
di Paola Dei
VENEZIA. Tre film di grande spessore aprono la 80 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 2023. Dopo la consueta cerimonia di apertura che ha seguito l’evento di pre-apertura dedicato a Gina Lollobrigida, al quale ha preso parte anche il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano assieme al direttore Alberto Barbera, al presidente della Biennale Roberto Cicutto e al direttore generale Cinema Nicola Borrelli, Larrain, De Angelis e Besson hanno dato un’impronta determinante a questa edizione della kermesse che, a causa dello sciopero degli attori di Hollywood, sembrava dovesse far rimpiangere gli anni passati. La Serenissima è viva più che mai e ci immerge nelle storie e nella grammatica filmica di tre opere già in lizza per qualche premio.
El conde di Larrain incanta con una parodia sul potere che rilegge la storia di Augusto Pinochet, il noto generale che l’11 settembre 1973 in Cile prese il potere, dando vita ad uno dei più crudeli regimi dittatoriali andati avanti fino al 1990. Vicende da horror che ispirano il regista a descrivere il generale come un vampiro centenario succhia sangue che continua ad avere peso sulla popolazione cilena anche a distanza di anni nutrendosi del cuore di vittime innocenti che continuano a tenerlo in vita. In un affascinante bianco e nero, funzionale anche a coprire le innumerevoli scene di sangue, il regista dopo Jackye e Diana torna alla regia con una opera geniale. Una voce fuori campo fa le veci di narratore onnisciente e dalla rivoluzione francese ci riporta fino si giorni nostri.
Anche Comandante di Edoardo De Angelis con un impeccabile Pierfrancesco Favino, che ha ufficialmente aperto la Mostra in sostituzione del film Challengers di Luca Guadagnino, è un’opera sul potere con sprazzi di umanità tutta italiana, che il regista evidenzia nella seconda parte.Tratto dalla storia vera del Comandante Salvatore Todaro, che in tempi di guerra salvó la vita ai marinai del mercantile nemico sopravvissuti, echeggia come un forte richiamo alla solidarietà ed al coraggio anteposti alla bruta logica dei protocolli militari. Valori che, mai come oggi, necessitano di tornare in vita. Un evento che evoca e ricorda la tregua del 1914 e la partita di pallone fra eserciti nemici. Edoardo De Angelis ha dichiarato: “Aprire l’80^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è per noi un grande onore per il quale ringraziamo il direttore Barbera. Comandante è un film che parla di forza e Salvatore Todaro ne incarna la sua forma sublime: combattere il nemico senza dimenticare mai la sua natura di essere umano. Pronto a sconfiggerlo ma anche a prestargli soccorso per salvarne la vita come prescritto dalla legge del mare. Perché così si è sempre fatto e sempre si farà”.
Luc Besson, che di capolavori negli anni ne ha regalati moltissimi, ci racconta invece una storia commovente: la genesi del dolore scarnificato fino in fondo senza pruderie o falsi sentimentalismi con la meravigliosa interpretazione di Caleb Landry Jones. I cani sono l’antidoto al dolore con un amore sincero e disinteressato.
“Di solito scrivo i miei film alle 5 del mattino per non essere condizionato dalla gente. In questo caso avevo letto su un giornale la storia di un bambino chiuso in una gabbia e mi sono chiesto chi potesse diventare da adulto: o un brigatista rosso o Madre Teresa”. È così che è nato il film che si sviluppa in un confronto serrato fra il protagonista e la psichiatra Evelyn. Un susseguirsi di colpi di scena e di figure di donne che nella vita hanno sofferto interpretate dal protagonista: Edith Piaf, Marilyn Monroe e Marlene Dietrich.
Personaggio borderline, freak frankensteinano il protagonista che evoca Edward mani di forbice (indossa tutori rigidissimi alle gambe), è una sorta di giustiziere alla Robin Hood (“aiuto gli altri e gli altri aiutano me”) e sbarca il lunario una sera a settimana cantando truccato da donna in un locale di drag queen, l’unico luogo dove viene accolto e accettato per la sua diversità. Vicenda che evoca Pan, il bambino infelice che quando fu accolto nell’Olimpo trovó la sua gioia. Besson non cerca scorciatoie nel raccontare la sua genesi del dolore e la trovata geniale di sovrapporre volti di donne uccise dal talento a quella del protagonista, diventano un tutt’uno che, come dice il protagonista stesso in uno dei momenti del film, accomuna più della parentela. Odore di Leone d’Oro, non foss’altro per la meravigliosa interpretazione di Caleb Landry Jones.