Ricostruito l'iter di acquisto e dei flussi di denaro illecito
di Red
Fu l’advisor Rothschild a stabilire i primi contatti nell’agosto 2007, mentre ”era ancora in corso il take over del consorzio estero costituito per l’acquisto di Abn Amro” e Rothschild ”era impegnata nella difesa della banca olandese dall’Opa ostile del Santader’, si legge nell’informativa delle Fiamme Gialle’. E si seguita con la notizia che personale della Rothschild ad agosto incontrò il presidente del Santander Emilio Botin, ”in quanto lo stesso sembrava non fosse interessato a mantenere le suddette attivita’ italiane”. Il banchiere conferì ad Alessandro Daffina “un mandato esplorativo per verificare l’esistenza di eventuali soggetti bancari interessati a rilevare il Gruppo Antonveneta”… “con o senza la partecipata Interbanca”. Per Santander ”era importante vendere nel breve periodo senza dover necessariamente attendere il materiale passaggio della banca italiana da Abn Amro a Santander”. Daffina dovevadovuto cercare un acquirente che ”avrebbe dovuto inoltre accettare la condizione, ‘non negoziabile’ di rilevare Antonveneta senza alcuna ‘due diligence’ preventiva”.
Nell’informativa è riportata anche una email del 29 ottobre 2007 in cui Daffina proponeva a Mussari una bozza di lettera da inviare a Botin. In essa si legge che l’acquisizione di Antonveneta sarebbe, per Mps, una ”opportunita”’ che avrebbe una ”importanza straordinaria” e che dunque vedrebbe il ”pieno supporto dei nostri azionisti”. Nella bozza di lettera suggerita da Daffina si legge anche l’assicurazione che ”conosciamo estremamente bene Banca Antonveneta” e che ”saremmo in grado di chiudere l’operazione in tempo molto rapidi e con piena soddisfazione reciproca”.
Tra il 2009 e il 2011 nell’area finanza della Banca Mps, diretta da Gianluca Baldassarri e dal suo vice Alessandro Toccafondi sono state commesse “operazioni illecite”. E’ quanto emerge di decreti di sequestro probatorio presso terzi emessi dalla Procura di Siena. Gli illeciti sarebbero stati commessi “attraverso riconoscimenti illegali e paralleli veicolati nell’ambito di operazioni diversamente denominate intrattenute con collaterali, tenuto conto anche della sproporzione degli importi scudati rispetto alle entrate ufficiali degli indagati e a tutte le altre fonti di reddito a loro riconducibili”. Ricordiamo che la cifra sequestrata ieri dalla Finanza è di 40 milioni.
I magistrati affermano la ”sicura provenienza illecita delle liquidità e dei totali complessivamente amministrati (a mezzo fiduciarie)” che hanno ”evidente valenza dimostrativa degli ipotizzati reati posti in essere dagli indagati” mediante ”reiterate condotte fraudolente” con ”lo stabile contributo dei sodali che garantivano adeguato supporto e connivenze, nell’ambito di una struttura plurisoggettiva organizzata (area finanza BMps) ove gli stessi hanno assunto un ruolo verticistico e di organizzazione della associazione criminale”.
I beni oggetto di sequestro costituiscono per gli inquirenti “elemento oggettivo di valutazione istruttoria” e pertanto ne va “salvaguardata l’integrità materiale e la non dispersione, onde non compromettere la proficuità degli accertamenti”. E ciò “stante anche il concreto rischio di dispersione” delle somme in questione, “potendo essere fatte oggetto di ulteriore negoziazione anche in ragione del clamore mediatico della presente indagine”. Le indagini, infatti, si legge nel decreto di sequestro dei 40 milioni, puntano ora “a stabilire la provenienza, la destinazione, i relativi flussi di reimpiego e le eventuali retrocessioni delle somme ovvero delle liquidità sequestrande”. Insomma, Nastasi, Natalini e Grosso vogliono capire i movimenti dei flussi di denaro scudati da un numero imprecisato di indagati. Dovranno quindi arrivare “a stabilire la provenienza, la destinazione, i relativi flussi di reimpiego e le eventuali retrocessioni delle somme ovvero delle liquidità sequestrande”.
E non è finita qui…
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