
di Vito Zita
SIENA. Gli Stati Uniti sono nella morsa dell’inverno. Negli stati centro-meridionali, le temperature polari hanno bloccato le centrali eoliche provocando un’ondata di blackout. Persino a Chicago, città famosa per le rigide stagioni invernali, sono in preda del gelo impietoso. Sono condizioni meteo che inducono a far funzionare il riscaldamento giorno e notte e a non preoccuparsi della bolletta del gas.
Nonostante i segnali di miglioramento, il governo degli Stati Uniti si comporta come se anche l’economia fosse ancora congelata. Dopo aver alimentato la caldaia con 3mila miliardi di dollari nel maggio 2020 e altri 900 miliardi appena due mesi fa, ecco che è in fase di preparazione un nuovo pacchetto da 1.900 miliardi, a cui potrebbero far seguito altri 2mila miliardi di spesa infrastrutturale per il prossimo decennio. Sono ancora in troppi ad essere fuori gioco a causa della crisi del coronavirus ed hanno bisogno di aiuto. Nelle ultime settimane, i tassi di contagio sono calati tangibilmente, ma sono ancora in tanti ad ammalarsi e a finire in ospedale. Il mercato del lavoro, pur essendo migliorato notevolmente rispetto alla scorsa primavera, sta ancora incontrando difficoltà.
Ma l’economia degli Stati Uniti è anche quella che a gennaio ha registrato un aumento mensile del 6% delle vendite al dettaglio, un risultato ampiamente superiore alla previsione di consenso dell’1%, che dà un bel colpo di spugna ai deludenti dati della stagione natalizia. Secondo una stima di una importante banca d’affari, nell’arco dello scorso anno le famiglie americane hanno accumulato 1.500 miliardi di risparmi in eccesso. Secondo la banca, quella cifra potrebbe raggiungere i 2.400 miliardi fra un paio di trimestri. Fin qui la stessa situazione dell’Italia. Però stando ai calcoli effettuati, negli USA un quinto di quella cifra potrebbe essere speso nell’arco di 12 mesi determinando, di per sé, un aumento di due punti percentuali del PIL statunitense. Le vendite al dettaglio nel mese di gennaio sembrano già indicare una ripresa dei consumi, sostenuti dalla fiducia nel nuovo anno e dalle campagne vaccinali contro il coronavirus. E qui finisce il parallelo con l’Italia che si avvia a prolungare non si sa ancora fino a quando l’aumento dei depositi sui conti e il riavvio dei consumi interni. Una serie di dati recenti indica che anche le aziende hanno ricominciato a spendere. Solo nella scorsa settimana, si sono verificate diverse sorprese al rialzo: negli Stati Uniti, è aumentato l’indice dei prezzi alla produzione; in Giappone, si è avuto l’aumento del PIL del quarto trimestre, degli ordini di macchinari e dell’indice della fiducia delle imprese; in Corea sono cresciute le esportazioni. In Italia, dato comunicato il 23 febbraio, risulta un calo di oltre l’11% della produzione industriale nel 2020. Gli elementi di crescita positiva negli USA comincia con l’aumento degli utili aziendali: gli utili delle società dell’S&P 500 per il quarto trimestre sono in rialzo del 3-4% rispetto allo scorso anno, di gran lunga migliori rispetto alle previsioni precedenti, che annunciavano una flessione del 7-10%.
Le previsioni pubblicate dal CBO (Congressional Budget Office) indicano un’inflazione in graduale aumento che, per la fine del decennio, si attesterà su una media del 2,1%. Allo stesso tempo, i rendimenti dei titoli decennali USA avranno una moderata crescita raggiungendo il 3,4% nel 2031. Tutto ciò è coerente con le dichiarazioni delle banche centrali. La settimana scorsa Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha nuovamente minimizzato il potenziale inflazionistico delle proposte di stimolo. In Europa, dopo l’allarme lanciato dal presidente della Bundesbank sull’aumento dei prezzi in Germania, il presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde è rapidamente intervenuta dichiarando che nell’Eurozona l’inflazione rimarrà prevedibilmente inferiore all’obiettivo ancora per parecchi anni. Ma i mercati potrebbero ripensarci anche se sul fronte dei mercati azionari, le cose si presentano più calme, almeno all’apparenza. Con ogni probabilità si tratta dell’effetto rassicurante delle parole della Fed ma anche dalla quantità di indicatori positivi nel breve termine: politiche, vaccini, bassi tassi e fase favorevole dell’economia. Gelo e surriscaldamento… confidiamo in una stagione temperata. Sia per i mercati finanziari che per il clima.