Presentati all'Accademia Chigiana
di Aurora Mascagni
SIENA La collana “Protagonisti e momenti”, edita dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, ha presentato due nuovi volumi presso l’Accademia Chigiana, lo scorso 23 Febbraio. I testi in questione sono “Inverni di guarnigione” di Valentina Tinacci e “Io son la Pia” di Roberta Mucciarelli. Erano presenti all’iniziativa Romano Luperini, Luca Lenzini e Duccio Balestracci. La serata è stata introdotta da Gabriello Mancini, Presidente della Fondazione Monte dei Paschi, che ha voluto ringraziare gli intervenuti ricordando il senso della collana editoriale, caratterizzata da testi interessanti, scorrevoli e di pronta lettura per la loro brevità e dimensione.
Luperini, critico letterario e scrittore, professore di Letteratura Italiana moderna e contemporanea dell’Università di Siena, ha presentato per primo il testo su Franco Fortini, delineando un ritratto dello studioso “complessivo” dalla “volontà di capire in anticipo e prendere insieme i vari aspetti della realtà”. La straordinarietà di Fortini, ha ricordato Luperini, risiedeva nella capacità che egli aveva di investire i vari campi del sapere, rimanendo uno; poeta, saggista, intellettuale e docente, Fortini ha rappresentato per Luperini l’ultimo vero intellettuale tout court, una figura complessa e intensa che ha costituito un caposaldo per la facoltà di lettere e per la città tutta un punto di riferimento della vita intellettuale.
L’autrice Valentina Tinacci, nella prefazione al suo libro, racconta di essersi avvicinata alla figura di Fortini durante l’ultimo seminario che il professore tenne all’università. Un’ammirazione reverenziale quella della Tinacci per l’intellettuale, che per motivi anagrafici ha potuto solamente intravedere, ma che ha tentato di studiare e di ricostruire grazie ai documenti del Centro Studi Carlo Fortini e ai materiali messi a disposizione da chi ebbe modo di conoscerlo personalmente durante i suoi anni di docenza senese.
Luca Lenzini, coordinatore del Centro Studi Fortini, ha elogiato il lavoro dell’autrice per aver saputo aprire piste inesplorate, mettendo al centro l’attività didattica di Fortini e collocandola in un contesto complesso, collegando l’esperienza del docente con vari aspetti della realtà in cui viveva, primo tra tutti il contesto cittadino senese. “Non era né scontato né banale scrivere su Fortini professore(…) Sono grato all’autrice per aver trattato in modo equilibrato e senza stereotipi la sua figura”. Lenzini ha apprezzato molto anche le metodologie di utilizzo e assemblaggio della documentazione che l’autrice ha fatto. Il coordinatore del Centro Fortini ha voluto ringraziare le donazioni dei materiali fortiniani (fotografie, registrazioni, scritti) fatte dagli amici senesi del docente, i coniugi Carlo Fini e Maria Luisa Meoni: Lenzini si è augurato che questi documenti possano divenire presto il materiale per una mostra su Fortini, contribuendo a far conoscere anche alle nuove generazioni l’enorme lascito culturale che l’intellettuale ha dato a Siena, consegnando in eredità a chi lo ha stimato e a chi ancora deve conoscerne la personalità una “provvista per altri inverni”.
Un enigma medievale, un giallo anomalo. Così può essere definitivo il testo di Roberta Mucciarelli, ‘Io son la Pia’. Duccio Balestracci ha presentato la ricostruzione dell’autrice proponendo un veloce excursus tra le moltissime fonti che questa ha utilizzato per tentare una ricostruzione della ormai leggendaria figura di Pia e della sua vicenda, svoltasi secondo le testimonianze tra Siena e la Maremma.
Roberta Mucciarelli nel suo libro illustra innanzitutto un quadro preciso di Siena a fine Duecento, analizzando gli aspetti economici e politici che caratterizzarono la stagione della grande fortuna della città in un momento di grande espansione sociale, demografica e territoriale, quell’ “età dell’oro” che Ambrogio Lorenzetti ritrasse in modo esemplare nel suo “Buongoverno”. Questo periodo storico è lo scenario di una vicenda che intreccia storia e leggenda, un racconto che “si regge sul verosimile e sul forse” – come ha spiegato Balestracci-“ che narra di una donna della quale si sa poco e niente, ma della quale si è parlato sempre moltissimo”. Chi è l’assassino di Pia, comunemente associata alla famiglia dei Tolomei? Si tratta di Nello Pannocchieschi, suo sposo? O vi fu un altro esecutore materiale dell’omicidio? Come è morta veramente Pia? Che peso ebbe nella vicenda, se realmente vi fu coinvolta, la figura come di Margherita Aldobrandeschi? In realtà dovremmo capire prima di tutto se veramente ci furono una vittima e un assassino in quanto le fonti sono molto discordanti sulle cause della morte della donna; è difficile stabilire chi erano realmente questi personaggi e capire se la leggenda non abbia ‘inquinato’ le verità storiche su di essi. Della Pia è stato scritto molto, a partire dal Medioevo. Soprattutto tra Ottocento e Novecento, una grande varietà di generi (letteratura, storiografia, pittura) ha alimentato la leggenda e dato vigore all’immagine della dama duecentesca. La Mucciarelli analizza per primo Dante, il quale parla di Pia nel canto V del Purgatorio. Il poeta fiorentino condensa in poche parole la lunga agonia della donna, senza però dirci nulla dei motivi e delle modalità della sua morte (“salsi colui che inanellata pria, disposando, m’avea con la sua gemma”, Divina Commedia, Purgatorio, V, vv. 135-136). Già Girolamo Gigli si chiedeva per quale motivo l’Alighieri avesse collocato l’anima di Pia nel Purgatorio, tra coloro che “manifestano il desiderio d’esser ricordati nel mondo” (N.Sapegno). Si trattava di una vittima innocente o di una malafemmina?
Roberta Mucciarelli ha preso in considerazione moltissime fonti, dall’ Anonimo Fiorentino fino al bruscello di Orlandi e Benigni, dalla tragedia ottocentesca di Salvatore Cammarano al rock della ‘Dolente Pia’ della Nannini, senza trascurare l’apparato iconografico del testo, con le opere pittoriche del Maffei e del Pianigiani, arrivando alla locandina della Pia cinematografica di Sergio Grieco.