SIENA. Anna Maria Di Giacomo, responsabile del programma di sperimentazioni cliniche di Fase I/II del Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese e professore ordinario di Oncologia Medica presso l’Università di Siena, è il nuovo presidente eletto della FICOG, la Federazione Italiana dei Gruppi Cooperativi di Ricerca in Oncologia per il triennio 2027-2029. La nomina è stata ufficializzata nel corso del congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). La FICOG, attualmente presieduta dal dottor Giuseppe Procopio dell’Istituto Tumori di Milano, è un’associazione senza scopo di lucro che riunisce oltre venti gruppi cooperativi impegnati nella ricerca clinica e traslazionale sul cancro. Promossa da AIOM, la Federazione nasce con l’obiettivo di rafforzare la collaborazione tra i centri oncologici italiani, sostenere studi multicentrici no-profit e promuovere la formazione dei ricercatori e la condivisione di competenze tra clinici, accademici e istituzioni. Un modello che valorizza la ricerca accademica come motore di innovazione e strumento per garantire equità di accesso ai progressi terapeutici.
«Accolgo questo incarico con grande onore e senso di responsabilità – commenta la professoressa Di Giacomo –. In un contesto in cui la gran parte degli studi clinici è sponsorizzata dall’industria, è indispensabile rilanciare la ricerca indipendente, che rappresenta un pilastro della medicina basata sulle evidenze e una risposta concreta ai bisogni dei pazienti. Negli ultimi quindici anni – prosegue la professoressa -, la quota di sperimentazioni no-profit in Italia è calata dal 40% al 17%. È un dato che deve far riflettere. La ricerca indipendente non è alternativa a quella industriale, ma la completa: permette di generare conoscenze sull’uso ottimale delle terapie e di esplorare nuove strategie terapeutiche. L’impegno sarà quindi quello di continuare a rafforzare le reti cooperative, promuovere studi clinici indipendenti e semplificare i percorsi regolatori, affinché la ricerca accademica italiana resti competitiva e riconosciuta a livello internazionale».






