La grande finanza ama lavorare con i soldi dei governi, come fu per Antonveneta

di Red
SIENA. Il fatto che Fabrizio Viola abbia consegnato alla Commissione Ue il piano industriale di MPS non ha eccitato i mercati. La banca ha comunicato che i particolari saranno resi pubblici solo dopo l’approvazione di Bruxelles, ma alcune indiscrezioni già circolano assieme alle dichiarazioni del consigliere provinciale Pd Taccioli sulla bontà dell’eliminazione del vincolo del 4% (per preparare i senesi all’ineluttabilità dell’avvenimento e convincerli che un nuovo socio – che succhierà i dividendi che verranno avendo investito praticamente niente, grazie all’azione di coloro che l’hanno messo in sella – sarà una bella cosa per Siena). L’ambiguo atteggiamento del Partito Democratico nell’asfittica campagna elettorale senese nasce proprio dalla volontà di non esplicitare a livello locale le decisioni prese a Roma nei corridoi della Direzione Nazionale in proposito ed evitare contestazioni e perdita di consensi.
Ai mercati interessa di più il differenziale sul decennale Btp/Bund a 275 punti base registrato nella mattinata e infatti col passare dei giorni l’auspicata inversione di tendenza sul titolo MPS non si vede. Se lo spread non scende, i 4,09 miliardi di Monti bond rischiano di dover uscire dalla tasca del nuovo investitore segreto di Profumo e non essere una semplice partita di giro.
Bloomberg News riporta che Guido Rosa, presidente dell’Associazione delle banche estere in Italia, ha così fotografato la situazione attuale di Rocca Salimbeni in una intervista telefonica: “E ‘difficile per una banca straniera accontentarsi di una quota di minoranza, e la governance del Monte Paschi è molto complicata. Ci sono pochissimi casi di consolidamento che coinvolgono le banche italiane che possano attrarre investitori stranieri.” E ha aggiunto: “Nella situazione attuale non vedo una possibilità di crescita per le banche estere; l’Italia ha bisogno di riforme strutturali. Se il governo non prende misure concrete entro l’autunno il rischio di disimpegno da Italia dagli istituti di credito al di fuori diventa più concreto.” Niente di nuovo in relazione alla banca senese, quindi le voci su Santander devono considerarsi attuali a tutti gli effetti. D’altra parte se la Magistratura teme che esista una plusvalenza nell’affare Antonveneta che non abbia preso la strada di Boadilla del Monte (la sede di Santander a Madrid), sarebbe possibile che, ripuliti dallo scudo fiscale, siano pronti i capitali per riprendersi la proprietà dell’istituto di credito più antico del mondo. Una truffa da far invidia a Totò al Colosseo, perpetrata con l’egida delle leggi nazionali italiane e internazionali.
D’altra parte Emilio Botin c’era già riuscito in quest’affare. Nel 2007 comprò Antonveneta senza tirare fuori dalla tasca un euro, e ne fu proprietario giusto i minuti necessari a trasferirne al proprietà a Mussari. La prova che il rischio di questo mega-acquisto fu rovesciato sin dall’inizio sui cittadini e sui governi “è nelle carte di Santander, Mps e Antonveneta, dove sono raccontati passo dopo passo i dettagli del passaggio di un folle gioco di promesse di vendita futura da 71 miliardi di euro: cioè l’importo – ma solo nominale, perché nessuno aveva i quattrini veri – dell’acquisto del gruppo Abn da parte della cordata composta da Santander, Royal Bank of Scotland e Fortis, un gruppo assicurativo olandese, dissanguatosi – come Scotland, poi salvata dal governo britannico – in una scalata avvenuta senza soldi e, infine, soccorso dal governo de L’Aja”.
Chissà se i vari referenti politici locali che tanto si spesero per magnificare agli occhi del popolo senese la beltà di un simile acquisto si sono mai resi conto di essere stati pedine di un gioco criminale d’alta finanza. Nel gioco si è verificato in serie il fallimento di Royal Bank of Scotland, Fortis e (praticamente) Monte dei Paschi, ma il Santander di Botin è sempre in sella. Ci sarebbe da chiedersi quali alleanze impensabili si stiano saldando adesso per favorire il ritorno degli spagnoli a Siena. Un fatto che storicamente non ha mai portato bene alla città.
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