In Scozia i ricercatori del James Hutton Institute stanno esplorando la possibilità di creare un sistema di teleriscaldamento geotermico

di Fabrizio Pinzuti
ROMA – In un articolo a firma di Gialuigi Torchiani, apparso su QualEnergia del 24 luglio scorso, si sostiene, diversamente dai dati di entusiastico incremento da più parti diffusi, che di fronte alla crescita impetuosa dell’energia eolica e solare “dal 2010 a oggi il contributo di quella geotermica nel settore elettrico è cresciuto da 0,46 a 0,53 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) (fonte, stime preliminari 2015 Gse)”.
Una delle strade che si sta esplorando per il rilancio della geotermia è quella dell’utilizzo dell’”acqua delle miniere” che sfrutta il potenziale energetico sotterraneo e di profondità. In Scozia i ricercatori del James Hutton Institute stanno esplorando la possibilità di creare un sistema di teleriscaldamento geotermico nel North Lanarkshire per garantire il riscaldamento di famiglie e imprese, basato su una rete di cave abbandonate. “Il tema delle miniere non è nuovo – afferma Ruggero Bertani, responsabile delle attività di innovazione per la geotermia in Enel Green Power, già direttore dell’Associazione geotermica internazionale. L’idea è nata in Polonia, dove c’è una notevole disponibilità di diverse miniere, anche parecchio profonde. Il principio che sta alla base è semplice: si pompa acqua all’interno delle cave, questa si scalda (per il cosiddetto gradiente geotermico, ossia l’incremento progressivo di temperatura che si riscontra al di sotto del suolo terrestre, ndr). Oppure si impiegano le falde preesistenti. Una volta arrivata in superficie l’acqua può essere riutilizzata a scopi energetici”. Secondo l’esperto di Enel Green Power, ci sono diversi problemi da affrontare: “Innanzitutto questa acqua risulta non pulita, perché è contaminata da metalli, minerali, polveri, ecc. il secondo limite è la temperatura, che è medio- bassa: in una miniera profonda mille metri si può arrivare al massimo a 30-40 gradi … Quindi la possibilità di impiego a scopi industriali è difficile. Tanto che in Polonia alla fine le idee sono rimaste sulla carta, mentre in Olanda è stato invece realizzato un progetto che serve per il riscaldamento di piccoli ambienti come le serre”. E in Italia? Un’ipotesi di questo tipo era prevista dall’accordo del 2009 per la bonifica e messa in sicurezza dei siti minerari delle Colline metallifere, ma a questa proposta non sono poi seguiti passi in avanti significativi, anche se l’idea è stata rilanciata di recente a livello locale. Sicuramente Enel Green Power, non ha in programma progetti in tal senso, conferma Bertani. Decisamente più avviato è invece il progetto Descramble, che ha ricevuto un finanziamento di quasi 7 milioni di euro nell’ambito di Horizon 2020 e che dovrebbe essere realizzato nella stessa zona in cui ha avuto origine la geotermia italiana, ossia Larderello (Pisa), dove si cercheranno nuove risorse geotermiche a profondità notevolmente superiori a quelle attuali. In particolare con Descramble si tenterà di sfruttare le risorse disponibili tra i 3 e i 3,5 km al di sotto della superficie terrestre. A questi livelli le condizioni ambientali estreme portano l’acqua a raggiungere quello che è chiamato uno stato “supercritico”, ovvero una situazione in cui si riscontrano allo stesso tempo alcune proprietà tipiche dello stato liquido e altre dello stato gassoso (per effetto delle temperature vicine ai 400 gradi). L’obiettivo principale del progetto è lo sviluppo di tecnologie che siano in grado di trivellare ed estrarre questa “acqua supercritica”. Con vantaggi notevoli: “La stima è che, a parità di portata, un pozzo di questo genere possa permettere di generare una quantità di energia elettrica 10 volte superiore rispetto agli impianti tradizionali, consentendo inoltre un abbattimento notevole dei costi di produzione”.