
SOVICILLE. Da Luciano Fiordoni (Comitato contro l’ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano) riceviamo e pubblichiamo.
“Se per più di un quarto di secolo l’aeroporto non è stato fatto, lo fanno ora?” Questa l’affermazione di saggezza popolare di un passante presente a un recente picchetto del Comitato davanti ai cancelli dell’aeroporto di Ampugnano.
Non solo non è stato fatto, ma sono stati sperperati rivoli di denaro pubblico-privato e sperimentati senza successo iniziative di finanza creativa (vedi fondo Galaxy) e veri e propri fallimenti.
Ora l’attuale governo di destra pianifica un investimento di denaro pubblico da parte di Enac, ente pubblico non economico, per il recupero di una struttura fatiscente di archeologia aeroportuale.
Il progetto come enfatizzato sulla carta avrà una connotazione “green”, adottando pratiche sostenibili volte a ridurre l’impatto ambientale, per consentire ad un turismo “alto spendente” di viaggiare con minori sensi di colpa per la propria impronta ecologica.
La letteratura sui “green airports” (vedi il “Green Airports Joint Initiative”) prevede una serie di condizioni; oltre al rispetto della qualità dell’aria e riduzione del rumore, anche la stretta collaborazione con la comunità locale.
In realtà, sia la comunità che le istituzioni di Sovicille sono state tenute fuori dell’iter decisionale, secondo la diffusa prassi privatistica di gestione della cosa pubblica.
Detto ciò, sarebbe utile capire, una volta realizzata la nuova struttura aeroportuale con un finanziamento di un ente pubblico non economico, quale formula è prevista per la gestione economica del bene, visto che Enac non ha finalità di lucro.
Quindi è da escludere una forma di impresa pubblica-privata e sembra prevalere una gestione privatistica del bene pubblico.
Come noto il privato persegue obiettivi di ritorno sul capitale investito, che certo non rispetteranno la natura “green” del bene, anzi, il gestore sarà portato a massimizzare lo sfruttamento economico dello stesso con una pesante ricaduta socio-ambientale.
L’attuale crisi politica ed economica internazionale più che in passato non fa ben sperare sul futuro del settore aereo: molte piccole strutture sono in crisi, altre chiudono.
Se in tale critico contesto il “green Ampugnano” divenisse “red airport”, chi verrà chiamato a coprire le perdite? Sarà nuovamente Enac, che – oltre a non avere finalità di lucro – non dovrebbe avere finalità di ripianamento perdite?
C’è da chiedersi come il territorio senese abbandonato a se stesso sul piano infrastrutturale ed economico abbia bisogno di queste operazioni di belletto politico “political green washing” per una prospettiva di sviluppo, che non sia meramente finalizzata al colonialismo turistico, povero o ricco che sia”.