
SIENA. “Aderisco all’appello lanciato per salvare Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Se verrà condannata a morte sarà una tragedia e una vergogna che resterà come macchia indelebile”. Lo dichiara il presidente del consiglio provinciale di Siena, Riccardo Burresi.
“Contro uno Stato che uccide i propri cittadini – spiega Burresi – dobbiamo mobilitare la coscienza civile ed umana delle nostre comunità. Il caso di una donna di 43 anni, madre di due figli, Sakineh Mohammadi-Ashtiani, che nella Repubblica Islamica dell'Iran rischia oggi la morte per lapidazione (dopo aver già subito 99 frustate in guisa di punizione pubblica e a titolo di ‘esempio’, in presenza di suo figlio) riguarda tutti noi. La nostra provincia ha sempre dimostrato il proprio attaccamento alla vita umana stando in prima linea nella lotta contro la pena di morte. La Toscana è stata la prima ad abolire le pena di morte. Oggi è chiesta la stessa passione umana e civile per provare a fermare l’ennesimo omicidio di Stato. Un atto grave che non può appartenere alla cultura politica delle democrazie moderne né elle coscienze dei popoli di questo secolo. Dobbiamo chiedere, con lo stesso fervore morale, la stessa determinazione filosofica, il rispetto della dignità e della libertà di tutte le donne, siano esse musulmane o di qualunque altra confessione religiosa o anche laiche”.
“Fin dalle sue origini – aggiunge il presidente del consiglio provinciale senese – l'umanità si è sempre sforzata di superare i propri comportamenti primitivi e crudeli. In tutte le culture, la civiltà mira a conseguire l'abolizione di pratiche che attentano alla dignità dell'essere umano. Una di queste è la lapidazione. La pena che si intende infliggere a Sakineh ci riporta ai tempi più bui dell'umanità. E’ per questo che chiedo a tutti i cittadini della provincia di Siena di mobilitarsi, di far sentire la loro voce aderendo all’appello per salvare Sakineh promossa dal filosofo Bernard-Henri Levy alla quale hanno risposto, tra gli altri, gli ex presidenti Jacques Chirac e Valery Giscard d'Estaing. Perché l’unica cosa che deve morire è la pena di morte”.
“Contro uno Stato che uccide i propri cittadini – spiega Burresi – dobbiamo mobilitare la coscienza civile ed umana delle nostre comunità. Il caso di una donna di 43 anni, madre di due figli, Sakineh Mohammadi-Ashtiani, che nella Repubblica Islamica dell'Iran rischia oggi la morte per lapidazione (dopo aver già subito 99 frustate in guisa di punizione pubblica e a titolo di ‘esempio’, in presenza di suo figlio) riguarda tutti noi. La nostra provincia ha sempre dimostrato il proprio attaccamento alla vita umana stando in prima linea nella lotta contro la pena di morte. La Toscana è stata la prima ad abolire le pena di morte. Oggi è chiesta la stessa passione umana e civile per provare a fermare l’ennesimo omicidio di Stato. Un atto grave che non può appartenere alla cultura politica delle democrazie moderne né elle coscienze dei popoli di questo secolo. Dobbiamo chiedere, con lo stesso fervore morale, la stessa determinazione filosofica, il rispetto della dignità e della libertà di tutte le donne, siano esse musulmane o di qualunque altra confessione religiosa o anche laiche”.
“Fin dalle sue origini – aggiunge il presidente del consiglio provinciale senese – l'umanità si è sempre sforzata di superare i propri comportamenti primitivi e crudeli. In tutte le culture, la civiltà mira a conseguire l'abolizione di pratiche che attentano alla dignità dell'essere umano. Una di queste è la lapidazione. La pena che si intende infliggere a Sakineh ci riporta ai tempi più bui dell'umanità. E’ per questo che chiedo a tutti i cittadini della provincia di Siena di mobilitarsi, di far sentire la loro voce aderendo all’appello per salvare Sakineh promossa dal filosofo Bernard-Henri Levy alla quale hanno risposto, tra gli altri, gli ex presidenti Jacques Chirac e Valery Giscard d'Estaing. Perché l’unica cosa che deve morire è la pena di morte”.