di Vito Zia
SIENA. Il 2020 è stato un anno eccezionale per la lotta al cambiamento climatico. L’opinione pubblica, i governi, le aziende e mercati finanziari hanno dato tutti il loro contributo ed hanno riconosciuto l’urgenza di questa sfida. Per il prossimo futuro si attende un aumento degli investimenti, della ricerca e sviluppo e di una collaborazione internazionale sempre maggiore per facilitare una più rapida transizione verso un’economia a zero emissioni.
Sebbene in questo momento siamo solo all’inizio, questo nuovo slancio a livello politico e aziendale è di supporto per chi investe nelle società che operano per mitigare i cambiamenti climatici. Si sta costruendo un nuovo paradigma utile a riflettere sulla decarbonizzazione da attuare con una transizione da un sistema basato sulle fonti fossili a un’economia verde, rinnovabile e circolare.
I cambiamenti climatici in atto stanno trasformando il nostro pianeta. Negli ultimi due decenni abbiamo vissuto 18 degli anni più caldi mai registrati, e gli eventi meteorologici estremi – come gli incendi boschivi, le ondate di calore e le inondazioni – si fanno sempre più frequenti sia in Europa che nel mondo.
Gli scienziati avvertono che, in mancanza di interventi urgenti, il riscaldamento globale rischia di superare di oltre 2°C i livelli preindustriali entro il 2060 e potrebbe persino spingersi fino a 5°C entro la fine del secolo.
Secondo quanto riportato sul sito dell’Unione Europea, il Consiglio e il Parlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio nell’aprile di quest’anno che introduce nella legislazione l’obiettivo della neutralità climatica dell’UE per il 2050 e un obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
L’accordo provvisorio prevede di dare priorità alle riduzioni delle emissioni rispetto agli assorbimenti per quanto riguarda l’obiettivo per il 2030; istituire un comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici con il compito di fornire consulenza scientifica e riferire in merito alle misure, agli obiettivi e ai bilanci dell’UE; fissare un obiettivo climatico intermedio per il 2040, che sarà proposto dalla Commissione.
Prima di passare alle fasi formali della procedura di adozione, l’accordo politico provvisorio dovrà essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento e gli ambasciatori presso l’UE hanno approvato il testo di compromesso nel maggio 2021.
Ma anche dal punto di vista finanziario sul sito del Consiglio Europeo si apprendono gli sforzi dell’UE per conseguire i suoi obiettivi in materia di clima e di energia in linea con l’accordo di Parigi e con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite per il 2030. L’UE e i suoi Stati membri sono il principale fornitore a livello mondiale di finanziamenti pubblici per il clima, con 21,9 miliardi di EUR erogati nel 2019, il 7,4% in più rispetto al 2018. Inoltre, il Green Deal europeo ha sottolineato la necessità di mobilitare i flussi finanziari e di capitale privati a favore degli investimenti verdi e ha annunciato che la Commissione presenterà una strategia rinnovata in materia di finanza sostenibile basata sulle misure già attuate nel quadro del suo piano d’azione del 2018.
Anche risparmiatori e investitori giocano un ruolo importante con una richiesta di investimenti sostenibili e che puntano sul rispetto del clima e carbon free sempre maggiore. E le case di investimento rispondono prontamente. Secondo una indagine Morningstar “gli asset manager hanno ampliato negli ultimi anni la gamma ESG, sia con il lancio di nuovi prodotti sia con il restyling di strumenti esistenti. Morningstar stima che in Europa ce ne siano 3.444 (al 31 marzo), ma questo non vuol dire che i gestori abbiano una “cultura sostenibile”. Per svilupparla ci vogliono anni. “Per questa ragione, le società con una lunga storia di pratiche socialmente responsabili e una filosofia di sostenibilità centrale e integrata nei processi aziendali hanno un margine di vantaggio rispetto a chi è nuovo del segmento”, spiegano i ricercatori di Morningstar. Un altro dato di rilievo è che la domanda dei risparmiatori di questo tipo di strumenti è maggiore in Europa che negli USA ma secondo uno studio della BEI risulta che “l’investimento complessivo dei Paesi Ue nella mitigazione dei cambiamenti climatici corrisponde all’1,2% del Pil, con un risultato leggermente inferiore a quello degli Stati Uniti (1,3%) e di poco superiore a un terzo del valore raggiunto dalla Cina (3,3% del Pil).”
Di fatto la situazione non è affatto trascurabile e la sensibilità dei risparmiatori su questo tema sarà oggetto di un incremento degli sforzi da parte delle case di investimento per intercettare sempre di più la domanda con una offerta di prodotti sempre più raffinati, dando sempre valore alla regolamentazione europea che va nella direzione di combattere il greenwashing, ossia far sì che tutti gli strumenti finanziari che si dichiarano sostenibili lo siano veramente in base a parametri stabiliti dall’Ue.
Sicuramente questo tipo di scelta deve raggiungere due scopi, aiutare a salvare il pianeta e permettere agli investitori l’approdo ad investimenti che siano in grado nel medio-lungo termine di essere remunerativi. Sfida non facile, ma saranno certamente di aiuto le stringenti normative europee e l’ausilio di un professionista del settore come un consulente finanziario.
