Una catena di Sant'Antonio di errori su derivati

di Red
SIENA. Banca d’Italia, Consob e quanti altri interessati alla vigilanza sulle azioni delle banche (se chiamato in causa, anche Mario Draghi si accoderà) hanno già detto chiaramente che i bilanci e le comunicazioni societarie che venivano dal Monte dei Paschi erano prive delle notizie importanti che riguardavano i derivati e che sono stati ingannati. Avrà gioco facile, se non lo ha già fatto, la Procura di Siena ad agire in base all’articolo 2622 del codice civile: false comunicazioni dannose (che comportano un danno patrimoniale per la società). Gli azionisti della banca, primi fra tutti i dipendenti – ai quali fu proposto di impegnare il proprio TFR acquistando titoli, come quelli che gli furono dati, con la complicità dei sindacati, in luogo di quattrini sonanti come premio di produzione – si preparino a costituirsi parte civile.
Un aspetto che nei prossimi giorni andrà chiarito riguarda il derivato Santorini Project. Si è scritto che Mussari lo trovò quando divenne presidente nel 2006; tutto preso dall’affare Antonveneta invece di farlo emergere e metterlo correttamente a bilancio preferì rinegoziarlo con Deutsche Bank per mascherare le perdite. Errore clamoroso che probabilmente ha innescato la catena di Sant’Antonio dei derivati, ma che serviva a impedire uno stop sui conti senesi che avrebbe fatto saltare il banco padovano. Anche lì Mussari non poteva aver agito da solo e sarà da chiamare in causa il CdA dell’epoca. Ma perché coprire una operazione in perdita fatta probabilmente da De Bustis, direttore generale in Rocca Salimbeni nel 2002? Possibile che ci sia dietro un’unica regia che manipola la banca senese dalla sua costituzione come banca privata, dopo la legge Amato del 1995? Le considerazioni si fermano qui, sperando che venga fuori la verità e non un capro espiatorio allla Primo Greganti.
Nel 1999 Monte dei Paschi aveva acquistato (analogia con gli avvenimenti del 2008), per 2.500 miliardi di lire la Banca del Salento, poi Banca 121, di cui De Bustis era direttore generale. Banca diventata famosa nelle cronache giudiziarie per prodotti finanziari altamente fantasiosi… Che evidentemente hanno fatto scuola a Siena, dove una volta si veniva da tutta Italia a studiare Scienze Economiche e Bancarie, ma dove si preferisce mettere un laureato in Giurisprudenza alla guida del terzo istituto di credito nazionale. Ieri Matteo Colaninno si è esposto al ridicolo affermando di voler querelare chi accostava al suo partito le vicende della banca. Coda di paglia o scarsa conoscenza dell’argomento? Chi avesse visto la puntata di Omnibus (La7) si sarà probabilmente fatto l’idea che il giovane politico dai molti incarichi societari (chissà come farà a trovare il tempo per seguirli tutti bene), potrebbe difettare in tutte e due le cose.
E’ chiaro a tutti che dal 1995 la senesità della banca è soltanto un paravento dietro il quale – progressivamente più sicuri e sfrontati mano mano che alzavano il livello delle loro iniziative – si sono mossi interessi e persone che nulla avevano a che fare con il bene comune della città, che ha raccattato le briciole, più o meno consapevolmente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA