Puntuale attacco della Lav: "Basta usare gli animali per il nostro divertimento"

ROMA. Sul sito della Lav è stato pubblicato ieri il seguente articolo.
“Già lo scorso anno avevamo chiesto al presidente del Gruppo Cairo Communication, Urbano Cairo, e al direttore di La7, Andrea Salerno, di interrompere la messa in onda del Palio di Siena. Avevamo scritto loro: “La trasmissione del Palio su una rete nazionale come La7, che nel 2023 è stata la sesta rete più vista in Italia, comunemente riconosciuta come canale di informazione e approfondimento, non fa che legittimare una pratica che, in un’epoca di crescente consapevolezza e rispetto per gli animali, dovrebbe ormai essere superata”.
Scegliere di trasmettere un evento centrato sul dominio, infatti, promuovere la visione collettiva di un rituale in cui gli animali vengono spogliati della loro soggettività e trasformati in strumenti funzionali al divertimento umano, rende le emittenti televisive complici di maltrattamento.
Abbiamo il diritto di usare animali per il nostro divertimento, quando esistono alternative culturali, sportive e artistiche che non comportano sofferenza? Se la risposta è no, allora il Palio è eticamente inaccettabile. E tutto ciò che lo sostiene, che sia un finanziamento, un applauso, una ripresa televisiva, contribuisce a mantenerlo in vita. Interrompere la diffusione di questo evento rappresenterebbe un segnale forte di progresso e compassione, in linea con i valori di una società che evolve verso il rispetto e la dignità di tutti gli esseri viventi.
Per questo oggi, che il contratto stipulato fra la La7 e il Consorzio per la tutela del Palio è in scadenza, siamo di nuovo a chiedere non solo a questa rete, ma anche ad altre fra le maggiori reti televisive italiane, coma la Rai, Mediaset, Sky e Warner Bros, di riflettere seriamente sulle implicazioni etiche della messa in onda del Palio di Siena.
“Appellandoci alla vostra sensibilità, vi invitiamo a prendere una posizione coraggiosa e a unirvi a noi nella promozione di un futuro più giusto e rispettoso, che non preveda la sofferenza animale”, ha chiesto la LAV.
Le modalità con cui si svolge il Palio espongono i cavalli a un rischio concreto e costante di incidenti, talvolta con esiti fatali. Nemmeno l’adozione delle misure di sicurezza più rigorose può eliminare del tutto la possibilità di cadute, traumi o decessi. Le caratteristiche tecniche della corsa e la conformazione della pista, in particolare le curve di San Martino e del Casato, fanno sì che la pericolosità non sia un elemento occasionale, ma insito nella struttura stessa dell’evento. Dal 1975, si contano una cinquantina di cavalli deceduti in modo ufficiale tra gare e prove; un numero che potrebbe essere sottostimato a causa della limitata trasparenza nella comunicazione dei dati. La stessa piazza del Campo testimonia, con dolorosa frequenza, la gravità delle conseguenze subite dagli animali impiegati in questa “manifestazione”.
C’è chi difende il Palio come una tradizione intoccabile, simbolo identitario e radice culturale. Ma la cultura non è ciò che abbiamo sempre fatto: è ciò che scegliamo di non fare più. E se vogliamo davvero celebrare la cultura, allora iniziamo a costruirne una che non si fondi sulla forza, ma sul riconoscimento. Anche quando l’altro ha quattro zampe, e nessuna voce per chiedere di essere lasciato in pace.