Il direttore generale spiega gli ostacoli che separano l'Europa dall'unione bancaria
ROMA. Nel suo intervento al convegno “Verlo l’unione bancaria europea:in fondo a una strada lunga e tortuosa”, svoltosi quest’oggi presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, il direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi ha dicharato che ”i nodi centrali restano il bail-in dei creditori e il backstop pubblico all’interno del meccanismo di risoluzione delle banche. Se correttamente disegnata e attuata, la previsione di chiamare anche i creditori privati (diversi, ovviamente, dai depositanti) a sostenere le perdite connesse con la crisi è sicuramente in grado di accrescere la disciplina di mercato sull’attività delle banche e dei loro manager, rendendola complementare all’attività di vigilanza. Non va tuttavia ignorato il trade-off tra responsabilità dei singoli e stabilità del sistema. Questo giustifica la presenza di un backstop pubblico. Perchè il meccanismo di risoluzione delle crisi sia credibile ed efficace il backstop deve essere europeo, forte, da attivare prontamente (nello spazio di poche ore) per preservare la stabilità finanziaria anche nei casi in cui sia necessaria la liquidazione di un grande intermediario. Le procedure al momento previste appaiono molto complesse, coinvolgono un gran numero di autorità, potrebbero mostrare difficoltà di funzionamento”. Il direttore generale di Bankitalia ha, inoltre, spiegato come ”la promessa politica che il denaro dei contribuenti non sarà mai più utilizzato per salvare banche ‘too big to fail’ può essere davvero mantenuta solo rendendo credibile la minaccia della chiusura; ciò richiede, a sua volta, la previsione di un potente backstop comune; perchè i mercati sanno che le difficoltà di un grande intermediario bancario possono invece essere ”too big to manage” da parte di un singolo stato sovrano, e non solo nei paesi a più alto debito pubblico. Convergere alla fine su soluzioni al ribasso non solo deluderebbe le aspettative dei tanti convinti che dalla crisi si debba uscire con più, piuttosto che con meno, Europa; rischierebbe di rivelarsi controproducente, procrastinando nel tempo – un tempo che non abbiamo a disposizione – l’assunzione di decisioni che potremmo, dovremmo prendere oggi”.