato dell’Italia. Questa intervista risale a un incontro durante la serie “In Conversazione” organizzata dall’Istituto di Cultura Italiana a Londra, dedicata ad ospitare scrittori inglesi che hanno a che fare con l’Italia.
Lei parla spesso della sua passione per i viaggi, in particolare di quelli in Italia. Che cosa la attrae di più del nostro paese?
Mi sento a mio agio in Italia. Avendoci trascorso molto tempo, ho avuto la possibilità di conoscere a fondo questo paese, la sua gente e la sua cultura e devo dire che più la conosco e più mi attrae. Ironicamente, sono cresciuto in Francia e, anche se sono affascinato dalla sua gente e dalla sua cultura, non mi sento di dire la stessa cosa al riguardo. Inoltre sono un grande fan dei sottovalutati in genere e credo che la cultura dei gialli in Italia, sia in termini di romanzi che di film, sia piuttosto sconosciuta e ingiustamente sottovalutata nel mondo anglo-sassone e credo che meriti più attenzione. Anche se sono stati fatti molti passi avanti in questo campo, resta il fatto che, in materia di gialli, tutto quello che proviene dalla Scandinavia viene immediatamente tradotto in Inghilterra, mentre i romanzi italiani, spesso chiaramente superiori a quelli scandinavi, vengono in qualche modo snobbati.
Lei conosce bene molti degli scrittori italiani contemporanei di gialli. Cosa ne pensa?
Mi piacciono molto e penso che siano innovativi e coraggiosi nel trattare temi e proporre idee che sono spesso evitate dai loro colleghi all’estero. Meglio di molti altri, gli scrittori italiani riescono a conciliare la trama pulp essenziale di stampo anglo-sassone con una visione in qualche modo unica che la storia e la cultura italiana ha impresso nelle loro coscienze. Come molti degli scrittori europei, gli italiani hanno un acuto senso per le vicende politiche e sociale, ma riescono meglio di altri ad inserirle nel tessuto narrativo. I francesi, ad esempio, quando si tratta di inserire temi politici nelle loro storie, assumono spesso un tono troppo predicatorio e a volte ovvio. C’è da aggiungere poi che il panorama letterario italiano è molto ricco e ci sono giovani autori che io stesso conosco poco che sono delle vere e proprie gemme. Isabella Santacroce, Tiziano Scarpa o Francesca Mazzucato sono tra questi. Mi piacerebbe molto che venissero tradotti in Inghilterra.
Lei è uno scrittore che ha molto a che fare con le case editrici e in generale con il mercato letterario, sia italiano che inglese. Ad esempio, è uno dei giurati del Festival della Letteratura di Courmayeur. Cosa pensa dell’editoria italiana? In che modo è diversa da quella inglese?
I miei rapporti di lavoro con l’industria letteraria italiana sono per lo più gestiti dal mio agente Roberto Santachiara, quindi non posso dire di conoscere bene la questione. Conosco bene però il mercato inglese, dove ho lavorato per molti anni. Devo dire che in questo momento stiamo attraversando un periodo interessante; con l’espansione degli e-book e dei grandi distributori via Internet come Amazon, gli scenari stanno significativamente cambiando. Molti dei giovani scrittori, a meno che non rientrano nella categoria dei best-seller, stanno incontrando sempre maggiori difficoltà nel trovare spazio di pubblicazione. Inoltre, anche le piccole case editrici, così come le piccole librerie, che in genere si occupano della promozione di nuovi talenti, stanno entrando in crisi. È un fenomeno piuttosto preoccupante, ma credo inevitabile.
I gialli sembrano avere sempre maggior successo tra il pubblico. Quale pensa sia il motivo?
I gialli hanno fatto sempre grande presa sui lettori. Credo sia principalmente perché ha in genere uno svolgimento molto chiaro, lineare e spesso logico. Nei gialli c’è una storia che si sviluppa da un punto A ad un punto B. Al contrario, in molta altra letteratura per così dire “impegnata” gli scrittori veicolano messaggi più profondi e complessi e spesso finiscono per indugiare e rallentare la narrazione. Il pubblico moderno non è più abituato. Con questo non voglio dire che i gialli sono superficiali, anzi. Spesso si fanno carico di approfondite analisi psicologiche e ritraggono ugualmente bene lo scenario storico-politico in cui sono ambientati.
Ha fatto riferimento prima alla mancanza di conoscenza della cultura italiana in terra anglo-sassone per motivi legati alla difficoltà di traduzione. Lei è del partito “traduttore=traditore”?
Tradurre è un’arte. Credo ci sia tanti traduttori quanti traditori. Ho tradotto io stesso alcuni romanzi dal francese all’inglese e non sono certo di aver fatto un buon lavoro. Un buon traduttore non solo deve essere accurato nelle proprie scelte, ma deve anche stare attento a restituire gli intenti nascosti dell’autore che sta traducendo, l’atmosfera che intendeva riprodurre quando ha scritto il suo romanzo. Inoltre, molte delle più celebri traduzioni sono piuttosto dei riadattamenti. Basti pensare ai leggendari risultati della traduzione di Baudelaire di Edgar Allan Poe.