Ai domiciliari il titolare dell'azienda e 3 suoi collaboratori

Nel corso di una verifica fiscale nei confronti dell’Azienda Olearia Valpesana S.p.A., con sede e stabilimento a Castellina Scalo, i finanzieri hanno rinvenuto – nel laboratorio chimico dell’azienda – alcuni quaderni manoscritti riportanti annotazioni di “tagli” di olii diversi e “distinte base” sulle quali erano indicate, in codice, le istruzioni per l’ottenimento di masse di olio rivendicato come olio extra vergine d’oliva.
“La disamina degli interessanti documenti acquisiti – recita il comunicato della Finanza -, sviluppata con la collaborazione degli ufficiali di P.G. dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari di Roma, unitamente agli esiti captativi delle intercettazioni telefoniche e telematiche, ha consentito di portare alla luce un meccanismo fraudolento, in atto sin dall’anno 2010, basato su una prassi molto estesa utilizzata dall’azienda che, dopo aver contrattato con i propri fornitori comunitari (Spagna e Grecia) ed extra CE (Tunisia), indicava nel registro ufficiale di carico/scarico telematico (S.I.A.N. Sistema Informativo Agricolo Nazionale) come olio di oliva vergine/extra vergine, partite di olio non aventi all’origine i requisiti merceologici per poter essere designate come tali”.
Tra la documentazione sono stati rinvenuti numerosi contratti di acquisto di partite di olio vergine/extra vergine da fornitori iberici recanti, accanto ai valori ufficialmente dichiarati, appunti manoscritti con le indicazioni dei reali parametri chimici (alchil esteri, perossidi e livello di acidità), notevolmente al di fuori da quelli previsti dalla normativa comunitaria per poter rivendicare un olio come extravergine di oliva. La copiosa documentazione extracontabile successivamente “incrociata” con le annotazioni ufficiali ha rappresentato un importante elemento indiziario a carico del quale sono state svolte, nel corso dei primi mesi del 2012, ulteriori e capillari valutazioni tecniche, che hanno permesso di stabilire la reale consistenza del fenomeno fraudolento in atto. Buona parte di tali forniture di olio, in relazione alle caratteristiche, erano classificabili come vergine e “lampante”.
Un olio di oliva per essere classificato come extra vergine deve possedere, tra l’altro, un’acidità inferiore a 0,8 grammi ogni 100 grammi di prodotto analizzato, un tenore di perossidi (indicatore del livello di ossidazione dell’olio) non superiori a 20 meq (milliequivalenti) di ossigeno ogni chilogrammo di prodotto analizzato ed un valore di alchil esteri non superiori a 75 mg per ogni chilogrammo di prodotto analizzato. Il valore di alchil esteri è stato individuato come parametro di qualità per gli oli extravergini, in quanto il metodo analitico utilizzato per la determinazione del contenuto permette di individuare false miscele di oli extra vergini di oliva e oli di bassa qualità e di capire se si tratta di oli vergini, lampanti o deodorati.
Le indagini hanno consentito di portare alla luce due diverse forme di frode realizzate, nel tempo, dall’Azienda Olearia Valpesana, mediante il proprio laboratorio chimico:
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miscelazione di oli di differenti categorie (vergine e lampante) al fine di addivenire all’assemblaggio – intervenendo con tagli in percentuale e con l’uso di oli cosiddetti deodorati soft (operazione fraudolenta per gli oli da olive commercializzati come extravergini o vergini di oliva) per ridurre l’acidità e quindi ottenere una classificazione commerciale migliore – di volumi di olio d’oliva extravergine comunitario con caratteristiche analitiche e parametri conformi alla vigente normativa, costituita dal Regolamento n. 61 del 24.01.2011 della Commissione Europea;
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miscelazione di oli di differente origine (Italia, Spagna, Grecia, Tunisia) e categorie (extra vergine, vergine) al fine di addivenire all’assemblaggio di volumi di olio d’oliva extra vergine 100% Italiano, ovvero 100% Greco.
Venivano così ottenute vere e proprie miscele utilizzando materie prime di origine greca e spagnola in percentuali talvolta pari al 30-40%. Il prodotto finale (ottenuto attraverso i due sistemi di frode) veniva rivenduto allo stato sfuso ad una serie di importanti aziende imbottigliatrici – ubicate in diverse regioni italiane – tra le più importanti a livello nazionale, che provvedevano al successivo confezionamento e cessione alle catene della grande distribuzione sul territorio nazionale ed estero. In taluni altri casi il prodotto era destinato direttamente ad aziende confezionatrici operanti all’estero.
Su delega del pm Natalini, l’Ufficio Centrale Antifrode dell’Agenzia delle Dogane di Roma ha poi collaborato alle indagini, offrendo il proprio proficuo apporto nello studio dei flussi di olio provenienti da Paesi comunitari ed extra CE e, successivamente, eseguendo le attività di analisi di laboratorio sul prodotto stoccato allo stato sfuso all’interno dello stabilimento.
A metà maggio 2012 il pm ha disposto ispezioni, perquisizioni domiciliari, aziendali, personali ed informatiche nei confronti dell’Azienda Olearia Valpesana S.p.A., del suo titolare – Francesco Fusi, di 48 anni – del direttore amministrativo, del chimico, degli addetti alle vendite e di un addetto alle operazioni di assemblaggio e filtraggio dell’olio.
Si è proceduto, contestualmente, ad ispezionare e campionare gran parte del prodotto oleario presente in azienda ed a perquisirne i locali sottoponendo a sequestro probatorio varia documentazione contabile, extracontabile ed informatica. Su richiesta del gip di Siena Ugo Belliniè stato effettuato un sequestro preventivo – tutt’ora in atto di complessive 7.722,22 tonnellate di olio di oliva sfuso, quale “corpo del reato”. Tra queste, 4.323,934 tonnellate riguardano olio ottenuto dalla illecita miscelazione con materie prima di categoria inferiore (quali oli di oliva lampanti e vergine) aventi caratteristiche qualitative di scarso pregio, che erano state abilmente assemblate al fine di giungere al giusto compromesso tra qualità e basso prezzo; le restanti 3.850,12 tonnellate di olio extra vergine di oliva sequestrato – dichiarato al 100% italiano – erano state invece ottenute dalla miscelazione indistinta di prodotti di origine spagnola e greca, venduto a numerose ditte imbottigliatrici ad un prezzo assolutamente in linea con le aspettative del mercato nazionale producendo anche in questo caso l’effetto falsato tra qualità e prezzo.
Alle attività di perquisizione informatica, sugli apparati aziendali e personali degli indagati, ha collaborato il personale specializzato appartenente alla Polizia Postale di Siena.
Il titolare dell’azienda – Francesco Fusi – è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Siena in data 11 maggio 2012, eseguita il 14 maggio e tutt’ora si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione.
Nella giornata di ieri (25 maggio) sono state eseguite altre cinque misure cautelari – tre arresti domiciliari e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziari – adottate su richiesta del P.M. titolare delle indagini che aveva accertato, mediante intercettazioni ambientali, condotte di inquinamento probatorio dagli altri coindagati che hanno illecitamente travasato e disperso in altre cisterne alcune partite di olio raffinato sulle quali le loro difese avevano richiesto incidente probatorio, eliminando così la possibilità di accertamento specifico in sede di eventuale perizia. Sono finiti agli arresti domiciliari il direttore amministrativo – Paolo Vannoni di anni 58 -, il chimico dell’azienda – Davide Passerini di anni 41-, ed uno degli addetti alle vendite – Stefano De Gregorio di anni 46. L’obbligo di firma trisettimanale è toccato ad un addetto alle operazioni di assemblaggio e filtraggio dell’olio – A.P. di anni 45 – e di una dipendente amministrativa – S.L. di anni 42.
I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere, finalizzata alla frode in commercio aggravata (perché si tratta di sostanze alimentari) e continuata, dal 2010 a tutt’oggi, e falsità continuata in registri ufficiali, nonché il concorso in violazione di sigilli e frode processuale. L’Azienda, inoltre, quale persona giuridica, è incolpata per illeciti amministrativi derivante dai reati di associazione per delinquere e di frode in commercio ai sensi del Decreto Legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Quello finora accertato costituisce un sofisticato meccanismo di frode che oltre, ad alterare fortemente gli equilibri di mercato a favore di un numero limitato di aziende, vìola le aspettative del consumatore che, ignaro del raggiro, acquista un olio venduto ad un prezzo altamente concorrenziale ma assolutamente privo delle caratteristiche indicate in etichetta.
In ogni caso il P.M. procedente non scioglie le riserve sulla possibile estensione del fenomeno che coinvolge numerosi operatori del settore, sia nazionali che esteri.