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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Il codice Antonveneta: 8 bonifici… e 4 mazzette?

antonvenetaSIENA. Sotto l’enorme mole delle oltre 29.000 pagine depositate dalla Procura di Siena relative all’inchiesta sull’acquisizione di Banca Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena, giacciono nascoste sette paginette che gettano una luce “sinistra” su tutta la vicenda.

Corre l’anno 2013, esattamente l’11 febbraio. Siamo nel periodo più virulento di quella sconcertante vicenda, quando i massimi vertici del Nucelo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma – il reparto di Polizia Giudiziaria che sta svolgendo le indagini – inviano alla Procura di Siena un rapporto con oggetto “Annotazioni di P. G.”, protocollato al n. 0020027/13. In Procura arriva il giorno dopo, come attesta il timbro di ricezione dell’Ufficio dei Pubblici Ministeri di Siena..

Sembra una corrispondenza di routine, ma la pagina seguente ci riserva una clamorosa sorpresa.

Il Ten. Col. Pietro Bianchi rivela di avere incontrato lo stesso giorno una fonte confidenziale che “… riferiva indicazioni circa una presunta tangente, relativa all’acquisizione di Banca Antonveneta da parte di Monte Paschi di Siena, transitata sui conto correnti accesi presso lo IOR e su istituti di credito sammarinesi”.

Il confidente non si cela dietro l’anonimato, ma viene identificato dagli inquirenti. E’ vero: il 4.2.2013 era apparso sul Corriere della Sera un articolo che riferiva alcuni particolari, probabilmente di provenienza della stessa fonte di cui parliamo, sullo stesso argomento – poi ripresi dalla trasmissione televisiva Report – ma in quel caso non era stato palesato l’informatore. Nel nostro, invece, le notizie vengono rese davanti ad un Pubblico Ufficiale. Inoltre, come vedremo tra poco, alcune informazioni si rivelano delicatissime e alquanto succose e non risulterebbero mai divenute di pubblico dominio.

Forse che il tremendo sospetto della presenza di fondi in nero nell’affaire Antonveneta sta per trovare una insperata conferma? O invece siamo in presenza di un inquietante depistaggio? Esaminiamo le carte. Il confidente rilascia un documento dattiloscritto di due fogli, che si rivela a dir poco sorprendente. Una vera e propria bomba: “Il conto che opera per Mussari allo IOR: IOPRVAVX è il codice Shift dello IOR che testimonia dell’avvenuta ricezione di soldi sul conto, poi c’è l’identificativo del conto: D779245000141, il 21 novembre 2009 riceve 100 mila euro in contanti”.

Ma questo è solo l’inizio: “Il medesimo conto riceve in tre tranche 400 mila euro per 1,2 mil. che successivamente vengono interamente prelevati, questi soldi servono per pagare persone utilizzate nel 2007 per organizzare il pagamento degli intermediari nella seconda vendita di Antonveneta. Identificativo dell’operazione da 1,2 milioni è D7421H500002. Il conto di Mussari è il 779245000141, aperto il 27 ottobre del 2008”.

Piuttosto preciso, non c’è che dire. Il nostro referente prosegue informandoci che quattro sono i conti aperti – appoggiati, all’esterno, alla Banca del Fucino di Via Tomacelli a Roma – sui quali sarebbero transitate le mazzette. Non ha alcun dubbio: dal fiume di denaro straripato dalle casse del Monte sono usciti vari rigagnoli diretti a conti di privati cittadini… ma non solo.

La fonte, abbiamo visto, è persona conosciuta dagli investigatori della Guardia di Finanza e se il Generale Bottillo e il Tenente Colonnello Bianchi hanno ritenuto di trasmettere la sua documentazione alla Procura di Siena, evidentemente una qualche attendibilità il nostro uomo doveva pure averla. Il confidente inoltre pare informatissimo e rilascia dati precisi, nomi dei protagonisti, cifre e numeri di conti correnti, tutte circostanze riscontrabili.

La nostra gola profonda è un fiume in piena, inarrestabile. Oltre a Mussari, fa altri nomi eccellenti. Sicuramente il più importante viene identificato come un certo Orcel, che risulta avere lo stesso cognome di un noto e potente banchiere internazionale, del quale la stampa ha più volte celebrato il ruolo di super consulente finanziario svolto a favore di primari Istituti bancari nazionali ed esteri.

Quale sarebbe stato il ruolo di Orcel? Sembra di capire, quello dell’organizzatore del giro tangentizio. La nostra fonte spiega che “La persona che ha presentato gli intermediari per l’apertura del conti (sic) a Orcel è Don Pioppo (questo nome trova corrispondenza con una figura di primo piano dello Stato del Vaticano, n.d.r.). E’ Orcel che si occupa della tangente. Cipriani (anche questo cognome, stranamente, coincide con uno dei massimi rappresentanti, all’epoca, dello IOR, n.d.r.) si occupa delle operazioni titoli acquisto e rivendita per far circolare tangente”.

Probabilmente colui che riferisce è una persona che riveste incarichi di rilievo nello Ior – o magari è una gola profonda del Monte -, ma al di là dei motivi che lo hanno spinto a parlare, ciò che è rilevante, ripeto, è che la sua credibilità può essere verificata con un certo grado di certezza.

E come in ogni thrilling che si rispetti, in cauda venenum. L’estensore del dattiloscritto alla fine, con perfida nonchalance, rivela un particolare che avrebbe potuto riservare clamorosi sviluppi.

Ritorna a Mussari e ci spiega che allo IOR c’è un faldone intestato all’ex Presidente del Monte con due riferimenti numerici: il primo, “H328”, rimanda al conto di cui abbiamo parlato, il secondo invece, “H361/2009”, ad un Iban della Cassa di Risparmio di San Marino. E qui viene il bello.

Su questo conto di San Marino – scrive – sono transitati 1 miliardo e 600 mila euro. Accanto al prelievo in contanti per 600 mila euro compare la sigla B2909. Sul cartaceo, a fianco di questa siglia (sic) B2909 e’ annotato a penna: “Via Rosi 34 53100”. Quindi, secondo la nostra fonte, il totale delle tangenti transitate sui conti attribuiti a Mussari sfiorerebbe i tre miliardi di euro.

Ma a chi corrisponde quell’indirizzo? Chi sarebbe il beneficiario di quella presunta generosa dazione di 600 mila euro? Non c’è bisogno di perdersi in ricerche, infatti è lo stesso estensore a illuminarci nella sua chiusa: “In Via Algero Rosi 34 a Siena c’è la sede del PD”

Cosa sembra adombrare la nostra gola profonda? Che dal conto aperto a San Marino, di riferimento di Mussari, uomo del PD e suo grande finanziatore, sono stati pagati 600 mila euro al PD di Siena. La circostanza potrebbe avere una certa verosimiglianza. Infatti all’epoca Siena poteva vantare un’anomalia unica: al vertice della piramide decisionale del Monte vi era il Partito Democratico che, tramite la Fondazione, dettava legge.

Ma un conto è la logica ipotetica, un conto la certezza dei fatti. Non si possono accusare persone o partiti senza prove indiscutibili. E le dichiarazioni di un personaggio, che pure potrebbe anche apparire affidabile, non devono essere prese per oro colato. E qui entra in gioco la Magistratura di Siena. E’ vero, la Procura, come riporta il Fatto quotidiano del 31.7.2013, ha stabilito che “nell’acquisizione Antonveneta non sono state trovate tangenti né arricchimenti personali”.

Bene, ne prendiamo atto. Però credo che quell’affermazione apodittica non sia sufficiente per diradare le ombre su un avvenimento tanto oscuro quanto inspiegabile.

Perché pagare la la folle cifra di quasi 17 miliardi di euro per una banca il cui valore patrimoniale era di 2,3 miliardi, come dichiarato dall’esperto ex Presidente del collegio sindacale del Monte Tommaso di Tanno?

E’ verosimile che Mussari, sottoposto al controllo del Pd tramite la Fondazione, abbia deciso ed attuato da solo l’acquisto di Banca Antonveneta?

I documenti su esposti sono stati riscontrati dai Magistrati inquirenti di Siena? I personaggi chiamati in causa sono stati sentiti, così come gli esponenti del PD di Siena, ad esempio Franco Ceccuzzi, Maurizio Cenni, Fabio Ceccherini e Gabriello Mancini? La tracciabilità degli otto bonifici per un totale di circa 17 miliardi di euro pagati dal Monte dei Paschi al Banco di Santander è stata ricostruita? I suoi utilizzatori finali sono stati accertati?

Da ultimo, desidero chiarire che le motivazioni che mi hanno mosso a scrivere trovano fondamento nel fatto che io mi sono costituito parte civile nel processo Antonveneta, che successivamente è stato trasferito a Milano.

Inoltre, come cittadino, azionista e dipendente del Monte, danneggiato sia patrimonialmente che moralmente dal più clamoroso scandalo politico-finanziario-bancario italiano, ritengo di avere il pieno diritto di conoscere se le affermazioni della fonte citata – che mi sono limitato a riportare – siano state sconfessate da successive indagini giudiziarie.

Marco Sbarra

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