SIENA. Incontro costruttivo tra l’Azienda ospedaliero-universitaria Senese e l’ANMIL Toscana. Il direttore generale, Antonio Barretta, ha incontrato il responsabile della Commissione tecnica tumori e malattie professionali ANMIL Toscana, Daniele Manetti, nel corso di un incontro dedicato al percorso di cura dei lavoratori ex-esposti, a cui hanno partecipato anche la direttrice sanitaria, Maria De Marco, per ANMIL Alessandro Lari, presidente della sezione di Firenze, Roberto Chiappone, presidente della sezione di Siena, Lido Berti e Massimo Gori e i professionisti della Medicina Preventiva e Sorveglianza Sanitaria, diretta dalla dottoressa Simonetta Fabrizi, con la dottoressa Antonietta Gerardina Sisinni, referente regionale per la sorveglianza degli ex esposti all’amianto che segue in particolare le attività di Medicina del Lavoro, considerando che Siena è Centro di II Livello della Regione Toscana a cui afferiscono pazienti non solo dalla Regione ma da tutta Italia.
«La nostra Azienda ha sempre avuto una grande attenzione e una specifica competenza nei percorsi di cura delle malattie professionali – spiega Antonio Barretta – e la collaborazione con ANMIL è per noi fondamentale per garantire a tutti i lavoratori ex-esposti e a tutte le persone che ne hanno necessità, percorsi di cura multidisciplinari e dedicati».
«La collaborazione con la Medicina del Lavoro di Siena – dichiara Daniele Manetti – nasce nel 1999 ed è per noi un punto di riferimento essenziale ed un centro di eccellenza in cui abbiamo inviato centinaia di lavoratori e pensionati esposti alle sostanze cancerogene ed è grazie soprattutto alla collaborazione con il reparto senese che nel 2018 ho ricevuto dal Comune di Casale Monferrato il prestigioso premio Eternot. La Medicina del Lavoro di Siena ci offre anche un importante supporto per il riconoscimento delle malattie professionali, per quelle ad alta frazione eziologica e soprattutto per quelle a bassa frazione eziologica, è un tema complesso che coinvolge epidemiologia, medicina del lavoro e normativa sanitaria. Alta frazione eziologica indica che la malattia è molto diffusa nella popolazione generale, quindi può essere causata da fattori ambientali, non solo lavorativi. Bassa frazione eziologica significa che solo una piccola parte dei casi può essere attribuita con certezza a cause professionali. Queste caratteristiche rendono difficile dimostrare il nesso causale tra l’attività lavorativa e l’insorgenza della malattia ed è quindi importante poter contare su un centro con alte competenze».
«La Medicina del lavoro – spiega la dottoressa Fabrizi – si pone l’obiettivo di evitare che le patologie oncologiche o pneumologiche sfuggano alla correlazione con la pregressa o attuale attività lavorativa e, pertanto, non inquadrate come patologie professionali. Se un caso è intercettato, il paziente viene indirizzato verso la consulenza del medico del lavoro o il percorso specifico nell’ambito dell’ambulatorio di II livello della medicina del lavoro per accertamenti mirati, al fine di avviare i necessari adempimenti medico-legali».
È quindi importante che i lavoratori ex-esposti a cancerogeni vengano valutati con un primo controllo clinico in termini globali per la diagnosi ed il riconoscimento di eventuali patologie professionali e per la caratterizzazione dell’esposizione. Si rende così possibile sottoporli successivamente a controlli periodici secondo i criteri di efficacia ed efficienza (ossia tanto più frequenti quanto maggiori siano il livello di rischio individuale, l’evidenza di alterazioni subcliniche attribuibili al rischio specifico e la presenza concorsuale di fattori sinergici).
«Il paziente che accede dai Servizi di Prevenzione, Igiene, Sicurezza dei Luoghi di Lavoro dell’Azienda Sanitaria Locale (PISLL) o tramite CUP o in consulenza da specialisti della nostra Aou – aggiunge la dottoressa Sisinni – è preso in carico dal medico del lavoro che per avviare un’assistenza di II livello coordina un processo assistenziale di presa in carico globale, nel quale gli accertamenti mirati per la sospetta patologia correlata con l’attività lavorativa si integrano con percorsi specialistici dedicati, compreso il supporto psicologico. Il paziente è pertanto messo “al centro” del suo percorso di cura. Si applica inoltre l’assistenza sanitaria di III livello per quei pazienti per i quali sono rinvenute lesioni sospette per neoplasia. In questi casi – prosegue la dottoressa Sisinni – il lavoratore ex-esposto esce dal percorso di sorveglianza sanitaria e viene discusso in ambito multidisciplinare per stabilire l’iter diagnostico-terapeutico più appropriato. In caso di conferma del sospetto neoplastico il paziente viene preso in carico dagli specialisti del caso».
Pertanto la Medicina del lavoro ha il fine di intercettare e diagnosticare le malattie professionali; presa in carico globale dei pazienti ex esposti per un inquadramento diagnostico-terapeutico che è volto a risolvere bisogni di cura complessi, agevolando l’accessibilità alle prestazioni (con l’esecuzione degli approfondimenti specialistici necessari in un solo giorno o comunque in un numero limitato di accessi) e garantendo la continuità assistenziale; e propone, inoltre, l’attivazione del percorso psicologico, sia per i pazienti con patologie oncologiche di origine professionale, che generalmente manifestano ansia, depressione, disturbi somatici e una certa tendenza al ritiro sociale, sia per i familiari. Sono quindi evidenti in questo programma le finalità di tipo etico-sociale anche di supporto nell’iter medico-assicurativo di riconoscimento della patologia professionale.
Nel 2024 in quest’ambito le prestazioni ambulatoriali, di consulenza e in Day Service sono state 313 di cui 135 con esenzione regionale D99. Nel primo semestre 2025 sono già 151.






