"I valori richiamati dal Magistrato possono rappresentare il fondamento di un nuovo umanesimo senese"

SIENA. Da Pierluigi Piccini riceviamo e pubblichiamo.
“Desidero esprimere un sincero ringraziamento al Magistrato delle Contrade per le parole misurate, ma incisive, che ha voluto rivolgere alla città in un momento tanto significativo. Il suo intervento non si limita a difendere, con equilibrio e rispetto, alcuni contradaioli coinvolti in una vicenda giudiziaria dolorosa, ma offre alla comunità senese l’occasione per una riflessione più ampia sul senso della Festa, sul valore delle relazioni sociali che essa custodisce e sulla direzione che la città sta prendendo.
Da senese d’adozione, e pur non essendo parte attiva della vita contradaiola, riconosco nella Festa del Palio non soltanto un evento di straordinaria intensità culturale, ma una manifestazione civica in cui si concentrano forme di appartenenza, di responsabilità diffusa, di educazione alla convivenza che meritano di essere comprese e rispettate, anche — e soprattutto — nelle loro espressioni più complesse.
Tra le righe del messaggio del Magistrato emerge una questione fondamentale: la perdita progressiva di quei codici non scritti che per generazioni hanno regolato i rapporti tra i senesi, dentro e fuori le Contrade. Un patrimonio di regole condivise, tramandate non per imposizione ma per osmosi, che garantivano equilibrio, riconoscimento reciproco, senso del limite. È anche da questa erosione silenziosa che si misura lo stato di salute della città.
I problemi sollevati in relazione al Palio — il ricorso crescente alla logica del controllo, la tensione tra spontaneità e sorveglianza, la crisi della fiducia — non sono estranei al contesto più ampio in cui oggi Siena si trova. Al contrario, ne sono un riflesso diretto. La città intera è chiamata a interrogarsi su come garantire sicurezza senza rinunciare alla libertà, su come coniugare passione e responsabilità, su come rigenerare il senso civico senza ricorrere solo a strumenti tecnici o repressivi.
La sfida che si profila è quella di attraversare le trasformazioni del presente portando con sé i valori migliori della tradizione senese, e non già rifugiandosi in essa. In questo senso, il mondo delle Contrade potrebbe rappresentare — se saprà aprirsi e rinnovarsi — un laboratorio di cittadinanza attiva, un riferimento non solo simbolico ma sostanziale per la città.
La domanda è legittima: sarà in grado il sistema contradaiolo di contribuire, con la forza della sua storia, a ridefinire il futuro di Siena come comunità viva, capace di riconoscersi nei propri riti ma anche nelle proprie sfide? E, facendo questo, potrà essere di stimolo per chi detiene responsabilità politiche, amministrative, culturali?
Ciò che viene definito “ordine” non può essere solo assenza di conflitto, ma deve essere il risultato di un equilibrio vissuto, costruito nel tempo, fondato su relazioni autentiche. In questo senso, non vedo una netta separazione tra la presunta sicurezza del controllo, oggi tanto cara alle istituzioni, e quella cultura della diffidenza che rischia di svuotare la vita pubblica. Sono due forme della stessa deriva: quella in cui il sospetto precede la fiducia e la norma prende il posto della relazione.
A fronte di questo scenario, i valori richiamati dal Magistrato — rispetto, misura, conoscenza reciproca, coraggio, responsabilità — possono rappresentare il fondamento di un nuovo umanesimo senese: un progetto culturale e civile che metta al centro la persona, la comunità e il senso condiviso del vivere insieme. Non per idealismo, ma per necessità storica.
Per questo, le parole del Magistrato delle Contrade assumono oggi un valore che va oltre la contingenza. Parlano alla città intera. Sta a chi ha responsabilità pubbliche raccoglierne il senso, e trasformarle in visione”.