E' compito dei giornalisti, dei blogger o di tutti?
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Libera informazione. Una bella idea. Un concetto che spesso, troppo spesso, risulta astratto, bellissimo e incomprensibile quasi quanto un’utopia. Non è facile parlare di libera informazione, come non è facile parlare di politica onesta, di calcio pulito, di economia etica, di globalizzazione rispettosa delle tradizioni, di “benzina verde”…
Ci hanno provato, ieri sera (12 giugno) a Palazzo Patrizi, quelli dell’Osservatorio civico senese. Un manipolo di persone che, durante la dettagliata presentazione dei loro scopi e delle loro caratteristiche, hanno voluto precisare di non avere una connotazione politica e di non volersi gettare nell’agone delle prossime elezioni amministrative. L’incontro dall’esplicito titolo “Press in the city” voleva stimolare il confronto sul ruolo della stampa nel dare la giusta informazione e voleva concentrare l’attenzione sulla distorsione di questa “vocazione” quando assoggettata a logiche di potere (economico o politico).
Altavolo dei relatori l’ex direttore de La Nazione Mauro Tedeschini (defenestrato per aver parlato con troppa libertà della crisi Mps, peraltro di dominio pubblico), il giornalista del Sole 24 Ore Cesare Peruzzi, il giornalista locale Alessandro Lorenzini, il mito del giornalismo senese Augusto Mattioli, il blogger e scrittore più rappresentativo dell’anticasta Raffaele Ascheri e il civista a oltranza Alessio Berni.
La più interessante novità della serata è stata… il pubblico. Una sala gremita ha mostrato di partecipare con particolare trasporto al confronto. C’erano politici (di opposizione ovviamente, di maggioranza manco a dirlo!), civici, volti noti e meno noti per la loro attività “sociale”.
Si respirava aria di riunione “muratoria” nonostante il cospicuo numero, ma pure, nello spirito collettivo, c’era un certo sollievo nel potersi esprimere con libertà su temi fino a qualche tempo fa relegati solo alla rete… un bel salto. In avanti, nonostante qualche tentennamento! Eh sì, perché, al di là della eccessiva diplomazia di Cesare Peruzzi (dato l’ambiente avrebbe anche potuto sbottonarsi un po’) della difesa a oltranza delle istituzioni cittadine e della stampa locale fatta da Alessandro Lorenzini (e ce ne vuole di coraggio, in tutti i sensi!) e pure di qualche intervento che ha lasciato perplessi per la scarsa comprensione, la platea era “calda”.
Bello l’intervento di Enrico Tucci (ex Consigliere comunale PdL) e quello dell’avvocato Luigi De Mossi. Entrambi (con i doverosi distinguo) hanno riconosciuto e disegnato l’anomalia senese dell’informazione ed hanno posto all’attenzione dei presenti le cause e gli effetti di questa distorsione. Dannosa, infine, per la città e per lo stesso potere che l’ha assoggettata. Tutto sbagliato! Tutto da rifondare! Scarsa chiarezza, scarsa professionalità nel dare le notizie (o nel non darle), operazioni di vera e propria manipolazione delle informazioni o, peggio ancora, denigrazione dell’avversario attraverso le pagine di un giornale: di tutto questo si è parlato, senza mezzi termini o comunque usando pochi eufemismi.
L’informazione senese, sotto la lente, ha mostrato la sua debolezza derivata dall’eccesso di aderenza al potere. Alla rete di interessi e clientele che sono sancite anche attraverso la pubblicità, o la esplicita partecipazione della banca a società che editano giornali, o a giornalisti che svolgono ruoli istituzionali in enti e banche e che poi scrivono pure sui quotidiani, si aggiungono forme di timore reverenziale anche non richiesto… insomma si diventa “più realisti del re”, perdendo addirittura la capacità di mediare tra il potere che vuole un servizio h24 e il mestiere che, ogni tanto (ma proprio tanto) chiede di non rimetterci in toto la faccia!
E pure di faccia si è parlato. Di quella che viene messa ogni giorno da chi scrive e poi si firma e da quelli (in rete) che scrivono ma si celano dietro un anonimato.
Non sono intervenuta ieri sera. Da modesta “pennina” mi piace ascoltare. Parlare meno. Ma su questo punto qualcosa da dire l’avevo anch’io.
Si è fatto riferimento a diversi blog nati negli ultimi tempi. Un fatto non casuale. Pur non amando, personalmente, “la maschera” guardo coloro che la indossano con l’attenzione e il rispetto che si deve a chi, comunque e in qualunque modo, esercita il proprio diritto di pensiero ed anzi rende pubblica la propria denuncia di fatti e persone che hanno commesso abusi di varia natura. A volte, anzi, mi rammarico di non sapere o potere appoggiare pubblicamente, con il mio lavoro, la loro denuncia. Se loro esistono è perché il nostro mestiere (quello dei giornalisti bravi e meno bravi) ha fallato. E su questo non si può discutere.
Il giornale che mi onoro di dirigere, a volte non ha la forza (in persone e in economia) di gettarsi a capofitto in tutte le questioni inerenti la città – anche perché questa città ultimamente darebbe troppo da lavorare anche alla redazione del Washington Post – ma ha sempre tentato di non far mancare un’informazione indipendente, ovvero libera da condizionamenti di sorta. Di ritorsioni se ne sono già viste. Amici, fino ad oggi, ben pochi. Anche tra quelli che dicono di volere un giornalismo che funziona. Ma i lettori no, quelli non ci mancano. A Siena e fuori. A dimostrazione che gli sforzi si vedono sebbene le “regole d’ingaggio” (frase dell’anonimo blogger Bastardo senza gloria intervenuto ieri, che mi ha infinitamente deliziato) tra blogger (soprattutto se anonimi) e giornalisti non possono essere messe sullo stesso piano. I blogger anonimi possono “menare duro” e magari lanciare provocazioni con disinvoltura. In un Paese civile non ci sarebbe bisogno di offendere e fare la voce grossa… ma in un Paese civile una banca non si sarebbe mai sognata di “bloccare” ai suoi dipendenti l’acceso a siti o blog “non graditi”. Da Fratello Illuminato a Mercato Libero…
Vogliamo davvero metterci a fare una sciocca gara tra chi è più bravo a fare cosa? O vogliamo, invece, cercare di raggiungere un obiettivo comune, ovvero dare libera strada alle informazioni, per consentire una maggiore consapevolezza collettiva?
Il momento di crisi è globale, profondo, quasi senza uscita. La soluzione non sta nelle fazioni ma nella obiettività e nella collaborazione, anche tra chi fa informazione, chi cerca nuove strade per comunicare e denunciare e chi ne fruisce. Vogliamo davvero cadere nel “dividi et impera” di chi vuole mantenere il potere? Vogliamo davvero nasconderci le verità? Vogliamo ancora eroi, supereroi mascherati, e vittime del sistema?
Il cambio di rotta che si chiede alla politica (locale e nazionale) e che si chiede all’informazione (locale e nazionale) deve cominciare dalla società, come ha ben detto Mauro Aurigi. E’ la democrazia vissuta profondamente e quotidianamente che, naturalmente, porta ad una politica più sana così come ad una informazione indipendente.
Inutile rivangare il passato e cercare di capire dove – e da quando – abbiamo sbagliato strada… se qualcuno ha capito dove riprendere il giusto cammino batta un colpo. E magari si firmi!