
SIENA. Non ce l’ha fatta la piccola Ikram; la malattia che l’aveva colpita, una forma di retinoblastoma particolarmente aggressiva, ha preso il sopravvento e, nonostante le cure ricevute nell’ospedale di Siena, uno dei centri di eccellenza nella cura del tumore che colpisce soprattutto i bambini, e i progressi evidenti che avevano fatto sperare in un esito diverso fino a poche settimane fa, i familiari e la piccola comunità che si era costruita per sostenerli, il personale sanitario che ha seguito il caso con attenzione e professionalità, hanno dovuto arrendersi alla forza devastante del male.
Il cardinale Lojudice, la Caritas diocesana e tutta l’arcidiocesi si stringono attorno ai familiari della piccola Ikram.
La famiglia di Ikram, di origini marocchine, ma da molti anni in Italia, era arrivata a Siena da un paio d’anni e, su segnalazione del parroco era stata affidata all’attenzione della Caritas diocesana, che aveva così sperimentato una nuova forma di accoglienza e costituito una rete di volontari che, con il tempo, erano diventati la vera e propria famiglia italiana di Ikram, del suo fratellino Yanis e dei genitori, Fatima e Chouaib.
La sua esperienza avrebbe aperto la strada a nuove accoglienze e alla nascita del progetto “Amici di Bartimeo”, l’iniziativa della Caritas delle diocesi di Siena e Montepulciano che punta a coordinare tutte le azioni e le raccolte destinate allo scopo: Bartimeo era il cieco guarito da Gesù nel celebre episodio del Vangelo, e ben si prestava ad interpretare l’azione in favore dei bambini colpiti dalla malattia che colpisce la vista.
Ikram era una bambina forte. Aveva appena 5 anni, aveva sopportato con pazienza la fatica delle cure, dei viaggi, dei ricoveri nel reparto di pediatria dell’ospedale senese e dei centri collegati.
E a Siena lei e la sua famiglia erano circondati da una rete di affetti che ha reso meno pesante la fatica. Nel corso delle celebrazioni cateriniane dello scorso maggio, dal palco in piazza del Campo (nella fotografia), la sua famiglia aveva testimoniato la gratitudine per l’accoglienza ricevuta, e la speranza che, dopo una grande sofferenza, finalmente si potesse intravedere un raggio di speranza. Purtroppo non è stato così, ma l’eredità della sua esperienza sarà sicuramente di aiuto a quanti condivideranno in futuro l’accompagnamento di altri bambini in difficoltà.
«Dio ci ha concesso di averla con noi per cinque anni – ha detto il papà, Chouaib, quando ormai la malattia aveva deciso il suo futuro -. Ora continuerà ad essere con noi e veglierà sulle nostre vite dal Paradiso».