Massimo Tavanti rende omaggio a un
SIENA. La presentazione è stata insolita e divertente, intonata allo spirito di questo libretto da servire sulle tavole toscane durante le feste natalizie, quale alternativa alla solita tombola famigliare o da mettere sotto l’albero, che non pretende di correre per il Nobel della letteratura e pubblicato in proprio (di tasca sua…) dall’autore col titolo “Elogio del Soprannome – Bettolle, Valdichiana, Italia”.
Il libretto di 126 pagine è illustrato simbolicamente da una bella copertina a firma di Mauro Capitani, uno dei massimi pittori toscani contemporanei, nella quale una pianta secolare dotata di due occhi magnetici cattura i soprannomi trasformandoli in germogli che dopo la fioritura cadono a terra trasformandosi in radici sempre più profonde. Succede così infatti per certi nomignoli toscani, ad esempio “Cacasenno”, il protagonista di una novella del Boccaccio che ancora oggi bolla i cosiddetti “sputasentenze”. Magari con variazioni sul tema, ad esempio la storia di Cacabugie raccontata dal “Boccia”, il narratore della presentazione, il camionista bettolino che le sparava grosse (senza però avere il successo di Berlusconi come nel caso del milione di posti di lavoro) e giurò di essere stato rapinato di ben 3 quintali di grano durante un viaggio a Roma di soli 200 chilometri. Autori del misfatto gli uccelli, probabilmente grandi e grossi come quei pipistrelli ai tempi del dinosauri.
Lo spirito e gli scopi dell’opera di Massimo Tavanti, stimato dipendente dell’Ufficio Tecnico comunale di Sinalunga, autore di 200 corrispondenze all’anno per La Nazione e dirigente della locale squadra di calcio e nella Pro Loco di Bettolle, sono ben spiegati nella prefazione. Per cui una minuziosa e divertente ricerca sociologica, che in questo caso ha censito 500 soggetti, costituisce un recupero di una tradizione popolare e antica trasformandosi in una cinghia di trasmissione sociale, generazionale, culturale coinvolgendo vari livelli: la comunicazione, l’identità personale e famigliare e quella del borgo o del proprio contesto da utilizzare a volte anche quale prezioso toponimo e identificare attraverso soggetti curiosi i luoghi laddove la segnaletica è carente. E’ insomma via via il principio dei cerchi concentrici che si allargano via via toccando anche le rive più lontane, e quindi spazia in tutta Italia, dalla politica allo sport, dalla storia (da qui i soprannomi come Amba Alagi, ricordo delle sfortunate avventure coloniali, o Lumumba congolese) alla letteratura e lo spettacolo (i nomi d’arte dei pittori, quello di Trilussa o Moravia che si chiamava Alberto Pincherle, ik soprannomi storici come il Sommo Poeta per Dante o Il Vate per D’Annunzioi) ai fatti di cronaca (fatale ahinoi che alcuni contadini alle merende toscane siano stati ribattezzati Pacciani…).
Si dimostra senza la presunzione di farne una tesi che il soprannome è un “prodotto” italiano genuino e a buon mercato che da secoli , si consuma dalle Alpi alla Sicilia da ben Duemila anni, in salse diverse. Solo che all’origine aveva una sua logica e praticità utile ancora oggi, ed esempio nella Roma antica perché la ramificazione ristretta dei discendenti (o affini, come i liberti, gli schiavi che venivano aggregati dal signore…) di poche famiglie rischiava di creare dei doppioni. Si trattava di una spersonalizzazione, di una confusione pericolosa fra i tanti Mario Rossi d’epoca, oltre che problemi di ordine civico, come l’ identificazione anagrafica che ad esempio nel comune di Chioggia procede col soprannome che in dialetto Veneto si chiama “la menda” che potrebbe avere due origini, da ammenda, un “balzello” popolare inevitabile o rammenda,e cioè un ricamo del cognome dovuto a una professione, una caratteristica marcata del soggetto sia dal punto di vista fisico che del comportamento. In Garfagnana il soprannome serve a stabilire il ceppo famigliare, in Calabria a ricostruire le migrazioni, nella Valdichiama, di cui Bettolle è la principale porta d’ingresso dal nord con la sua storia che risale ancor prima che le paludi fossero bonificate perché pochi sanno, notizia inedita data dall’autore, che la cittadina fin dal 154 avanti Cristo era il bastione senese della Cassia, che toccava i borghi etruschi del viterbese e toccava Bettolle (forse da Bettola, luogo di ristoro ancor oggi di grande tradizione, come dimostra la fama di Angiolino Berti ribattezzato (da Italia7) “Il campione del mondo delle marmellate”). Qui arrampicatasi sul colle e oggi il suo corso principale, svoltava a destra verso Arezzo dove però non c’è traccia dello “sfondo, e mi propongo una ricerca su questo mistero perché non era inferiore per i commerci rispetto alla Francigena o Romea, merito quindi al console romano Cassio Longino che volle farla costruire per aggregare le conquiste etrusche di Roma o per i commerci con gli etruschi che si estinsero proprio con la nascita dell’impero romano.
Il metro del piccolo successo all’insegna di questo divertente faidatè letterario , benefico particolarmente per tenere lontano depressioni cupe, da autodafé , che in questo momento ci assalgono giorno e notte, è stata la partecipazione, registrare le oscillazioni esattamente come per le battute dei film di Pieraccioni, e capire lo spirito. Tutti sono stati al gioco. Dagli intervenuti che si rimpallavano soprannomi esilaranti, Calzino, Ciabatta, Santorotto, Rubacentimetri, Mezzolitro e così via, fino ai relatori presentati sotto mentite spoglie, Bandolo della Matassa, Boccia e Piedolone. Piedolone è il sindaco di Sinalunga, nonché deputato del Monte dei Paschi, Maurizio Botarelli. Il soprannome, ha spiegato, deriva dal padre (altra tradizione specifica della zona l’ereditarietà), di strada ne ha fatta Piedolone, perciò gli ha portato fortuna, come dimostra la sua carriera. Botarelli, notoriamente poco incline a a fare comunella, ha svelato per l’occasione un lato poco conosciuto del suo carattere, è stato il primo a divertirsi, ha rimpallato gli amici in platea, fra cui anche esponenti dell’opposizione, e tessuto l’elogio dell’Elogio del Soprannome “perché scrivere un libro non è una cosa scontata, alla fine è un libro di storia, di cultura popolare che suscita interesse, ed è anche la nostra storia di tutto i giorni, un piccolo pezzo della nostra vita, perché il soprannome serve anche a oliare i rapporti, a vedere i problemi nella giusta luce, e quindi è più che mai u’uscita gradita in questo momento”.
Il libro oltre alla schedatura dei 500 soprannomi, riassunti in ordine alfabetico, offre i soprannomi d’autore che ricostruiscono le origini di alcuni personaggi locali, una classificazione dei nomignoli, da quelli legati alla professione ai triviali con l’avvertenza che mai si scade nel volgare e nell’offensivo grazie alla lingua toscana. La prefazione del novelliere Bandolo della Matassa declina questa usanza con quella che si tramanda dall’alba della civiltà nel Bel Paese italico e anche fuori, la conclusione è affidata alla scrittrice aretina Patrizia Fazzi che bene spiega perché il soprannome abbia trovato nella Toscana la sua culla, grazie anche ai Rozzi e alla varie accademie popolari e culturali. All’interno anche un bel ricordo del pilota Simoncelli, opera di Carlo Canzano, grande firma del giornalismo motoristico e di Gazzetta-Sport Weekly, che spiega l’uso ufficiale e obbligato del soprannome, che fa capire perché per tutti fosse Sic o Supersic, quasi il personaggio di un fumetto.
Da parte sua Massimo Tavanti ha voluto dividere gli onori con la Compagnia del Soprannome che ha dato il là all’idea durante l’ultima estate, per cui il libro è stato realizzato in soli 4 mesi e sarà utile un aggiornamento. “I proprietari dei soprannomi resteranno rigorosamente anonimi, eccezion fatta per coloro che simpaticamente si sono offerti di scoprire il velo, e questo ci ha permesso di conoscere le motivazioni o le circostanze, spesso divertenti, che gli hanno riservato il dono che si meritano”
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