
di Vito Zita
SIENA. L’argomento del giorno è il prezzo del petrolio. Dopo aver segnato forti ribassi a causa dell’ostacolo della Russia nelle sedute dell’Opec+ si è arrivati ad una decisione, dopo le serrate trattative in seno all’organizzazione dei produttori mondiali, di carattere epocale. Anche se l’accordo raggiunto per il taglio della produzione di oltre 9,5 milioni di barili al giorno riguarda i soli mesi di maggio e giugno, la situazione si è capovolta passando dai 9,46$ al barile di prezzo minimo toccato il 21 aprile a circa 34$ al barile del 21 maggio.
Adesso rimane da affrontare il problema se a fronte di una situazione migliorativa della diffusione del Covid-19 la domanda a seguito della ripresa delle attività produttive, sarà in grado di sostenere il prezzo del petrolio. Devono essere affrontate ancora numerose criticità, la ripresa della produzione industriale non è paritaria fra i paesi membri della UE; negli USA la pandemia è ancora in progresso, nonostante ci siano dichiarazioni del presidente Trump sulla necessità di riattivare la produzione industriale; gli altri paesi più industrializzati consumatori di petrolio si muovono singolarmente senza alcuna strategia comune; la Cina, che per prima è ripartita dopo la diffusione del Covid-19, non solo deve affrontare la ripresa industriale ma deve anche risolvere il fronte delle tensioni commerciali con gli USA, che hanno subito un rallentamento ma che sono riprese a seguito delle denunce del presidente Trump, che ritiene la Cina l’unica responsabile della diffusione del Covid-19.
Molto dipenderà dalle decisioni politiche dei singoli paesi su come riattivare i consumi interni in modo che si possa raggiungere un livello sostenibile di domanda di greggio. Da questo punto di vista le aspettative non sono le migliori possibili. Nella UE infatti Austria, Svezia, Danimarca e Olanda continuano, a proposito del Recovery Fund, ad essere contrari alla condivisione del debito per rilanciare l’economia. Infatti chiedono che non ci debbano essere contributi a fondo perduto da parte della UE ma che la via da seguire sia quella del prestito legato a riforme strutturali da parte dei paesi beneficiari Italia, Spagna e Francia, che sono i più colpiti dalla pandemia.