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Viaggio nella storia dei costumi del “Corteo Storico”

Quattro anni storici al centro dell'universo paliesco della montura

di Lorenzo Croci

SIENA. Quattro anni cardine per quattro rinnovi stilistici per segnare un intero secolo di storia, cultura e tradizione che si cela dietro la più importante fase di preparazione alla carriera. Sarà questo il leit motiv che da domani (4 febbraio) fino al termine del mese soggiogherà chiunque voglia fare un salto nel passato, non solamente di storia del Palio ma di storia sia di Siena che d’Italia. Per l’intero mese di febbraio sarà aperta infatti (orario da giovedì a sabato dalle ore 9.00 alle ore 21.00) l’immensa “Sala dei Costumi” del Palio in Palazzo Pubblico, la quale, ospitando un’inedita retrospettiva sia storica che culturale sull’evoluzione del corteo storico in tutti i suoi caratteristici e tradizionali costumi e non solo, va a delineare i tanti eventi che scandiscono e promuovono la seconda edizione di “Febbraio al Museo”. Il percorso di visita che permette di scoprire anche l’inedito allestimento delle sale comunali trecentesche, che dal 2011 ospitano le monture del Corteo Storico curate e conservate mediante il prezioso lavoro della guardarobiera Laura Guidolotti, si sedimenta innanzitutto su quattro anni cardine (1904-1928-1955-1981) concernenti storici rinnovi, relativi ai costumi del corteo, dovuti a sua volta ad eventi storici che ne hanno caratterizzato anche la fisionomia, come il caso del rinnovo del 1955 quando, nel clima di forte ripresa economica dopo la seconda guerra mondiale, la decisione di rinnovare i costumi venne fortemente caldeggiata dal “Comitato amici del Palio” – costituitosi nel 1947 – il quale mirava ad un auspicato incremento qualitativo e ad una maggiore regolamentazione e “solennità”: per far fronte a queste due imperterrite necessità si decise che le monture avrebbero dovuto ostentare una nuova ondata di freschezza tramite un rinvigorimento della “forma” attraverso le immagini patinate e divulgate delle celebri pellicole hollywoodiane, girate a Cinecittà, che proprio all’epoca divennero un vero e proprio oggetto di culto in tutto il mondo. Optando per una strategia davvero all’avanguardia, venne però deciso di non dimenticarsi della tradizione: l’immaginario fantasioso medievale non venne lasciato in disparte e per buona parte dei costumi del 1955 vennero utilizzati stilemi estetici già utilizzati nel precedente rinnovo del 1928; il pittore cui spettò la realizzazione dei bozzetti delle monture per le rappresentanze comunali fu il senese Bruno Marzi, autore di numerose opere in stile neo quattrocentesco al limite della contraffazione. E proprio nel 1955 venne istituito per la prima volta il noto premio del “Masgalano”: fino ad allora, per ogni palio, qualsiasi persona poteva tranquillamente assistere alla fase di “montura” sconsacrando una certa solennità di una fase a dir poco determinante. Per ovviare a questa mancanza venne istituito il masgalano come segno di riconoscimento, prima che premio, verso l’importanza dell’attenzione che una simile fase necessita da sempre.

Per capire pienamente le strategie di forma adottate nel 1928, le quali vennero riprese nel 1955, è necessario fare un passo indietro: già nel 1923 il Comune di Siena nominò una nuova commissione per il rinnovo dei costumi del “Corteo Storico” tra i cui nomi spiccava quello del Soprintendente ai Monumenti Peleo Bacci, designato per le sue competenze in ambito storico artistico dall’esame dei bozzetti e all’eliminazione di alcune figure in contrasto con il periodo storico di riferimento. Ma la vera svolta giunse dalla nomina nel 1926 di Fabio Bargagli Petrucci come Podestà di Siena, il quale assunse anche l’incarico di presidente della commissione comunale e di revisore del “Corteo Storico”. Grazie a Bargagli Petrucci, che si cimentò anche nella realizzazione di alcuni costumi per le rappresentanze comunali (una vera e propria “ossessione viscerale” la sua), si ebbe per la prima volta una reale ricerca di autenticità storica. Sebbene limitata dagli esigui mezzi del tempo e dalla presenza ancora forte di quella fiabesca atmosfera medievaleggiante che orbitava intorno all’immagine del Palio di Siena, le precise prescrizioni fornite dalla commissione presieduta dallo stesso Podestà di Siena delimitarono un preciso riferimento storico: venne scelto di rifarsi ai costumi usati nel trentennio 1450-1480 con un particolare occhio di riguardo ad alcune opere d’arte del periodo alle quali le nuove monture avrebbero dovuto ispirarsi. Tra le novità del 1928 venne deciso di aumentare il numero dei partecipanti: si passò dai 120 del 1904 a circa 300 e furono introdotte per la prima volta anche importanti figure come il “Palafreniere al soprassallo” ed “Il Capitano del Popolo”.

Il numero esiguo di partecipanti alla “montura” a inizio secolo – precisamente il 1904 – non destabilizzò l’idea di un nuovo e necessario rinnovamento dei costumi: in quell’anno sforzi e desideri già espressi dall’amministrazione comunale si concretizzarono producendo una maggiore omogeneità al “Corteo Storico”. In occasione della visita dell’Imperatore Vittorio Emanuele III a Siena per visitare l’inaugurazione della “Mostra dell’Antica Arte Senese”, il 17 aprile fu corso un “palio straordinario”, ma avendo comunicato i sovrani la data del loro arrivo solo nove giorni prima dell’evento, le contrade non riuscirono a portare a termine il confezionamento dei propri costumi, i quali vennero ultimati solo in occasione del palio del 16 agosto dello stesso anno. Per il rinnovo del “Corteo Storico” il comune indicò il 400′ come periodo di riferimento al fine – come detto dinanzi – di una maggiore coerenza storica con le origini delle contrade, le cui più antiche testimonianze risalgono al 1482. Anche in quell’occasione, nonostante le nuove prescrizioni nelle monture, non si verificò un vero e proprio abbandono al passato ma vennero fatti persistere stilemi tradizionali come sbuffi sulle maniche e piume sugli elmi; d’altronde i parametri di riferimento erano ancora molto lontani dalla moderna fedeltà iconografica relativa al periodo rappresentato, non prefiggendosi cosi una perfetta restituzione filologica della storia e del costume, ma la teatralizzazione di un sogno neogotico incentrato sul mito repubblicano. Dopo questo excursus storico a ritroso ci avviciniamo verso la fine del ventesimo secolo: il “viaggio storico” all’interno della “Sala dei Costumi” si stanzia approdando obbligatoriamente al 1981: a questo rinnovo denominato “l’ultimo rinnovo del 900’” si è giunti al termine di un lavoro decennale che aggiornò e rimodellò l’intera struttura del “Corteo Storico” portando il numero dei partecipanti a quasi seicento. In quell’anno si registrò un deciso innalzamento del tenore storico artistico dei costumi grazie alla qualità che i bozzettisti e i costumisti riuscirono a garantire; l’incarico della creazione dei bozzetti relativi ai costumi delle rappresentanze comunali all’inizio venne preso da 5 cinque artisti: Bruno Marzi, Donato Martelli, Pierluigi Olla, Sebastiano Morichelli e Ezio Pollai, ma venne portato a termine solamente dagli ultimi tre. Fin dalle prime fasi di progettazione il lavoro dei tre fu sviluppato tramite una ricerca omogenea, svolta in gruppo, al fine di “consegnare” al “Corteo Storico” quell’unità un po’ persa negli anni di cui necessitava, partendo dai costumi comunali come chiara linea di riferimento alle contrade. Tra gli aneddoti del 1981 spicca l’introduzione dell’inedita rappresentanza dell’antico “Studio Senese”, quella dei sei cavalieri legati alle più nobili ed illustri famiglie senesi e la sostituzione degli alabardieri con i balestrieri per lo scopo di ottenere un sempre più maggiore rigore storico.

Sulla scia di questo rigore storico assemblato al manierismo tradizionale e contraddistinto dalla ricerca di un filo conduttore incentrato sempre sulla cultura innanzitutto senese siamo giunti al ventunesimo secolo con il rinnovo del 2000. Il “rinnovo” di sedici anni fa aderì anch’egli allo stile del 1981, anno in cui venne raggiunto un grado di perfezione ancora oggi non superato e non eguagliato. Vennero utilizzati bozzetti che riprendevano lo stile del precedente “rinnovo” portando migliorie solamente per la vestibilità e adeguamento delle taglie per far fronte ai fisici sempre più palestrati dei nuovi giovani. In questi anni il copricapo è diventato preponderante rispetto all’elmo da battaglia dando tutta la sacralità dell’atto stesso di poterlo portare e rispetto alla lana grossa del 1981 il velluto è divenuto il protagonista “materiale” delle nuove “montature”.

Grande soddisfazione da parte del sindaco di Siena Bruno Valentini, intervenuto precedentemente alla visita nella “Sala dei Costumi”, per questa opportunità che la seconda edizione di “Febbraio al Museo” apre all’intera cittadinanza senese e non solo: “l’apertura straordinaria di questo museo è la prova tangibile della voglia e della necessità di rappresentare la storia della città in maniera sempre più ampia possibile, ma per questo però è necessaria una comunicazione che riesca a catturare non solo il pubblico senese ma anche il pubblico estero, con una comunicazione sempre più larga e aperta possibile. La “Sala dei costumi” rappresenta in tutta la sua sacralità il segno della memoria e soprattutto il senso di appartenenza ad un’intera tradizione”.

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