Mancini deve spiegare il perchè, dato che i debiti sono stati rinegoziati

di Red
SIENA. Il 15 maggio 2012, all’atto della scadenza dello standstill con i creditori, la Fondazione MPS comunicò di aver raggiunto un accordo con il pool del finanziatori dell’ultimo infruttuoso aumento di capitale di banca Monte dei Paschi. Rimborso cash di circa 664 milioni e spostamento delle rate successive per un totale di 350 milioni al 2017, se non all’anno seguente. Con il ritorno alla redditività promesso dal Tandem entro il 2015 e l’oculata gestione del Fondo di stabilizzazione delle erogazioni, abbastanza semplice da gestire visto che le amministrazioni fin qui beneficiate nell’ultimo anno hanno dovuto prendere atto nei loro bilanci che da Palazzo Sansedoni non sarebbe arrivato più nulla, si disse che la Fondazione avrebbe potuto sopravvivere, seppur ridimensionata. Ora, come il Sole 24 Ore e altri quotidiani scrivono oggi, Gabriello Mancini ha espresso la volontà di “vendere almeno il 10% di Montepaschi. La Fondazione Mps, azionista di maggioranza relativa (34,9%) del gruppo senese, si prepara a cedere un consistente pacchetto di titoli per fare cassa e rimborsare l’ultima parte d’indebitamento (350 milioni) che ancora la vede esposta nei confronti di un pool d’istituti di credito di cui è capofila JpMorgan.
Ma fino all’altro ieri aveva proclamato che non ci sarebbe stato bisogno, se non quello di cedere – se il mercato fosse risalito a un valore dell’azione intorno a 0,42 euro – quell’1,4% previsto ma che le condizioni di mercato in discesa alla metà del marzo 2012 non hanno consentito di alienare. Perché? La risposta è decisamente politica. Non c’è alcuna urgenza da parte dei creditori di incassare anzitempo quanto concesso lo scorso anno. A giugno la città di Siena avrà un nuovo sindaco. L’inania del Partito Democratico nell’intervenire nelle questioni senesi è evidente. Serve ad acclarare la non ingerenza nelle questioni locali, a cercare di dimostrare che il gruppo dirigente romano nulla avrebbe a che fare con i vari Mussari, Ceccuzzi, Mancini e via dicendo. Tanto da aver messo in conto che la casacca del sindaco, per la prima volta dal secondo dopoguerra, potrebbe cambiare colore politico. A questo punto si aprono due scenari possibili.
Primo. Il nuovo sindaco trova un Mancini a fine mandato non rinnovabile che gli consegna una Fondazione col 33,5% delle azioni della banca. Il nuovo presidente e il nuovo provveditore hanno potere di incidere sui movimenti, le scelte e la volontà del Tandem, essendo azionista di maggioranza in rappresentanza della città. Trasparenza, cassetti aperti, casseforti spalancate: i responsabili dovranno rendere conto alla Giustizia e alla città anche degli aspetti più irrilevanti della mala gestione.
Secondo. Il nuovo sindaco trova una Fondazione col 20% delle azioni della banca. Il nuovo presidente della Fondazione si ritrova con una partecipazione importante, forse, in MPS ma senza alcun potere di indirizzo né di controllo. Senza contraltare come ora, il dottor Profumo continuerà a fare il padrone del vapore senza possedere un’azione e, entro il 2015, scegliersi il nuovo socio forte se sarà riuscito nell’azione di risanamento, sennò chiederà allo Stato di trasformare in azioni i Monti bond: in entrambi i casi la città di Siena, attraverso le sue istituzioni, non conterà davvero più nulla nella banca e l’esproprio sarà completo.
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