L'analisi di Enzo Martinelli
di Enzo Martinelli
SIENA. Nel nuovo consiglio regionale della Toscana gli elettori della provincia di Siena saranno rappresentati da due consiglieri, uno di maggioranza e uno di opposizione. Nel precedente consiglio, la destra senese non era rappresentata, mentre i partiti di maggioranza avevano quattro consiglieri: Bezzini (assessore alla sanità), Paris, Romagnoli (tutti PD) e Scaramelli di Italia Viva (vice-presidente del Consiglio).
Le recriminazioni e i piagnistei, che affliggono il personale politico del cosiddetto “campo largo” della città del Palio, hanno fondata ragione d’essere, perché la presenza nell’assise fiorentina è negativa rispetto al passato e non corrisponde al positivo risultato elettorale emerso dalle urne del territorio provinciale.
Due i bersagli del popolo rosso deluso: il segretario regionale del partitone e la legge elettorale toscana. Dunque una questione soltanto interna al PD. La legge elettorale toscana non è opera della Meloni, ma delle sempiterne maggioranze di sinistra, che a Firenze hanno ripartito le circoscrizioni, stabilito i criteri di selezione degli eletti e inventato il listino bloccato. Il tutto a favore delle province di Firenze e Pisa, che da tempo occupano e dirigono l’assemblea di Via Cavour e il governo di Palazzo Strozzi Socrati.
Al segretario regionale Fossi i dirigenti del PD senese hanno battuto le mani quando ha concesso a Bezzini, in deroga allo statuto, la candidatura per il terzo mandato. Ora lo accusano perché il colligiano, “graziato” nell’approntamento delle liste, non è stato confermato assessore.
Sta di fatto che a Siena le logiche del partito maggioritario purtroppo prevalgono sugli interessi istituzionali del territorio provinciale. Si continua ad alimentare la vecchia tradizione di “donatore di sangue” alle sorti del partitone, delegando come in passato, anche a livello nazionale, la rappresentanza politica a persone provenienti da altri lidi (Boldrini, Letta, Padoan, Boselli, Nencini, Bassanini, Amato eccetera).
Gli esiti delle vicende regionali avranno sicure ripercussioni nei travagliati organi del PD cittadino, da molto tempo diviso (almeno apparentemente) tra i conservatori degli attuali assetti di potere, attestati sulle posizioni della segretaria nazionale e gli aspiranti alla successione di area riformista. Il tutto nell’irrilevanza delle strutture periferiche seguaci del segretario provinciale Valenti, intento a richiedere invano un’unità sostanziale che non accenna di fatto a concretizzarsi sotto la Torre.
Un brutto segnale per le future competizioni elettorali quando si perde, pur avendo la maggioranza dei voti.






