
SIENA. Da Siena Pirata riceviamo e pubblichiamo.
“I dazi di Trump, veri o presunti che siano, ci dovrebbero ricordare due cose: la prima è che il mercato globale è fortemente dinamico e volubile, oltre che difficile da controllare, la seconda è che non andrebbe mai trascurato il mercato interno, molto più gestibile e stabile.
Dispiace dover leggere dell’allarme tra alcuni produttori senesi sull’attuazione dei dazi per il mercato USA, soprattutto quando questo mercato rappresenta una cospicua fetta delle vendite. Ci chiediamo, però, se questa non sia anche la conseguenza di aver trascurato forse un po’ troppo il mercato interno, soprattutto le capacità di spesa degli italiani, senesi inclusi.
I dati OCSE confermano che l’Italia è l’unico Paese europeo dove il potere d’acquisto dei salari è sceso: gli stipendi valgono sempre meno, in un contesto che vede il prezzo di molti beni di consumo salire inesorabilmente.
Le famiglie italiane stanno stringendo la cinghia, già da qualche anno, prima riducendo l’acquisto di servizi considerati superflui (come le ferie e viaggi, sempre meno, di minor durata e con un occhio crescente al portafoglio) per arrivare, addirittura, a dover risparmiare su spese importanti come quelle mediche, passando ovviamente per il vestiario e generi alimentari.
Non sorprende, quindi, che i prodotti locali, sicuramente di ottima qualità, vedano nei Paesi con maggiore potere d’acquisto il mercato di sbocco principale: banalmente, gli Italiani possono permettersi sempre di meno prodotti di grande qualità (e costi superiori), a beneficio invece di quei mercati che offrono prodotti meno costosi, seppure di qualità inferiore.
Forse la chiave per difendersi dai dazi sta qui, nel far rinascere il mercato interno. Aumentando i salari, per rendere finalmente competitivo lo stipendio medio italiano sua sul mercato interno che sui mercati esteri. Crediamo che una rivalutazione dei salari pari almeno all’inflazione sia l’unica strada per difendersi da un mercato globale sempre meno stabile e più incerto, con una Europa dove i salari crescono e in cui l’Italia è, da troppo tempo, fanalino di coda.