Difficile percorrere Viale Bracci. Mezzi pubblici bloccati nella rotonda davanti al Pronto Soccorso

di Giovanni Elia
SIENA. Sono passate quasi sette ore dall’inizio della nevicata che ha riportato al Neolitico la città che vuole farsi capitale europea della cultura. Sette ore di blocco totale di qualsiasi mantenimento – anche e soprattutto di emergenza – dei servizi essenziali che ogni paese del primo mondo dovrebbe essere pronto a garantire ai propri cittadini. Cittadini che sono utenti di quei servizi in quanto contribuenti, è bene ricordarlo, e non per una qualche magnanimità dall’alto; il che, nella città fra le più tassate di un paese con una delle pressioni fiscali più vessatorie d’Europa, non è poco (al volo: quanto avete pagato di TIA, a questo giro?).
Ma tant’è, il disastro è conclamato e senza appello. Stamattina, alla fermata dell’autobus, persino una incantevole signora che deve aver visto passare il fronte sapeva della nevicata, e già si aspettava – fra il serio ed il faceto – che se ne sarebbero viste delle belle. Difficile darle torto, ho pensato, ma dinanzi ad uno spettacolo come quello che la città ed i suoi amministratori hanno dato oggi le parole quasi mancano.
Limitiamoci ai fatti, allora.
Da almeno sette giorni ogni servizio di previsioni meteo nazionale e locale, dall’americana accuweather.com al nostrano LAMMA, aveva dato come certa la nevicata come conseguenza del passaggio di un fronte di aria siberiana che aveva già negli ultimi quattro giorni imbiancato (e sodo) il versante adriatico della penisola. Con questa premessa far circolare macchine spargisale dopo l’inizio della nevicata appare, diciamo, leggermente fuori tempo. Ma non finisce qui.
In ogni simulazione di emergenza o maxiemergenza, da quelle ai livelli più bassi dell’amministrazione pubblica a quelli internazionali civili-militari, la prima cosa da tenere presente è che le strutture sanitarie ed ospedaliere devono ad ogni costo essere messe in condizione di operare. Quasi tutto il resto è secondario rispetto al mantenimento in vita degli infortunati, giusto? Bene, si sappia allora che il Policlinico è stata la prima struttura pubblica ad essere isolata dalla neve, o meglio dalla mancanza di uno straccio di organizzazione che si assicurasse che i mezzi pubblici avessero catene a portata di mano, così come le ambulanze. La conseguenza di questa mancanza è stata, per molti cittadini, l’essere sequestrati per almeno sei ore in attesa che i mezzi pubblici si muovessero di nuovo dalla rotonda dell’ospedale, il che avrebbe tra l’altro garantito al pronto soccorso di avere la massima libertà d’azione. La cella della rete mobile delle Scotte è stata sovraccaricata di chiamate e messaggi, e quindi per parecchie di queste persone non c’è stata neanche la possibilità di avvertire i propri cari. Nel frattempo si isolava anche Viale Bracci, pare per un autobus ribaltato, e ciao Pronto Soccorso.
Se nessuno – e speriamo proprio che sia così – ha rischiato o sta rischiando la pelle nonostante la gestione dilettantesca e da armata Brancaleone di tutto questo, c’è solo di che andare ad accendere un cero alla Madonna. Il che, per quello che questa città si fa vanto di essere ad ogni piè sospinto, non è esattamente una medaglia al valore.