Intervento sul "caso Mazzarelli" in consiglio comunale

SIENA. Da Simone Vigni riceviamo e pubblichiamo.
“Il mio primo pensiero è per Giulia Mazzarelli, che, in questi due anni, ha affrontato con spirito di servizio e approccio unitario la sua esperienza di capogruppo, fin dall’inizio osteggiata dagli altri consiglieri, e con encomiabile riserbo, proprio, l’ultima fase nella quale, si apprende oggi dalla stampa, sarebbe stata più volte invitata a dimettersi adducendo motivazioni personali.
Più volte abbiamo compreso che i suoi voti di astensione – per noi incomprensibili – come quello sull’aumento della Tari, sui bilanci delle partecipate, o su alcune varianti urbanistiche prive d’interesse generali fosse stato obbligato dalla volontà degli altri consiglieri di condurre un’opposizione conciliante e collaborativa con la destra che amministra il Comune (senza spiegare il perché).
La sfiducia a Giulia Mazzarelli è certamente figlia di un PD cittadino che fugge dal cambiamento e ha una brutale logica di normalizzazione portata avanti dalla segretaria per conto dei soliti “manovratori”, che non vogliono perdere i benefici indotti da un partito debole e asservito alle logiche correntizie, ma anche perché non si vuole che la minoranza in Comune abbia un profilo combattivo, netto, alternativo alla destra per garantire il trasversalismo istituzionale, che non porta vantaggi alla città, ma li porta fuori dalla città e alle relative carriere connesse.
Viene da chiedersi se e da quando la segretaria Rossana Salluce sia stata informata di quanto stava accadendo nel gruppo e perché non abbia sentito il bisogno di informare gli organi dirigenti, a partire dalla direzione dell’Unione Comunale – riunita due volte in otto mesi – che si è svolta lo scorso 28 maggio. Se fosse così, sarebbe venuta meno a un suo preciso dovere, essendo segretaria di tutto il partito e non solo di coloro che l’hanno eletta.
Ritengo indispensabile la convocazione urgente di un organismo di partito – a partire dall’assemblea comunale o da un tavolo politico ufficiale – per valutare appieno quanto sta avvenendo. Siamo di fronte a un uso proprietario e discrezionale delle prerogative consiliari, che invoca formalmente l’autonomia dei consiglieri e l’assenza di vincoli di mandato, ma che, di fatto, produce effetti di esclusione politica e marginalizzazione interna. È lecito cambiare una guida consiliare. Ma è politicamente doveroso farlo in modo trasparente, motivato, e soprattutto all’interno di un quadro condiviso di regole e obiettivi comuni.
L’argomento dell’“autonomia consiliare” non può diventare il paravento dietro cui si consumano scelte, che rispondono a logiche di corrente, o a equilibri costruiti fuori dalle sedi democratiche del partito. Il gruppo consiliare non è un corpo separato dal PD, e tanto meno una proprietà di chi vi siede: è parte di un progetto collettivo, e come tale deve rendere conto politicamente, non solo numericamente. Non si è eletti con il simbolo del proprio casato ma con il simbolo del PD, questo è bene che sia chiaro.
Il metodo adottato in questa vicenda – convocazioni senza confronto, sostituzioni imposte sulla base di accordi preconfezionati – segna un precedente grave, che merita una discussione franca e pubblica. Non si tratta di difendere un nome o una figura, ma di ristabilire un principio: il PD è una comunità politica, non un condominio in cui bastano quattro firme per decidere chi resta e chi va.
Per questo, come rappresentante della minoranza interna, chiedo che gli organismi dirigenti del PD senese si assumano la responsabilità di aprire un confronto autentico e inclusivo, che non sia il ratificatore di decisioni già prese altrove, ma un luogo in cui si ragioni di linea politica, rappresentanza, pluralismo e trasparenza.
Se il PD vuole ricostruire la propria credibilità in città, deve partire da qui: dal rispetto delle persone, dei processi e della democrazia interna. Diversamente, ogni cambio di passo sarà solo un passo nel vuoto”.