Lo scrittore de La Casta ai Mutilati rende nota la sua condanna nella causa per diffamazione intentata dalla Curia

SIENA. “Ci sono momenti in cui tacere diventa una colpa e parlare un dovere civile, non foss’altro per tutelare il “diritto di cronaca” per ogni cittadino di conoscere fatti o eventi che possano risultare di pubblico interesse“.
Questo è quello che devono aver pensato quei giornalisti di “fòri” che hanno partecipato all’incontro organizzato da Raffaele Ascheri, di concerto con il suo avvocato Luigi De Mossi, nella Sala dei Mutilati e Invalidi di Guerra, dove l’autore del libro “La Casta di Siena” commentava la condanna che il tribunale di Siena gli aveva inflitto, intimandogli il pagamento, a beneficio della Curia senese, di una somma pari a 250mila euro, quale risarcimento del reato di diffamazione a mezzo stampa: notizia che sulla stampa nazionale ha avuto un certo richiamo. Ma non sulla stampa locale.
C’è voluto l’intervento del condannato per dare visibilità alla pena inflittagli: lo stesso Ascheri infatti ha dato ampio risalto alla sua “sconfitta”, al contrario – come ha fatto notare l’avv.De Mossi – della controparte che ha tenuto un atteggiamento, invece, improntato sulla continenza: “forse perché le modalità con cui siamo arrivati al giudizio finale appaiono ben più che meritievoli di una profonda riflessione?” commenta l’avv. De Mossi, sottolineando come “il risarcimento richiesto appaia, oltrechè “significativo“, “inusitato”, “inusuale”, emesso per giunta “in via equitativa”, il che vuol dire senza nessun oggettivo riscontro su cui parametrare il danno subito dalla Curia.
“La sentenza – aggiunge De Mossi – cita poi il pieno proscioglimento di Monsignor Acampa su un procedimento ancora in corso”: il che appare, francamente, salvo fraintendimenti, piuttosto singolare, se, come dice anche la giornalista di Repubblica (citata dallo stesso avvocato) Franca Selvatici, sul processo in questione, ancora “una sentenza non esiste”.
Insomma, il legale di Ascheri pare intendere che i nodi da sciogliere sono di una tale portata che coinvolgono l’intera economia processuale, in cui alla difesa sono state dichiarate inammissibili anche chiare testimonianze, rese davanti ai Carabinieri, di alcuni testimoni a favore di Ascheri.
Purtroppo pare che il clima in città sia tale che certe notizie si possono avere solo da “cavalli di ritorno”, da echi lontani della stampa nazionale: praticamente assenti, infatti, i giornali locali, come assenti i grandi calibri della politica senese. Senz’altro molti di più i semplici cittadini che, oltre alla solidarietà personale al giovane professore, hanno mostrato grande sensibilità per la salvaguardia, fondamentale della democrazia, della “libertà di pensiero”, un diritto tanto importante quanto il diritto alla salute e quello alla felicità individuale. Numerosi infatti gli incoraggiamenti ad Ascheri da parte del pubblico, a fine dibattito, a non sentirsi solo nella battaglia a difesa della libera espressione del proprio pensiero e incitamenti ad aver fiducia ancora nella giustizia, che deve esser amministrata, secondo quanto prescrive la Costituzione con “onore” e “disciplina”, come ha ricordato l’avv. De Mossi.
Del resto un’opinione può essere giusta o sbagliata, ma deve comunque essere preservato il diritto ad esprimerla, senza timori di subire modalità processuali su cui “c’è da riflettere“.
Perché va bene credere in una giustizia divina, ma c’è anche la giustizia degli uomini, che pur non essendo perfetta, tutti i cittadini si aspettano giusta e proporzionata ai reati commessi.
Perché agire secondo “onore” e “disciplina” sia qualcosa di più che rispettare semplicemente la legge.
Ed infine, se è permesso dirlo: perché misericordia e perdono siano qualcosa di più che semplici parole da recitare dall’alto di un pulpito…
A.M.