Il Centro di Immuno-Oncologia dell’Aous presenta al congresso ASCO i dati dello studio NIBIT-ML1

SIENA. La combinazione di un farmaco epigenetico con due immunoterapici ha dimostrato di migliorare la risposta clinica e la sopravvivenza libera da progressione di malattia nei pazienti con melanoma metastatico refrattario all’immunoterapia.
A dimostrarlo è lo studio clinico NIBIT-ML1 – promosso dalla Fondazione NIBIT e realizzato grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro nell’ambito di un programma “5 per mille” coordinato da Michele Maio, professore ordinario di Oncologia Medica dell’Università di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese e presidente della Fondazione NIBIT – i cui nuovi risultati sono stati oggetto di una presentazione orale, selezionata come “late breaking abtract”, il 1° giugno al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago. L’efficacia clinica osservata dimostra la capacità del trattamento di modificare il profilo epigenetico delle cellule tumorali e di riattivare quindi la risposta immunitaria contro il tumore.
Negli ultimi dieci anni l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di molti tumori solidi, compreso il melanoma. Grazie agli inibitori dei checkpoint immunologici, pazienti un tempo privi di opzioni terapeutiche hanno oggi possibilità concrete di risposta e sopravvivenza a lungo termine. Tuttavia, una parte rilevante di malati non trae beneficio da queste terapie. Capire come superare questa resistenza rappresenta una delle principali sfide della ricerca in immuno-oncologia. Ed è proprio in questa direzione che si muove il razionale dello studio NIBIT-ML1.
«I farmaci epigenetici – spiega il professor Michele Maio – possono rendere i tumori più riconoscibili dal sistema immunitario, riattivando geni che ne aumentano l’immunogenicità. È un approccio che studiamo da anni nei nostri laboratori e che oggi, grazie alla collaborazione tra ricerca traslazionale e clinica, trova una conferma concreta nei pazienti».
Lo studio NIBIT-ML1, presentato ad ASCO dalla professoressa Anna Maria Di Giacomo, professore ordinario di Oncologia Medica presso l’Università di Siena, responsabile del programma di sperimentazioni cliniche di Fase I/II del CIO della Aou Senese e coordinatrice dello studio, ha coinvolto 36 pazienti con melanoma metastatico, già trattati senza successo con inibitori di PD-1. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: metà ha ricevuto la combinazione epigenetica-immunoterapica (ASTX727 + ipilimumab + nivolumab), l’altra metà solo i due farmaci immunoterapici. Il trattamento con la tripla combinazione ha portato a una risposta obiettiva (ORR) – cioè una riduzione significativa del tumore visibile agli esami radiologici – nel 33% dei pazienti, contro il 17% del braccio di controllo. Anche il disease control rate (DCR), che misura non solo le risposte obbiettive ma anche i casi di malattia stabile (assenza di progressione di malattia), è risultato superiore: 56% contro 39%.
«Ma l’altro dato indubbiamente rilevante – aggiunge ancora il professor Maio – riguarda la sopravvivenza libera da progressione (PFS) a un anno, ovvero la percentuale di pazienti che non ha avuto progressione di malattia a distanza di 12 mesi: 43% nel gruppo trattato con la tripletta contro l’11% del gruppo di controllo».
Un risultato che indica chiaramente un beneficio clinico importante in termini di durata della risposta. Oltre ai risultati clinici, lo studio ha incluso un’analisi approfondita dei campioni tumorali prelevati prima e durante il trattamento. I ricercatori hanno osservato che il farmaco epigenetico è in grado di “sbloccare” l’espressione di alcuni geni silenziati nel tumore. In particolare, il cambiamento del profilo di metilazione ha attivato vie biologiche legate al funzionamento del sistema immunitario, rendendo il tumore più visibile e attaccabile.
«Abbiamo documentato una riduzione del livello di metilazione nelle cellule tumorali, con una conseguente attivazione dei linfociti T e B – spiega la professoressa Anna Maria Di Giacomo –. È la conferma che l’epigenetica può agire come un potenziatore dell’immunoterapia, soprattutto nei pazienti che non rispondono più alle cure immunoterapiche standard. In prospettiva, questi dati rafforzano la possibilità di introdurre nella pratica clinica strategie basate sull’uso combinato di immunoterapia ed epigenetica per affrontare forme particolarmente aggressive e resistenti di melanoma».
Alla luce dei risultati ottenuti, sarà avviata una nuova fase dello studio, che prevederà il reclutamento di ulteriori pazienti nei prossimi mesi. «Parallelamente, proseguiranno le analisi molecolari dei campioni già raccolti per comprendere più a fondo i meccanismi che determinano la risposta o la resistenza alla terapia. Il nostro obiettivo – conclude infine il professor Michele Maio – è costruire una medicina sempre più personalizzata. Se comprendiamo perché alcuni pazienti rispondono meglio di altri, potremo in futuro selezionare i trattamenti più efficaci per ciascuno, ottimizzando i benefici dell’immunoterapia».