Mussari, Vigni e altri ex dipendenti "calendarizzati" in Procura

di Red
SIENA. Ieri (2 febbraio) sono stati notificati gli avvisi a comparire agli ex dirigenti del Monte dei Paschi. Il primo della lista, ovviamente, è l’ex presidente Giuseppe Mussari, convocato per lunedì pomeriggio. A ruota gli altri: l’ex direttore generale Antonio Vigni sarebbe in calendario mercoledì. I reati contestati dai magistrati vanno dall’associazione a delinquere alle false comunicazioni, alla turbativa e alla truffa. Sabato prossimo, nell’agenda dei Pm, è stata fissata la deposizione di Alessandro Daffina, il banchiere che – per conto della Rothschild Italia – curò la trattativa tra Santander e Mps. Nella valanga di documenti utili alle indagini ci sarebbero alcune mail tra funzionari che proverebbero gli accordi illeciti.
Le contestazioni. 1) la procedura seguita nel 2007 per comprare Antonveneta dal Banco Santander per 9 miliardi e 300 milioni di euro, vale a dire 3 miliardi in più di quanto gli spagnoli l’avevano pagata due mesi prima 2) la regolarità del contratto Fresh siglato nel 2008 con Jp Morgan (formalmente una sottoscrizione di aumento di capitale da parte della società americana, in realtà un oneroso prestito che coinvolge anche la Fondazione che ne rimarrà travolta) 3) la scelta di investire nei «derivati» per cercare di ripianare i debiti provocati dall’operazione.
I magistrati avrebbero accertato come ci possa essere stata, nell’operazione, una plusvalenza divisa tra venditore e compratore. Ipotesi confermata dal manager dell’Area Finanza, collaboratore stretto di Baldassarri, che da alcune settimane collabora con gli inquirenti. Baldassarri è indagato, ma al momento non risulta tra i destinatari degli avvisi. Evidentemente la Procura intende vagliare altri particolari della questione prima di coinvolgere la “mente finanziaria”.
Il banchiere Daffina, nell’interrogatorio del marzo 2012, aveva affermato: “Nella serata del 6 novembre 2007 erano presenti sul tavolo due offerte: quella di Mps elevata a 8 miliardi e 250 milioni di euro e quella di Bnp che non si scostava molto dagli otto miliardi di euro. Nell’incontro conclusivo avvenuto a Madrid il giorno dopo Botin mi riferì di essersi accordato con Mussari il quale aveva accettato tutte le condizioni di ordine al corrispettivo elevato a 9 miliardi di euro”. Un dettaglio che farebbe pensare a un patto segreto tra acquirente e venditore.
Riguardo al contratto Fresh 2008, che tanti rilievi ebbe all’epoca dalla Banca d’Italia che ne richiese la riscrittura, oggi chiosa l’accusa: “È interessante sottolineare come, anche in questo caso apparentemente alternativo all’ equity swap , l’operazione è strutturata in modo da addebitare a Mps l’onere cedolare del Fresh. Si richiama la sequenza di mail del 10 aprile 2008 nelle quali il documento predisposto per il consiglio di amministrazione della banca che inizialmente indicava in capo a Mps l’onere cedolare del Fresh “durante la vita del Fresh paga una cedola”, a seguito delle osservazioni del manager Massimo Molinari venne rettificato mediante l’eliminazione di qualsiasi riferimento alla banca quale pagatore delle cedole in questo modo: “durante la vita, il Fresh paga una cedola”. Ma una parte del Fresh (490 milioni di titoli) fu acquistata dalla Fondazione Mps attraverso Credit Suisse (300 milioni) e Mediobanca (190) milioni. A quel tempo si disse perché Mancini non voleva diluire il 56% di Rocca Salimbeni nel suo portafoglio… E se invece fosse stato l’avallo di garanzia preteso da JP Morgan per diminuire il rischio di un bond ibrido, di durata perpetua, rimborsabile solo con azioni Montepaschi allo scattare di una determinata soglia di prezzo in Borsa (sopra i 5 euro)?