La rimodulazione delle scadenze dei Boc "da far tremare i polsi"

SIENA.Nello stesso giorno in cui un settimanale locale titola “Arrivano i soldi, tanto rumore per nulla”, facendo intendere che non è vero che la Fondazione sia senza soldi e che la crisi comunale poteva essere benissimo evitata, il Commissario prefettizio tiene una conferenza stampa e informa la città che quei soldi non cambiano affatto la situazione del Comune perché si riferiscono a vecchi bilanci ancora da chiudere (in particolare a quello del 2011 non approvato dal Consiglio Comunale proprio perché mancava la copertura).
Nella conferenza stampa il Commissario fornisce anche un quadro delle misure che ha già adottato, che in buone parte erano state frettolosamente individuate dalla Giunta uscente e che lasciano comunque ancora un disavanzo da coprire di oltre 10 milioni di euro. Un quadro desolante e dalle sorti ancora incerte, rispetto al quale dobbiamo dirci onestamente che di rumore questa città ne ha espresso veramente troppo poco.
Tra le misure illustrate da Laudanna ve ne è una che, per la tecnicità con cui è stata presentata (“Rimodulazione delle scadenze dei Boc”) non ha ancora attirato troppa attenzione. Ma se andiamo a leggere la delibera sul sito del Comune c’è di che far tremare i polsi.
Si vede infatti che “una parte del debito comunale” in BOC è costituito da 30 emissioni di titoli effettuate nell’ultimo decennio, detenute dalla Banca MPS, le cui rate sono state finora pagate con le elargizioni della Fondazione, ma il cui debito complessivo residuo assomma a ben 33,8 milioni di euro. La sola maxi rata scadente il prossimo primo di ottobre per il complesso di questi 30 debiti avrebbe superato i 4 milioni di euro e altrettanto il primo di aprile del prossimo anno. Il Commissario non ha avuto alternative e, come aveva già immaginato di fare Ceccuzzi, ha rinegoziato con la Banca questi debiti allungando tutte le scadenze finali al primo ottobre 2020. I “tassi fissi” a suo tempo pattuiti e spesso di una certa convenienza sono ovviamente saltati, sia per la situazione attuale dei mercati che per quel peggioramento del “rating” (cioè della classe di rischio) che il Comune ha recentemente subito e che qualche consigliere dell’ex maggioranza aveva liquidato come una bagattella di nessun peso.
Prima considerazione: a causa di questa ineludibile operazione di dilazione del debito, la restituzione di un capitale residuo di 33,8 milioni, che alle vecchie condizioni ci sarebbe costata circa 37 milioni e mezzo, ci verrà invece a costare oltre 40 milioni con rate di circa 2 milioni e mezzo a semestre a partire dal prossimo anno.
Seconda considerazione: per oltre dieci anni ci era stato fatto credere che con le risorse della Fondazione si stesse soprattutto manutenzionando la città (e già era criticabile una scelta di questo tipo che spostava sulla spesa corrente risorse da destinare agli investimenti). Grazie a quelle risorse, invece, ci si stava indebitando a dismisura ed il residuo di quei debiti ha raggiunto appunto le cifre di cui sopra e non era più restituibile secondo i piani di ammortamento preventivati.
Ultima considerazione. E’ naturale che i responsabili di quelle scelte sciagurate vogliano minimizzarne la portata, farle passare come un “incidente” senza alcuna paternità e giungere addirittura ad affermare l’urgenza di riaffidare a loro, al più presto, le sorti di Siena perché nessun tecnico, seppur capace, può competere con la politica “virtuosa” che essi rappresentano ed hanno rappresentato. Sta all’intelligenza dei cittadini scegliere come conviene trattarli. Meno naturale è che organi indipendenti d’informazione, compresi i nostri due autorevoli quotidiani, finiscano per “scherzare” su argomenti di questa portata.
Renato Lucci