di Augusto Mattioli
SIENA. Ha lasciato casa sua quando era appena entrato nell’adolescenza. A soli 14 anni aveva capito che nel suo paese, il Pakistan, non c’erano possibilità per una vita accettabile. Cosi un giorno di circa sei anni fa, senza la benedizione della sua famiglia, se n’è andato con ragazzi più grandi lui.
Ora che ha quasi vent’anni, ma la faccia ancora da ragazzo, già lavora al Campansi, una delle residenze per anziani della città, dove sono numerosi i lavoratori provenienti da vari paesi del mondo. E dove una collega gli ha fatto da maestra, istruendolo su come lavorare con gli ospiti.
Il suo nome è Assad, ma molti lo chiamano con il soprannome di Paki. Racconta molto tranquillamente la sua storia. La partenza dal suo paese Grujranwala, vicino all’India (con cui il Pakistan ha tensioni continue) per un viaggio, che, se lo guardiamo oggi, è stata una vera propria avventura da cui un ragazzino è uscito uomo. Un viaggio di formazione. Un ventenne certo più maturo dei suoi coetanei del nostro mondo occidentale, che fino dall’inizio ha visto l’occidente europeo come un luogo per iniziare una vita, diciamo, certo difficile. Ma molto meno di quella che gli si prospettava nel suo paese.
A Siena ha iniziato a porre le basi per il suo futuro. “attualmente – precisa – abito in una stanza con un amico, ma vorrei avere un casa mia, un posto mio. Quando sono partito con gli altri siamo entrati in Iran, quindi in Turchia, dove sono stato preso dalla polizia e anche picchiato: per tornare libero ho dovuto chiamare la mia famiglia, che ha dovuto pagare per la mia liberazione ma per i soldi i miei hanno dovuto vendere la casa. Per risolvere qualche problema c’era sempre chi chiedeva soldi”.
Altra frontiera ed ecco la Grecia, dove – essendo minorenne – ha frequentato anche una struttura scolastica. E cercato anche un lavoro pagato pochissimo come accade a chi non è in regola, per cui se protesti ti licenziano. IL viaggio è continuato. Serbia, Bosnia Croazia e quindi Italia, magari dormendo in qualche stazione o in qualche bosco. E ogni giorno occorreva ricominciare a pensare come arrivare a sera. Una vera e propria battaglia. Poi il passaggio in Italia. “Con alcuni ragazzzi sono arrivato a Siena, dove però non c’era posto. Sono andato a Prato e a Lucca”. Quindi dopo avere studiato per imparare l’italiano che parla, tutto sommato, decentemente, il ritorno a Siena. Qui, con i documenti in regola, ora lavora e può pensare al suo futuro, (“magari anche con una ragazza: vorrei metter su famiglia”) e aiutare i suoi, mandando qualcosa di ciò che guadagna con il suo lavoro.






