La nostra città unica tra i capoluoghi di provincia toscani a menzionare i social network

Di Max Brod
SIENA. Il nuovo codice di comportamento per i dipendenti comunali si sta discutendo in moltissimi comuni italiani, con consultazioni pubbliche ed aperte ad associazioni e liberi cittadini, partendo da quello che è il testo normativo di riferimento: il Decreto del Presidente della Repubblica n. 62/2013, recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
Ogni amministrazione ha liberamente apportato modifiche al Decreto, aggiungendo o sottraendo articoli secondo la propria linea di pensiero e scatenando, in alcuni casi, forti polemiche. A Siena ha dato il “la” alla discussione la consigliera comunale Laura Vigni (Sinistra per Siena), che critica alcuni passaggi del testo proposto dal Comune, in particolare laddove è scritto che il dipendente si deve comportare “in modo tale da salvaguardare la reputazione dell’Amministrazione e promuovere la fiducia dell’opinione pubblica nei confronti della stessa” e si dovrà astenere “dall’esprimere, anche nell’ambito dei social network, giudizi sull’operato dell’Amministrazione che possano recare danno o nocumento alla stessa”.
In effetti i due passaggi sottolineati dalla Vigni risultano, almeno tra i capoluoghi di provincia toscani, abbastanza insoliti. Nei testi di Firenze, Pisa, Arezzo, Lucca, Prato, Pistoia, Massa, Livorno e Grosseto infatti, non vi è alcun riferimento all’espressione di giudizi sui social network, e non sembrano esserci nemmeno attenzioni così forti in merito alla “salvaguardia della reputazione dell’amministrazione”, bensì ci si attiene principalmente alla norma generale (il D.P.R.), che prevede, più genericamente, che il dipendente si astenga – salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali – “da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell’amministrazione” e da un comportamento “che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione”. All’espressione “immagine dell’amministrazione” si dà inoltre un significato prevalentemente comportamentale, ovvero, come specifica il codice per i dipendenti comunali presentato a Pistoia: “Tutti quei comportamenti che siano contrari al necessario decoro richiesto ad un pubblico dipendente, quali atteggiamenti maleducati, tracotanti o irrispettosi nei confronti di terzi, anche in rapporti di carattere privato, da cui possa in qualunque modo derivare danno d’immagine all’amministrazione”.
È vero che, in alcuni testi, le modalità di rapporto con la stampa si fanno, per i dipendenti, particolarmente ostiche: per esempio ad Arezzo, dove “nessun dirigente né dipendente può rilasciare dichiarazioni alla stampa o a programmi radiotelevisivi senza l’autorizzazione del Sindaco”; ma ci sono anche comuni nei quali si ammette il diritto di critica, anche apertamente polemico, purché rispettoso: “Il diritto di critica del lavoratore nei confronti dell’amministrazione – recita il testo proposto a Livorno – deve esplicarsi con modalità tali da non tradursi in una condotta lesiva del decoro della P.A. L’eventuale formulazione di opinioni ed espressioni, anche apertamente polemiche, oltre a rispondere a veridicità, devono essere rapportate a parametri di correttezza e civiltà, specie se tale critica è esternata pubblicamente”.
Un caso infine salta all’occhio se si guarda oltre i confini toscani. Si tratta di Ravenna, città anch’essa candidata a Capitale della Cultura nel 2019, dove ieri la Giunta si è divisa in merito al nuovo regolamento perché, secondo alcuni, è viziato da un passaggio che obbliga i dipendenti ad “astenersi da comportamenti, opinioni e giudizi che possano ledere l’immagine dell’amministrazione, anche nell’utilizzo dei social network nella vita privata”. L’Assessore alla Partecipazione ravennate, Valentina Morigi (Sel), ha dichiarato: «Non mi convince (…) chiederò delucidazioni. Se c’è già una normativa che afferma questo principio, è sufficiente fare riferimento alla normativa, tenendo presente il diritto costituzionale alla libertà di espressione”. Lo appoggia l’opposizione di Forza Italia, Alberto Ancarani, che chiede, in un’interrogazione, di “ritirare da subito la bozza” perché, dice il consigliere azzurro, “l’amministrazione comunale non è equiparabile a un’azienda privata”. E intanto qualcuno a Ravenna commenta, sotto la notizia online: “Capitale della cultura, che fa rima con censura”.