"La Provincia, le sindache i sindaci, gli amministratori e le amministratrici locali non pongono questioni per ostacolare, ma per contribuire"

SIENA. Le recenti dichiarazioni dell’onorevole Francesco Michelotti nei confronti della presidente della Provincia di Siena, Agnese Carletti, meritano un approfondimento. Non si tratta solo di uno scontro verbale, ma emergono chiaramente due visioni diverse dei rapporti tra livelli istituzionali, territori e rappresentanze democratiche. Ed è su questo punto che a mio parere è giusto concentrarsi, al di là delle appartenenze politiche.
Michelotti afferma che “Siena non è più una succursale del Pd” e rivendica una presunta discontinuità politica. L’impressione é che queste parole si inseriscano in una strategia retorica che vorrebbe dipingere gli enti locali come ostacoli piuttosto che come interlocutori. È utile però ricordare che il funzionamento delle istituzioni non può essere ridotto a una contesa partitica, la presidente della Provincia infatti è stata eletta per rappresentare il territorio, non una sigla, e ha il dovere di farlo con autonomia e responsabilità. Il confronto tra istituzioni, anche acceso, la dialettica tra livelli istituzionali è parte della democrazia, non una sua anomalia.
Inoltre definire “propagandistica” l’iniziativa con cui la Presidente ha riunito i sindaci per discutere insieme dei tagli governativi alla manutenzione stradale, di certo non favorisce il dialogo istituzionale. Se davvero il Governo stava già lavorando ad una soluzione, questo dovrebbe essere un elemento di convergenza, non di contrapposizione. Perché dunque disprezzare una mobilitazione che aveva proprio lo scopo di sollecitare attenzione e risposte? Mobilitarsi per sollecitare risposte su temi concreti non può essere ridotto a un esercizio di facciata.
Ancora più delicato è il passaggio in cui si accusa la presidente Carletti di trattare i sindaci come “vassalli”. Una definizione che svilisce il ruolo dei sindaci e delle sindache e che rischia di oscurare la legittimità di un’azione collettiva. Ogni sindaco o sindaca è portatore di autonomia e responsabilità, ma è anche vero che esistono momenti in cui la voce unitaria dei Comuni ha un valore politico e istituzionale forte. Non può esserci umiliazione nella condivisione di una preoccupazione. Anzi, non è forse proprio nella coralità delle richieste che una Provincia trova senso e forza?
Sul tema della Beko, si annuncia l’elaborazione di un disegno di legge “onnicomprensivo”. Una notizia rilevante, che però solleva interrogativi, quali saranno i contenuti? Quali i tempi? Quali i soggetti coinvolti? I territori, le rappresentanze di lavoratrici e lavoratori, le istituzioni locali avranno un ruolo nel processo decisionale? Le risposte a queste domande non sono un’espressione di sfiducia, ma una richiesta di chiarezza, per evitare che chi vive le gravi difficoltà sul campo che tutti e tutte conosciamo si trovi ancora in uno stato di incertezza.
Quanto alla Società della Salute, le affermazioni sull’esistenza di “gruppi di potere cari alla sinistra” e sulle “reazioni scomposte” rischiano di delegittimare la sostanza della questione e cioè una eventuale uscita del capoluogo dal consorzio, se ci sono delle ragioni reali oltre che ideologiche alla base di questa eventuale volontà sarebbe bene conoscerle e discuterne nei luoghi deputati.
In conclusione la Provincia, le sindache i sindaci, gli amministratori e le amministratrici locali non pongono questioni per ostacolare, ma per contribuire. E contribuire, in democrazia, è un diritto e un dovere. Anche quando le posizioni sono diverse, il confronto è il cuore della rappresentanza. Non un ostacolo, ne tantomeno una messa in scena.
GIULIA MAZZARELLI